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la Repubblica

L'Organizzazione internazionale del lavoro: a causa del virus 1 giovane su 5 ha smesso di lavorare. Colpite soprattutto le donne

I dati mondiali nell'ultimo rapporto. Situazione preoccupante anche in Italia: "Da gennaio c'è stato un crollo dei contratti a tempo di 200 mila unità"

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ROMA - Nel mondo un giovane su cinque ha smesso di lavorare dall'inizio della pandemia di Covid 19, mentre chi ha mantenuto l'impiego è soggetto a una riduzione dell'orario di lavoro pari al 23 per cento. Lo dice l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo), in un rapporto appena pubblicato, che Repubblica ha potuto visionare in anteprima. Sono dunque i giovani che il coronavirus colpisce in modo sproporzionato, con un massiccio e rapido aumento della disoccupazione registrato dal mese di febbraio. Non solo, l'agenzia per il lavoro delle Nazioni avverte anche che, tra i giovani, queste drammatiche statistiche riguardano soprattutto le donne. È vero anche nel nostro Paese, come spiega Gianni Rosas, direttore dell'Ilo per l'Italia e San Marino: "Da gennaio c'è stato un crollo dei contratti a tempo di 200 mila unità e delle assunzioni di 734 mila unità. L'impatto sul lavoro giovanile sarà catastrofico, perché era già un settore assai malconcio. La crisi provocata dalla pandemia sarà sproporzionata perfino rispetto a quella economica del 2009. Anche basandosi su quella tragica esperienza è adesso necessario un intervento tempestivo".   Su scala planetaria, oltre a fermare l'occupazione giovanile, la pandemia sta anche interrompendo i percorsi d'istruzione e formazione, il che pone grandi ostacoli a chi cerca di entrare nel mercato del lavoro o di cambiare lavoro. Nel 2019, il tasso di disoccupazione giovanile era pari al 13,6 per cento e già superiore a quello di qualsiasi altro gruppo. Nel mondo, sono circa 267 milioni, ossia uno su cinque, i giovani che non lavorano, non studiano e non frequentano corsi di formazione.

"La crisi economica del Covid 19 sta colpendo i giovani, soprattutto le donne, più duramente e più velocemente di qualsiasi altro gruppo di lavoratori. Se non interveniamo in modo significativo e immediato per migliorare la loro situazione, le conseguenze di questa pandemia potrebbero durare per decenni. Se il talento e l'energia dei giovani vengono sprecati a causa della mancanza di opportunità o di competenze, il futuro di tutti noi sarà danneggiato e sarà molto più difficile ricostruire un'economia più sostenibile dopo il coronavirus", spiega Guy Ryder, direttore generale dell'Ilo.

È dunque urgente promuovere politiche su larga scala a sostegno dei giovani, tra cui programmi per l'occupazione e la formazione ad ampio spettro nei Paesi sviluppati, e programmi di lavoro nelle economie a basso e medio reddito. Vanno anche create misure per ambienti di lavoro sicuri e aumentati i tracciamenti dei contagi per mitigare l'impatto della pandemia. "Test rigorosi sono strettamente correlati a una minore distorsione del mercato del lavoro e a un impatto sociale sostanzialmente inferiore rispetto alle misure di confinamento e di isolamento", è scritto nell'analisi.

Infatti, nei Paesi in cui i test e il tracciamento dei contagi sono molto efficaci, la riduzione media delle ore lavorate è inferiore al 50 per cento per tre ragioni principali: i test e il tracciamento del virus riducono gli impatti delle misure restrittive di confinamento; promuovono la fiducia della collettività e quindi incentivano il consumo e sostengono l'occupazione. "Promuovere una ripresa che crei occupazione ma anche equità e la sostenibilità significa far sì che le persone e le imprese tornino a lavorare il prima possibile, in condizioni di sicurezza", dice ancora Ryder. "I test e il tracciamento dei contagi possono essere parte delle politiche da adottare se vogliamo combattere la paura, ridurre i rischi e far ripartire rapidamente le nostre economie e le nostre società".