Come mai il papa ha allontanato enzo bianchi dalla comunit
COME MAI IL PAPA HA ALLONTANATO ENZO BIANCHI DALLA COMUNITÀ DI BOSE? – IL FONDATORE AVEVA GIÀ LASCIATO LA GUIDA DEL MONASTERO NEL 2017, POI A FEBBRAIO BERGOGLIO HA INVIATO UNA VISITA APOSTOLICA PER RIPORTARE “SALDEZZA E CORAGGIO” - LE TENSIONI CON IL NUOVO PRIORE, PROBLEMI PER "L'ESERCIZIO DELL'AUTORITA'", I "GRAVI DISAGI E LE INCOMPRENSIONI" - LA ‘GRANDE AMAREZZA’ DEL FONDATORE, CHE NON HA MAI VOLUTO DIVENTARE SACERDOTE…
1 - IL PAPA ALLONTANA ENZO BIANCHI LASCERÀ LA SUA COMUNITÀ DI BOSE
Gian Guido Vecchi per il “Corriere della Sera”
La scelta è arrivata dopo l' ispezione disposta sei mesi fa, una decisione clamorosa, nella storia della Chiesa italiana: Il Vaticano, con un decreto «approvato in forma specifica dal Papa», ha disposto di allontanare Enzo Bianchi dal monastero di Bose, la comunità che l' ex priore ha fondato in provincia di Biella a metà degli anni Sessanta.
Fratel Enzo Bianchi, 77 anni, è una delle voci più ascoltate del pensiero cristiano e tre anni fa aveva lasciato la guida della comunità: al suo posto, nel 2017, è stato eletto come nuovo priore fratel Luciano Manicardi. Qualcosa nel frattempo non ha funzionato, tra le nuove e le vecchie gerarchie, perché dal 6 dicembre 2019 il Vaticano aveva mandato a Bose una «visita apostolica», cioè degli ispettori, «nel momento di un passaggio che non può non essere delicato e per certi aspetti problematico per quanto riguarda l' esercizio dell' autorità, la gestione del governo e il clima fraterno».
Già la «visita apostolica» era il segno che la situazione era giunta al limite della rottura, troppe tensioni tra il nuovo governo della comunità e il suo fondatore. Si trattava di consentire al nuovo priore di guidare la comunità senza interferenze.
Le tensioni continuano, peraltro. Il decreto, firmato dal Segretario di Stato Pietro Parolin, porta la data del 13 maggio, la notizia è filtrata nelle ultime ore. E ieri sera la comunità ha diffuso un comunicato con nomi e cognomi perché «l' annunciato rifiuto dei provvedimenti da parte di alcuni destinatari ha determinato una situazione di confusione e disagio ulteriori».
Alcuni non vorrebbero andare via, insomma. Così la comunità precisa che il fondatore, due confratelli e una consorella, «Enzo Bianchi, Goffredo Boselli, Lino Breda e Antonella Casiraghi» dovranno «separarsi» da Bose e «trasferirsi in altro luogo, decadendo da tutti gli incarichi attualmente detenuti».
La comunità parla di «una situazione tesa e problematica per quanto riguarda l' esercizio dell' autorità del fondatore e il clima fraterno». Dice che era necessario «superare gravi disagi e incomprensioni» che «potrebbero indebolire o addirittura annullare» il ruolo di Bose. Nelle diocesi, quando un vescovo va in pensione si fa da parte. Solo che qui si tratta del fondatore: una decisione difficile e traumatica, considerato lo spessore di Enzo Bianchi, del quale peraltro papa Francesco ha sempre avuto grande stima.
A dicembre, saputo dell' ispezione, la comunità aveva scritto: «I fratelli e le sorelle di Bose esprimono sincera gratitudine al Santo Padre Francesco per questo segno di vicinanza e di sollecitudine paterna, e accolgono con gioia questa opportunità preziosa di ascolto e di dialogo».
La nascita di Bose viene fatta risalire alla fine del 1965, alla conclusione del Concilio Vaticano II, quando Enzo Bianchi decise di andare ad abitare in quella frazione abbandonata del comune di Magnano, sulla Serra di Ivrea, con l' intenzione di dare inizio a una comunità monastica ispirata ai cristiani dei primi secoli, impegnata del dialogo ecumenico e aperta a tutte le confessioni e quindi anche alle donne. Oggi è composta da circa novanta membri, tra fratelli e sorelle, di sei nazionalità, quasi tutti laici.
2 - L'«AMAREZZA» DEL FONDATORE CHE ORA NON VUOLE ANDAR VIA «VOLEVO LA CHIESA DELLE ORIGINI»
Gian Guido Vecchi per il “Corriere della Sera”
Chi gli è vicino parla della sua «grande amarezza». È dura accettare di essere mandato via così, dopo tutto questo tempo. La data di nascita simbolica è l' 8 dicembre 1965, ultimo giorno del Concilio. Di certo fu alla fine dell' anno che quel giovane ventiduenne della Fuci, dopo la laurea in Economia, decise di rinunciare alla carriera universitaria e ritirarsi, da solo, in una cascina abbandonata di Bose, una frazione del comune di Magnano, nel biellese. Fratel Enzo Bianchi non ha mai voluto diventare sacerdote, «volevo restare un semplice cristiano, laico come lo sono i monaci.
Ho voluto seguire questa via controcorrente perché il monachesimo è tutto "clericalizzato" e oggi resta essenzialmente seguito da monaci-preti. Ma io volevo tornasse alle origini». Molti magari non sanno che erano monaci laici anche San Pacomio, monaco egiziano vissuto tra il III e IV secolo nonché fondatore del cenobitismo, il padre del monachesimo occidentale San Benedetto e pure San Francesco d' Assisi.
Enzo Bianchi voleva risalire alle radici del cristianesimo, alla Chiesa indivisa che non conosceva separazioni tra cattolici, ortodossi e protestanti, e aperta alle donne: «A partire dai primi secoli vi sono stati uomini e donne, chiamati ben presto monaci, che hanno abbandonato tutto per tentare di vivere radicalmente l' evangelo nel celibato e riuniti in comunità». I primi «fratelli e sorelle» lo raggiunsero tre anni più tardi nel '68, e lì Bianchi scrisse la «regola» sull' esempio benedettino. Una vita di preghiera e lavoro - frutteto e orto, atelier di ceramica e di icone, la falegnameria, una casa editrice - scandita dagli uffici quotidiani e dalla lectio divina, il dialogo ecumenico.
Non è stato facile. Ci volle un intervento del cardinale Michele Pellegrino per superare l' «interdetto» del vescovo di Biella, nel '67. «All' inizio, un ragazzo che si mette a vivere insieme con altri, in campagna, che fa una Liturgia delle Ore già da subito, destava dei sospetti soprattutto perché uno di noi era protestante», raccontava. L' amaro paradosso è che con Francesco pareva tutto superato, finalmente. «Noi abbiamo bisogno di questo cristianesimo semplice, quello che ci ha insegnato Gesù».
L' ultimo messaggio che ha lasciato su Twitter, due giorni fa, suona amaro: «Ciò che è decisivo per determinare il valore di una vita non è la quantità di cose che abbiamo realizzato ma l' amore che abbiamo vissuto in ciascuna delle nostre azioni: anche quando le cose che abbiamo realizzato finiranno l' amore resterà come loro traccia indelebile».