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Lippi: "Il calcio deve ripartire, dibattito inopportuno. Ecco qual è stato l'errore"

Marcello Lippi in esclusiva per ilGiornale.it interviene sulle polemiche per la ripartenza del calcio, ricorda le vittorie con la Juventus e con la Nazionale e molto altro ancora

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Marcello Lippi è uno degli allenatori italiani più carismatici e vincenti della storia del calcio italiano e mondiale. Il tecnico viareggino, infatti, ha messo in bacheca numerosi titoli con la Juventus, tra cui cinque scudetti, quattro Supercoppe Italiane, una Coppa Italia, una Champions League, una Coppa Intercontinentale e una Supercoppa Europa. Non solo, perché nella sua esperienza in Cina al Guangzhou Evergrande Lippi ha conquistato altri cinque titoli: la Champions League asiatica, più tre campionati e una coppa di Cina.

La ciliegina sulla torta è stata la conquista del Mondiale nel 2006 quando guidando l'Italia vinse in finale contro la Francia di Raymond Domenech salendo sul tetto del mondo nonostante il clamore che aveva suscitato lo scandalo Calciopoli nel Bel Paese. Lippi è rimasto molto legato all’ambiente Juventus e in esclusiva per ilGiornale.it ha toccato diversi argomenti ricordando le sue vittorie e la situazione attuale del calcio, che si è dovuto fermare per via della pandemia da coronavirus.

Lippi, è favorevole ad una ripartenza del campionato?

"Certo, io sono molto favorevole a tutte le ripartenze in tutti i settori. Adesso credo sia venuto il momento di ripartire dato che mi sembra che la situazione fortunatamente sia cambiata in positivo. Tre mesi fa era una cosa drammatica, nessuno era pronto a fronteggiare uno tsunami così forte, ma ora è già un po’ di tempo che ci dicono di convivere con questo virus e quindi anche il calcio deve ripartire come ha fatto tutto il resto. Il calcio è un’industria e il dibattito di queste settimane mi è sembrato eccessivo e inopportuno per certi versi".

Pensa si sia perso già troppo tempo guardando ad esempio la Germania che è già ripartita da metà maggio?

“Penso di sì, anche se non bisogna mai guardare in casa d'altri. In Italia il dibattito si infiamma subito quando si parla di calcio. Ripeto, il calcio professionistico è un’industria e come tale va trattato. Tutti abbiamo voglia di questo sport meraviglioso e ora sento anche dire che senza pubblico non è la stessa cosa... Grazie che non è la stessa cosa, lo sappiamo tutti, ma se non possiamo giocare con il pubblico per ora riprendiamocelo senza e in televisione".

Cosa ne pensa delle tante polemiche di queste settimane tra club, Aic, Figc, Lega, Coni e Governo?

"Se n'è parlato anche troppo, un po' tutti hanno fatto il bello e il cattivo tempo in queste settimane. Ora si sta discutendo anche sugli orari in cui giocare... Non capisco dove si voglia arrivare, questa è una cosa eccezionale e come tale va trattata e bisognerà cercare di fare tutti degli sforzi verso una sola direzione. La preparazione atletica per i calciatori come la intendo io ormai non esiste più, le facevo io 30-40 anni fa. Ora si gioca a tutte le ore sia nelle competizioni nazionali che internzionali e dunque non penso che ci si possa fossilizzare sugli orari delle partite se no non se ne esce più".

Le piacerebbe l’ipotesi playoff e playout per concludere il campionato e cosa ne pensa delle cinque sostituzioni?

“L'ipotesi playoff e playout non mi piace, ma anche questa nel caso sarebbe una cosa eccezionale perché se c’è poco tempo per finire il campionato e non si può fare altrimenti va bene anche questa soluzione, anche se penso non verrà adottata alla fine. Sulle cinque sostituzioni invece sono d'accordo e sono molto utili in questo momento, dato che si giocherà quasi ogni giorno. Chiaro è che questa cosa andrà a favorire chi avrà una rosa ampia".

Recentemente si è anche discusso sull'ipotesi, poi scongiurata per i calciatori, di fare ritiro da qui a fine stagione. Lei come si pone in merito a tutte queste polemiche?

