Meno applausi e più soldi, la Francia prova a cambiare la mitica Santé dopo la crisi Covid

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IAN LANGSDON via Getty Images

Dopo la ricompensa il compenso. Dopo il tempo degli applausi che tutte le sere alle otto la Francia ha tributato ai suoi eroi nelle trincee ospedaliere impegnati a combattere il Coronavirus (spesso senza mezzi, con pochissime rianimazioni e i malati trasportati in treno e in aereo da una regione all’altra, da Strasburgo fino a Bordeaux, alla ricerca di un respiratore come s’è visto nelle prime settimane dell’epidemia); dopo il tempo della retorica e dell’eroicizzazione, è arrivato il momento di parlare di risorse per gli eroi in camice bianco come quegli infermieri e quei giovani medici che, solo qualche giorno fa davanti all’ospedale Robert Debré, un’eccellenza della sanità pubblica di Parigi, gridavano uno slogan concretissimo e difficilmente contestabile: “Du fric, du fric pour l’hôpital public”, soldi soldi, risorse finanziarie e investimenti per il sistema sanitario pubblico.

E infatti di quattrini e investimenti per i camici bianchi, prima che si trasformino in Gilet blanc, s’è cominciato a parlare lunedì 25 maggio in una di quelle grandi assemblee che in Francia, per tradizione storica (senza andare indietro fino agli Stati generali rivoluzionari), mettono a confronto gli attori sociali con l’obiettivo di trovare soluzioni condivise.

Quella convocata lunedì dal governo, con il ministro della Sanità, Olivier Veran in prima fila ma affidata nella conduzione ad un’esperta di dialogo sociale come l’ex segretaria generale della Cfdt (la Cisl francese), Nicole Notat, una ex sindacalista diventata imprentrice e presidente di uno dei circoli economici più esclusivi di Parigi, l’Association Le Siecle (questo per dire come si fa la concertazione qui in Francia), è stata battezzata con un nome fortemente evocativo: La Segur de la Santé.

Segur è il nome della via (avenue de Segur) dove ha sede la Santé, il ministero della Sanità, nel centro di Parigi. Questa espressione ai francesi fa venire subito in mente quegli accordi di Grenelle (dal nome della via, rue de Grenelle), sede del ministero del lavoro dove nel maggio del ’68, in piena rivolta studentesca, il presidente Pompidou e il suo ministro Jacques Chirac negoziarono con le centrali sindacali le riforme che hanno fatto della Francia il paese più “sociale” al mondo con la prima forma di Smic, il salario minimo garantito, e tante altre protezioni (a carico del bilancio pubblico, ma questo è un altro discorso).

Insomma, ci sono tutte le premesse che questa Segur de la Santé diventi uno dei grandi rendez-vous nella storia della Quinta Repubblica come ha scritto Le Monde in un editoriale intitolato, però, significativamente “La nécessité d’une hausse des salaries”, come a dire: va bene ragionare di tutto ma soprattutto di quattrini, di aumenti salariali.

Perché, al di là delle chiacchiere, in un Paese guidato da un presidente-affabulatore come Macron, per dire uno che pure sulla sanità, in era pre-virus, aveva voluto dire la sua con un progetto di riforma chiamato “Ma Santè 2020”, resta innescata la bomba (l’immagine è del moderatissimo Le Figaro) delle retribuzione degli eroi, infermieri e assistenti ospedalieri, che hanno gli stipendi più bassi dell’area Euro (Italia esclusa). Lo rivelano i dati ministeriali: un infermiere professionale guadagna in media 2.305 euro netti e un “aide-soignante”, cioè un assistente, un ausiliario socio-sanitario (per usare la classificazione italiana) 1.781 euro.

Certo, durante la pandemia, lo stesso Macron aveva promesso premi e una-tantum da 500 fino a 1.500 euro (lo aveva fatto anche con i Gilet gialli con un esborso complessivo di 5miliardi di euro aggiuntivi sul budget 2019), ma è evidente che una Segur de la Santé non viene convocata (con oltre 300 invitati in videoconferenza, in pratica tutti gli attori professionali e sindacali della filiera sanitaria, tranne le grandi confederazioni) solo per fissare una nuova politica retributiva (anche se già si parla di cifre: aumenti fino a 250 euro per un ammontare complessivo per il bilancio pubblico di 5-6miliardi).

In ballo c’è ben altro: liberare “l’hôpital de ses carcans” come ha detto il riservatissimo Martin Hirsch, direttore generale degli ospedali parigini (dopo essere stato commissario alla lotta contro la povertà nel secondo governo Fillon e capo di gabinetto in diversi governi, con i socialisti e con i repubblicani), liberare il sistema sanitario da tutti i vincoli burocratici che lo incatenano, tale e quale il servizio sanitario italiano.

Hirsch, intervistato alla vigilia della Segur de la Santé ha fatto il seguente esempio: “Sapete qual è la più grande soddisfazione per un infermiere in servizio in un reparto di rianimazione? Ricevere subito gli strumenti di cui ha bisogno per assistere un malato di Covid 19 e che aveva chiesto un anno fa”.

“Perché” ha continuato Hirsch “con la scusa dei controlli e della trasparenza l’ospedale pubblico è diventato un labirinto di norme, spesso contraddittorie, che hanno finito per bloccare tutto”. Non solo nel meccanismo degli appalti e delle forniture, ma soprattutto nella governance con due linee gerarchiche, una che fa capo a un direttore generale e l’altra a una Commission médical d’établissement, una specie di parlamentino ospedaliero che alimenta carrierismi e invidie professionali tra i camici bianchi.

Quindi non si tratta solo di aumentare gli stipendi, ma di aprire il cantiere di una riforma radicale del sistema sanitario. “Un veritable New Deal de l’hôpital” l’ha definito il presidente della Fhf, la Fédération hospitalière de France. Obiettivo: investimenti massicci sia sulle persone sia sulle strutture per costruire un “service public de soins plus fort et plus juste” che è l’appello di un collettivo di medici e paramedici che ha voluto chiamarsi “Les jours heureux” (i giorni felici) che era il nome del programma riformatore lanciato dal Conseil national de la Résistance (il Cln francese) nel 1944.

Fu grazie a quel programma post-bellico che è nata la mitica Secu (di cui l’ospedale pubblico fa parte, vedere il post del 29 aprile scorso). Solo che la Secu, oggi, ha un buco di oltre 40miliardi di euro (10 solo per gli ospedali) e per riformarla, cioè per rifarla di sana pianta, non ci sono più né i denari né lo spirito di quei Jours heureux.