L'unità a sinistra non è la strada per battere la destra

by
https://img.huffingtonpost.com/asset/5ece2e892200008a1c829732.jpeg?cache=X2C7LGxDlN&ops=scalefit_630_noupscale
Ansa

È passato un po’ in sordina l’appello della Direzione nazionale di Articolo 1 riunita lo scorso 23 maggio. A chiare lettere, il partito di Bersani e Speranza si rivolge al Partito Democratico al fine di avviare un processo di riunificazione delle forze progressiste. La direzione di marcia appare segnata dal desiderio di unità a sinistra.

“La sinistra - spiega infatti il documento finale - torna ad avere una funzione se ricostruisce un blocco sociale di riferimento in grado di contendere il futuro alla destra dell’egoismo e della paura, se sa chi vuole rappresentare e cosa vuole difendere, se mobilita le giovani generazioni, le forze del lavoro, il movimento delle donne attorno alla sfida del rilancio dei servizi universali e della redistribuzione del potere”. In questo, uniti gli sforzi di tutti i progressisti, il confronto con la destra verrebbe a configurarsi in maniera più nitida e robusta. Quindi, con possibile di successo.

Pertanto gli interlocutori sono identificati facilmente. Dice ancora il documento: “Ci rivolgiamo al Partito Democratico, a tutte le forze che a sinistra e nell’ambientalismo condividono l’ambizione di governare questa straordinaria fase di cambiamento, a larghi strati dell’associazionismo laico e cattolico, del civismo e della cultura che si sono mobilitati in questi anni per la giustizia e per i diritti: è il momento di dare il via a un percorso democratico, ampio e partecipato di riunificazione plurale di questa ricca ed eterogenea area politica e culturale”. La sottigliezza, non da poco, sta nell’invocare una “riunificazione plurale”: sta di fatto, però, che in un modo o nell’altro si prefigura il ritorno alla convivenza sotto il medesimo tetto. 

Non è una forzatura, dunque, leggere questo appello come una sollecitazione ad andare oltre l’attuale collaborazione, nel quadro dell’alleanza di governo, per forgiare presto un nuovo partito di sinistra. È una proposta rispettabile, ma riporta seccamente alle convenzioni mentali della sinistra di matrice comunista, con l’antica suggestione togliattiana della “unità nella diversità”, resa manifesta per la prima volta, e senza successo, dal Fronte Popolare del 1948.

È questa la strada per battere la destra? L’unità della sinistra, ancorché rinnovata nelle forme, è la replica di una tradizione di pur nobile testimonianza che ha caratterizzato a lungo l’opposizione raccolta attorno al PCI. È vero, oggi le condizioni politiche sono molto diverse e il PCI, al pari di tutte le forze politiche emerse sulla scena democratica nel secondo dopoguerra, è scomparso. Ciò non toglie che l’analogia degli schemi, oggi come ieri, induca ad analoghe reazioni: l’unità della sinistra o delle sinistre s’impantana molto prevedibilmente nel campo vasto e circoscritto, al tempo stesso, di una “grande minoranza”.

Non credo sia questa la proposta giusta per vincere le future elezioni. Il problema di come prepararsi e di cosa proporre incombe già sul presente.

Ci voglio idee nuove, il Partito Democratico, nato per unire sinistra e centro, cadrebbe in una trappola se si adagiasse al richiamo di antiche parole d’ordine, poco comprensibili, per altro, da quanti provengono o appartengono idealmente alla tradizione del riformismo democratico, con radici che affondano piuttosto nella storia del primo centro-sinistra italiano.