La primavera non lo sapeva. I Ferragnez sì

Lettera d'amore a Chiara Ferragni e Fedez. E un pensiero a quelli che non perdono occasione per criticarli

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Era tanto che volevo scrivere questo articolo, ma non sapevo come e quando farlo senza che la mia passione per i Ferragnez potesse essere fraintesa o venisse data una chiave di lettura diversa da quella che io voglio abbia. Non tutti hanno la fortuna di lavorare in una redazione che non mette paletti e vincoli nella scrittura, e dopo due mesi di allegra convivenza, posso dire che scrivere attraverso le pagine di DiLei è una delle cose più belle mi sia capitata negli ultimi mesi di vita, ho ritrovato quell’entusiasmo dei primi tempi della mia carriera di giornalista, quando mi svegliavo presto per aspettare l’apertura dell’edicola e annusare emozionata il profumo della mia firma sulla carta stampata sul quotidiano La Voce di Romagna.

Quando abbiamo fatto la prima riunione di redazione con la capa e le bimbe che formano il team di DiLei eravamo collegate via Zoom e dopo i primi venti minuti sono spuntati i figli: chi in braccio, chi con un disegno, chi con la voce da lontano e nessuno si è scomposto, anzi ci siamo presentate, abbiamo interagito e io dentro di me ero commossa. Profondamente commossa. Ed ero quasi invidiosa di non avere figli piccoli da poter esibire, perché prendere in braccio un non più gnomo di sedici anni di un metro e novanta di altezza, sarebbe stato troppo CRINGE anche per me.

Quello che sto scrivendo per alcuni potrà sembrare una cazzata, ma provate voi a lavorare per un capo misogino che alla parola famiglia si faceva venire attacchi di orticaria e capirete il perché della mia gioia. Per la prima volta non mi sono sentita sola, ho capito che le persone presenti sapevano cosa volesse dire lavorare e avere una famiglia da gestire e ho sorriso. Dentro e fuori. E scusate se ne è uscita un’introduzione troppo lunga, ma io sono fatta così, se non è troppo non è mai abbastanza, non decido cosa mettere nero su bianco. Io comincio a battere i tasti, ma poi le parole si scrivono da sole.

E dunque torniamo a Chiara e Federico, io sono profondamente convinta che le nuove generazioni dovrebbero ringraziarli dal profondo del cuore per tutti i luoghi comuni che piano piano stanno smantellando, non ultimo quello dello smalto sulle mani di un uomo. Ma ci rendiamo conto che nel 2020 c’è ancora qualcuno che si prende la briga di apostrofare come “gay” un ragazzo perché osa dipingersi le unghie? Dovrebbero fare un lungo applauso ai ragazzi come lui, Achille Lauro, Boss Doms e Damiano dei Maneskin che cercano di dare un volto nuovo ai maschi 3.0, che non devono per forza essere trascurati (o maleodorare) per essere dei “veri uomini”.

Stanno veicolando la gentilezza insieme a vestiti colorati e matita nera, a dimostrazione del fatto che, per essere dei bravi papà, sia necessario solo un ingrediente: l’amore. Leone, il loro meraviglioso bimbo, porta orgoglioso i cognomi di entrambi i genitori, ma esiste una cosa più rivoluzionaria di questa? Magari per le nuove generazioni no, ma sapete per una figlia unica cinquantenne che vedrà morire con lei il suo cognome quanto questo gesto possa riempire il cuore?

E vogliamo anche parlare di come Chiara stia facendo capire che essere mogli e mamme non debba far dimenticare l’essere donne? Ogni volta che indossa un reggiseno a vista una “signora mia” muore, ogni volta che indossa un costume si levano gli scudi delle pancine che al grido “sei una mamma copriti” vengono asfaltate, di grazia, ma asfaltate. La Ferragni parte per i suoi viaggi di lavoro con la valigia e il magone perché lascia suo figlio a casa, ma lo lascia nelle mani amorevoli di suo padre, a dimostrazione che i figli si fanno in due e non può essere sempre e solo la mamma quella che rimane a casa. C’è qualcosa di più tremendamente femminista di questo? E non hanno mai smesso di giocare insieme, sorridere, crescere un bambino, lavorare, allenarsi e litigare, e pensate un po’, anche di fare beneficenza e volontariato. Sono riusciti a raccogliere più di quattro milioni di euro per l’emergenza covid-19 e a far aprire una tensostruttura ospedaliera creando sessanta posti per la terapia intensiva quando in Italia e in particolare modo in Lombardia la gente moriva.

Sono ancora negli occhi di tutti le immagini dell’esercito che trasporta le bare fuori da Bergamo, eppure hanno trovato il modo di attaccarli anche per questo. Sono andati con le bici in giro per Milano a consegnare gli aiuti alimentari per le famiglie in difficoltà e sono stati criticati, posso dire che due palle? Chiara si è mostrata in tutta la sua normalità, con la piega fatta da sola, in pigiama, con la tuta, ha provato a fare la torta per il compleanno di suo figlio e non ha smesso di trasmettere positività e sorrisi durante il lockdown, e guardate che non era mica dovuto eh. E vogliamo parlare del fatto che venga loro rinfacciato di vivere una vita da milionari? Ma è una colpa? Lei si è inventata un lavoro con i social quando nessuno credeva fosse possibile, viene studiata ad Harvard, è un’imprenditrice da trenta milioni di fatturato, cosa deve fare? Negarlo? Fedez è un rapper, ha creato una sua etichetta, è stato giudice di XFactor, qualche giorno fa se n’è uscito con un nuovo featuring con Cara,  Le feste di Pablo , che ad orecchio sarà uno dei nuovi tormentoni estivi, deve far finta di essere quello che non è? Cari Chiara e Fedez c’è solo una cosa che non viene mai perdonata a quelli come voi. Di essere felici.

Viva i Ferragnez.

P.S. Nessuna giornalista è stata pagata per scrivere quest’articolo, né è parente, né congiunta.