"L’errore più grande che è stato fatto è che ognuno ha parlato dicendo la sua in ogni ambito. Ogni giorno parlava qualcuno e diceva la sua opinione. Io penso che chi di dovere avrebbe dovuto riunire tutte le componenti, dai calciatori, alla Figc, ai medici, agli scienziati, ai politici e via dicendo, facendoli sedere attorno ad un tavolo bello grande fino a che non si trovava una soluzione condivisa e definitiva. I messaggi lanciati ogni giorno non vanno bene e non fanno bene a nessuno: è come nella politica chi è all'opposizione fa di tutto per screditare chi governa e viceversa. Siamo al 27 maggio e ancora non si è presa una decisione. C'è un po’ di confusione ancora perché siamo tutti condizionati da questo periodo giustamente molto restrittivo e di sacrificio, siamo stati in casa tanto tempo e ora abbiamo voglia di presente e di attualtià e speriamo non ci siano altri intoppi o scherzi".

La lotta scudetto sarà a due o a tre e chi sarà la favorita?

"Penso che lotta scudetto sarà a tre perché questa è una cosa anomala e si capirà di volta in volta cosa potrà succedere. Tutto è azzerato da ora in poi e penso che Antonio (Conte; ndr) è uno che prepara bene le situazioni difficili ed eccezionali da ogni punto di vista. Se l’Inter batte la Sampdoria e si porta a sei punti dalla vetta, con ancora dodici giornate da disputare, penso possa dire la sua al pari di Juventus e Lazio".

Lei è stato l’ultimo allenatore a portare la Coppa dei campioni a Torino: sarà l’anno buono per la Juventus in Champions League?

“Quella per me è stata una grande gioia... La Juventus è capace di fare ciò che vuole nel bene e nel male. Abbiamo visto con l’Atletico o con il Real Madrid che rimonte hanno messo in atto. Penso che non sia una situazione facile questa perché ancora non si capisce se bisogna giocare in campo neutro o in un unico paese. Non è possibile ad oggi fare una previsione. L'Uefa è stata molto intelligente mettendosi in secondo piano, sacrificando gli Europei e mettendo in prima linea le federazioni nazionali per arrivare alla conclusione dei campionati".

La conquista del mondiale con la nazionale è stata la più grande soddisfazione della sua carriera da allenatore?

“Senza ombra di dubbio è stata la mia gioia più grande. Poi sa, le soddisfazioni arrivano di pari passo a quando vengono conquistate. Arrivato alla Juventus vinsi al primo anno lo scudetto e per me era la prima volta poi vinsi la Coppa dei Campioni e poi tutto il resto a pioggia: in un anno abbiamo vinto tutto. Ricordo che dissi al mio vice allenatore "Chissà quando torneremo a vincere tutto", poi non abbiamo più vinto la Coppa dei campioni ma non mi posso lamentare di quanto ha vinto in carriera. La conquista del Mondiale però è stata qualcosa di davvero eccezionale".

Ci racconta un aneddoto particolare o anche più di uno relativo al Mondiale: quando avete capito che potevate arrivare fino in fondo e vincerlo?

"Nessun aneddoto particolare... Ce ne sono stati tanti simpatici che ci sono serviti per passare 40 giorni di serenità e allegria. Nel grande sforzo e sacrificio messo in atto, la nostra gioia era vedere che vincevamo sempre, era nella testa di tutti la vittoria di quel mondiale si percepiva e si capiva che tutti volevamo la stessa cosa. Poi ci vuole anche un pizzico di fortuna: di sicuro affrontare Australia e Ucraina a ottavi e quarti non è come incontrare Brasile o Francia, ma quelle due partite ci servirono poi per arrivare fino alla semifinale contro la Germania, la partita più bella disputata dall'Italia, e poi la finale contro la Francia... bellissimi ricordi".

Può invece affermare che la sua esperienza all’Inter sia stata la più grande amarezza della sua carriera? Tornasse indietro accetterebbe di sedersi sulla panchina nerazzurra?

"No comment, grazie (sorride; ndr)".

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