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La Galea per la Madonna della Lettera: la machina festiva scomparsa

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La storia e il significato delle navi devozionali e della machina festiva in onore della Madonna della Lettera

Oltre la Vara, oltre Mata e Grifone, oltre il Cammellaccio, c’era una volta la Galea. Trattavasi d’un apparato festivo a forma di galea, cioè una nave da guerra medievale lunga e snella (dal greco galeos: squalo), a remi, con due alberi a vele triangolari; un modello direttamente discendente dalle triremi dell’antichità e a esse somigliante. Questa era un eloquente simbolo della potenza marinara di Messina.

Il significato delle navi devozionali

Il naviglio ha da sempre una forte valenza spirituale nella nostra civiltà e per questo non è difficile trovarne riprodotte le fattezze in macchine festive antiche e moderne. L’apparizione più nota è quella all’interno delle processioni isiache mutuate dal rito egizio: la potentissima dea Iside veniva onorata trasportandone il simulacro in un carro a forma di nave. Tutt’oggi, a Messina, una reminiscenza si rintraccia nel Corpus Domini, con il Vascelluzzo, non a caso un rito legato alla Madonna; da noi però, città con forte culto a Poseidone, possiamo anche rilevare l’onoranza al Salvatore di navi.

È vetusta usanza in Sicilia, ma in particolare a Messina ove trova il suo culmine, quella di celebrare le grandi feste con l’uso di machine, ossia apparati festivi complessi, riproducenti particolari figure evocative per l’identità municipale; oggigiorno le associamo al Ferragosto, ma non sono un’esclusiva di quella festa, come appunto la Galea che serviva a onorare la Festa della Madre della Lettera.

Le navi devozionali di Messina – ce n’erano diverse – erano machine fisse, a differenza di quelle ferragostane superstiti che sono mobili; qui descriveremo soltanto la Galea, la più illustre. Essa veniva armata a spese del clero messinese, in una gigantesca vasca per il lavaggio della seta che si trovava nel Piano di San Giovanni (Villa Mazzini); invero si trattava di un enorme palco a forma di nave, il cui nucleo celato dalla carena era un muro di spina marmoreo rialzato al centro della vasca. Oltre a questa, si faceva anche il Vascello Granario sul Piano dello Spirito Santo.

Un ricordo lontano o vicino?

Le vere origini d’un rito collettivo sono sempre remote ma di volta in volta nuovi motivi che lo rinverdiscono facendolo sembrare appena istituito: la teoria più diffusa sul significante della Galea è che rappresenti la nave senatoria che accompagnò gli ambasciatori messinesi presso Maria madre di Gesù per riceverne la benedizione, e che li riportò in patria quali custodi della Sacra Lettera; tuttavia, lo spunto storicamente più immediato (quantomeno a spiegazione della sembianza tramandata della Galea) è la squadra navale siciliana ritornata vincitrice da Lepanto, giacché pare che la machina sia servita, a suo tempo, come parte del trionfo di don Giovanni d’Austria, anche se possibilmente già esisteva. Confluendo spesso e a lungo la Madonna della Lettera nell’Assunta, la Galea divenne anche una machina festiva ferragostana; ma non si dimentichi che il periodo originario di apparizione della Galea era quello attorno al 3 Giugno.

Descrizione della Galea

Questo naviglio era veramente una meraviglia dalla quale lo sguardo non si poteva distogliere: dalla descrizione che segue, provate a immaginarla. Lo scafo era tutto dipinto di rosso con pregevoli decorazioni in oro; il parapetto era tutto bordato d’argento e a ogni palmo era innestata una banderuola colorata; vele e sartie erano tutte intessute di lanterne pensili (circa tremila). La poppa era tutta dipinta con episodî dalla leggenda della Sacra Lettera e di miracoli mariani; a seguito di danni, i quadri furono riprodotti in nove altorilievi cuprici. Disseminati c’erano diversi stemmi e stendardi, sopra i quali sventolava la gran bandiera di Messina e quella con gli attributi papali.

Mori, musici, delfini

Tuttavia, non sempre la stessa fu la forma della Galea, che si adattava ai tempi, ma in linea di massima questo era il suo aspetto. La Galea era popolata da numerosissime figure, che creavano un’illusione di movimento e di vita. Sul ponte venivano collocati manichini vestiti come uomini d’arme ed esotici mori, che forse venivano fatti muovere per riprodurre uno scontro. Oltre ai simulacri, c’erano a bordo anche persone in carne e ossa: a poppa moltissimi musici suonavano trombe, flauti e corni, e una squadra di artiglieri che, con quattro o cinque pezzi d’artiglieria leggera montati a prua, sparavano a salve in ossequio alla nobiltà quando passava. In tempi più recenti, esperti artificieri gestivano dei mortaî disposti in punti della nave, pronti per proiettare in cielo un gioco di fuoco.Nell’acqua, invece, si potevano ammirare agili delfini e mostri marini che combattevano contro nereidi e tritoni armati di fiocine e tridenti; anche queste statue forse davano l’illusione di muoversi davvero.

Lo spettacolo sulla Galea

Probabilmente, tutte le bandiere e gli stendardi si facevano garrire nelle ore diurne, mentre in quelle notturne venivano rimossi per lasciare spazio in sicurezza ai lumi e ai fuochi.Nel momento culminante, a sera, avveniva uno spettacolo veramente suggestivo che aveva per scena proprio la Galea. Mentre l’orchestra intonava una melodia possente, guerresca (simile a marce ottomane?), i pirotecnici facevano partire un complesso gioco di luci ed esplosioni di colori in cielo che durava circa un’ora, il tutto mentre nell’acque circostanti la danza delle creature mitiche del mare ridestava lo spirito posidonico; veniva a crearsi un’atmosfera che poteva certamente apparire ultraterrena. Così si magnificava Messina, invitta sul mare.

Le ultime versioni

L’ultima volta che fu vista in funzione la Galea fu centottantasette anni fa, quando fu preparata nella forma di Barca Cinese in occasione degli ottocento (presunti) anni compiuti dalla Chiesa di Messina, forse assecondando il gusto per l’esotismo che proprio in quel periodo andava di moda; dopodiché fu definitivamente dismessa e non fu più riutilizzata, a causa degl’ingenti costi della manifestazione. Nonostante svariati tentativi di riprenderla, anche recenti, la tradizione non si è potuta riconsolidare; ma ne riparleremo più avanti. E questa è la storia, queste sono le cose che furono; il presente e il futuro delle festività messinesi, appartengono a noi.

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