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Sette cose che non sai su Lasse Schöne
Il centrocampista danese compie oggi 34 anni
by Matteo AlbanesePrima delle partite, il rituale a casa Schöne è il medesimo: «Mi piace guardare un po’ di Netflix e sorseggiare caffé». Oggi che il centrocampista numero 20 compie 34 anni, e festeggerà dunque il suo primo compleanno nelle fila del club più antico d’Italia, rinnovandogli gli auguri vogliamo omaggiarlo con una serie di sette sue curiosità che probabilmente non conoscete.
1. Odia esser considerato una guida per i calciatori più giovani. Nel 2018, in una doppia intervista rilasciata a Elf Voetbal in cui Lasse scambiava rapida battute col connazionale e compagno di club Kasper Dolberg, Schöne ha corretto il giornalista che gli aveva chiesto come si sentisse ad aver contribuito all’integrazione di Dolberg e dell’altro danese Rasmus Kristensen: «Ti prego, basta. Ho già due figli a casa e so di che si tratta. Però fammi dire che è un concetto sbagliato: non è che se hai una squadra complessivamente giovane e qualche elemento più esperto, per forza questi ultimi debbano insegnare ai primi. Penso sia del tutto inappropriato, eppure dappertutto leggo “figura paterna”, “mentore”. Non è affatto divertente ed è esagerato».
2. Suo padre e suo nonno erano calciatori. Lasse è nato a Glostrup e cresciuto a Roskilde, in Danimarca, da una famiglia originaria della Germania (Schöne in tedesco significa “bello”). Lasse è invece un diminutivo di Lars, suo padre, attaccante che nella stagione 1983/94 giocò in Coppa UEFA col Boldklubben 1903, club che oggi curiosamente non esiste più perché nel 1992 si fuse col KB dando origine al Copenhagen FC che oggi prosegue la tradizione vincente del club bianconero. Anche il nonno di Lasse, Villy, fu calciatore: appese le scarpe al chiodo, nel 1969 allenò il Boldklubben 1913 Odense, che è una delle cinque squadre di Odense e più volte cercò la fusione con l’Odense Boldklub (ovvero la squadra che il Genoa incontrò nei playoff d’Europa League 2009/10).
3. Ha vinto due volte in tre anni il premio per il goal dell’anno all’Ajax. La punizione contro il Real Madrid il 5 marzo 2019 resta il gol esteticamente più rilevante della carriera di Lasse Schöne (parole sue), ma non è affatto l’unico degno di nota. Tanto che all’Ajax il giornalista olandese Daniël Dwarswaard lo soprannominò ‘Boomerang’ per la sua innata capacità di estrarre il metaforico coniglio dal cilindro. Un concetto chiave della filosofa ajacide sin dai tempi di Johan Cruijff e Rinus Michels. Così Schöne è stato nominato cinque volte al premio di gol dell’anno (2013, 2014, 2017, 2018 e 2019) e una sua punizione nel De Klassieder contro il Feyenoord nell’aprile 2017, dopo soli 53 secondi dall’inizio, ha fatto storia. Anche perché il portiere avversario Brad Jones aveva chiesto di non predisporre alcuna barriera, visti i 40 metri di distanza dalla porta.
4. Il suo rapporto ambivalente con la trequarti campo. Negli anni, l’arretramento di Lasse Schöne in campo ha destato curiosità. I metri di paragone sono stati tantissimi, ultimo fra tutti Sergio Busquets. Una frase di John Dahl Tomasson destò particolare impressione: «Sia lui (Lasse, ndr) che Pirlo sono intelligenti, a Schone è stata data una posizione in campo leggermente dietro perché lui vuole palla ed è quello che noi vogliamo». Il diretto interessato ha sempre ammesso di aver studiato da vicino Rafael van der Vaart, Jari Litmanen e Wesley Sneijder, perché «centrocampisti bassi ma offensivi, come me». Aggiungendo: «In Danimarca il mio modello è stato Michael Laudrup ma ero grande fan di Roberto Baggio, un classico numero 10, ruolo che sfortunatamente oggi si sta estinguendo». Insomma, il materiale di discussione non manca. E l’arretramento di Schöne, scopertosi regista, ne è la prova.
5. Ha una forte passione per la moda. «Trovo interessante il mondo della moda, adoro vedere i brandi brand ma tengo anche d’occhio i giovani designer, perché è bello secondo me vedere come le persone esprimano la loro creatività e come questa possa essere diversa. Il mio genere di vestiario non deve essere per forza la novità, l’importate è che indossi bene: se tu ti senti bene, allora l’abito ti sta meglio». E sul futuro professionale una volta smesso col calcio: «Mi piacerebbe aprire un mio negozio, dove le persone rimangano per un po’, bevano qualcosa, chiacchierino. Ecco, una roba simile ai barbieri: le persone ci vanno non solo per farsi tagliare i capelli ma per bere un caffé o prendere una birra».
6. Da piccolo, allenò minuziosamente i calci di punizione nel giardino di casa. Lasse Schöne trascorse ore e ore nel giardino di casa sua a esercitarsi su calci d’angoli e punizioni. «Quando c’era da batterli, ero sempre lì, è stato qualcosa di naturale. Così ripetendo un’attività la sviluppi sempre meglio, la metti in pratica in partita. Oggi mi alleno meno, ogni settimana provo le punizioni, ma non tiro più 30 palloni in porta in partita». E sulla tecnica: «È molto difficile da spiegare, in realtà dovresti toccare il pallone a metà tra il collo e l’interno del piede. Non troppo col collo perché viene dritto, non troppo all’interno». Un alter ego scandinavo delle celeberrime tre dita di Branco?
7. Ha detto più volte che il Genoa l’ha cercato «come numero 6». Congedandosi da Amsterdam, da straniero col maggior numero di presenze nella storia del club, Schöne parlò del Genoa come «una grande opportunità». A 33 anni («ma giocherò fino a 40», chiosava), dichiarò a TV2 di aver trovato sintonia col progetto rossoblù: «Stanno cercando un numero 6 e ricoprirò quel ruolo». Un giornalista lo punzecchiò ricordando come il Genoa avesse faticato a salvarsi, Schöne rispose ripetendo la sua posizione: «Hanno progetti promettenti, poi stanno cercando un numero 6 e questo fa il caso mio. Mi sento ancora giovane e voglio controllare il gioco, come un numero 6».