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(ansa)

la Repubblica

Rifiuti: maxi operazione da Nord a Sud, 16 misure cautelari

Il materiale proveniva dalla raccolta indifferenziata cittadina e veniva poi abbandonato in capannoni industriali dismessi

Sedici misure cautelari, nove capannoni industriali sequestrati per un valore di oltre tre milioni di euro. È il risultato di un'operazione del Noe di Milano, insieme ai colleghi di competenza territoriale che si è svolta stamattina in Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Calabria e Sicilia. L'ordinanza emessa dal gip di Torino Giacomo Marson su richiesta del pm Enrico Arnaldi di Balme ha portato all'esecuzione di sei misure cautelari in carcere, tre agli arresti domiciliari e sette con obbligo di firma. I reati sono traffico illecito di rifiuti in concorso e realizzazione di discariche abusive, collocate tra Piemonte, Lombardia e Veneto.

Per la maggior parte i rifiuti stoccati provenivano dalla raccolta indifferenziata cittadina e venivano poi abbandonati nei capannoni industriali dismessi che sono poi stati sequestrati, e che si trovano tra l'Alessandrino, il Comasco e il Milanese (ad esempio a Pregnana). Le indagini hanno avuto origine da alcuni incendi di impianti formalmente autorizzati e di diversi capannoni adibiti a discariche abusive, avvenuti nel marzo 2018. Roghi che fin da subito non si sono rivelate semplici episodi isolati, ma hanno portato gli investigatori a pensare che fossero usati come abituale modalità per smaltire i rifiuti in modo illegale e senza oneri.


Dalle indagini è poi emerso che dietro gli episodi c'era una precisa organizzazione criminale. Alcuni degli arrestati sono infatti collegati a società conosciute nel settore come la Tommasi Srl di Sale (Alessandria) e la Eco Ambiente di Caltignana (Novara): formalmente titolari dell'autorizzazione al trattamento, in realtà finivano per destinare la spazzatura nei capannoni industriali. All'interno dell'organizzazione ognuno aveva compiti precisi: da chi organizzava il trasporto a chi si occupava anche dell'intermediazione tra le ditte di raccolta e i luoghi di stoccaggio, fino a chi curava la fase più 'delicata' del processo: il 'trasbordo' del materiale da camion a camion.


Una modalità illegale che serviva a coprire, tramite documenti non veritieri, il traffico illecito. I proprietari dei capannoni dismessi erano talvolta complici perché venivano spinti a 'mettere a reddito' aree altrimenti inutilizzate. A movimentare le balle erano manovali extracomunitari, pagati a giornata in nero. Infine i rifiuti erano immessi nel circuito illegale coperti da bolle con un falso codice corrispondente a "plastica e gomma" oppure a" imballaggi di materiali misti" (in base alla classificazione dell'Ue).