Giustino riabilitato, ma non credete a Facebook quando parla di libertà d'espressione
by Claudio GiuaMark Zuckerberg tarda a mettere a fuoco che un conto sono le parole, un conto i fatti. Eppure nella sua ultima uscita pubblica, all’inizio di febbraio a Salt Lake City, aveva detto cose così: “…se vuoi essere affidabile, i tuoi interlocutori devono sapere cosa stai sostenendo”, “…i censori sono quelli che non rischiano di essere a loro volta censurati” e “…visto che le persone potenti avranno sempre una voce, sento il bisogno che qualcuno si alzi per dare voce a tutti”. Molti dei suoi due miliardi e 600 milioni utenti nel mondo, 31 milioni in Italia su base mensile, erano sobbalzati sulle sedie: finalmente impegni senza “se” né “ma” a favore della libertà d’espressione da parte del fondatore di Facebook. Anche Mariano Giustino, inviato di Radio Radicale, aveva apprezzato: avere Zuckerberg schierato dalla propria parte lo rassicurava poiché per articoli, segnalazioni, commenti si affidava al suo seguitissimo account Facebook, aperto nel 2008 quando ancora viveva in Italia.
Testimone raccontante di quando accade in Turchia - ogni mattina nel notiziario delle 9 e ogni sabato alle 10 nella rassegna stampa - un mese e mezzo più tardi, il 16 aprile, Giustino ha però dovuto ricredersi. L’ha raccontato qualche giorno fa Mattia Feltri sull’Huffington Post: Facebook Italia ha “bannato” (inglesismo entrato di prepotenza nel gergo digitale: significa “cancellato” o, meglio ancora, “bandito”) il giornalista impedendogli di postare e accedere al suo account. Inutili le mail di protesta e tentatitivi di mettersi in contatto con i responsabili del social network sia a livello nazionale, sia globale.
Cos’ha scritto o fatto, Mariano Giustino, di così grave per essere espulso dal principale social network? Impossibile saperlo. Circolano in rete agili manualetti su come evitare di essere bannati. Per esempio bisogna: primo, non usare lo stesso nome di una celebrità come azzardò l’avvocato dell’Indiana che si chiama proprio Mark Zuckerberg; secondo, non chiedere di far parte di troppi gruppi; non eccedere con i post in termini di quantità e frequenza; non pubblicare immagini men che innocenti di minorenni, neppure nel caso di figli; non millantare di essere più giovani o più vecchi di quanto si sia in realtà; non fare spamming (altro inglesismo: riempire di propri post gli account altrui); non chiedere l’amicizia a chiunque, senza tregua; ultimo, non frugare con insistenza nei profili di papabili contatti. In più, non si deve diffamare o calunniare, se possibile nemmeno insultare; fare apologie di reato o esaltare criminali; ricattare o diffondere materiale pedopornografico. Eccetera.
Mariano Giustino non ha fatto nulla di tutto questo. Aveva semplicemente pubblicato un pulitissimo post per raccontare come l’amnistia voluta da Recep Tayyip Erdoğan al fine di svuotare le carceri, dove il Covid-19 stava facendo carneficine, avesse messo in libertà alcuni criminali incalliti come Alaattin Çakıcı, vicino ai Lupi Greci, e lasciato dentro opinionisti, artisti, intellettuali, scienziati, conduttori televisivi, insegnanti, scrittori.
È probabile che Facebook Italia abbia agito su sollecitazione di qualcuno. È la parte più oscura della vicenda. Mariano Giustino non crede sia stato il governo, comunque liberticida, di Ankara, “che mi rinnova regolarmente il permesso come giornalista accreditato”. Piuttosto, racconta al telefono quasi divertito, “so che quelli di Menlo Park danno indicazioni ai country manager di adeguare le policy al livello di democrazia del paese dov’è stato aperto l’account”. Che nel suo caso è, si badi bene, l’Italia. Allora? Ci sono esempi passati di reazioni in automatico di FB senza alcuna giustificazione, per una interpretazione sbagliata di un’opera d’arte (come quando sospese l’account di un docente francese che aveva pubblicato la foto del celeberrimo “L’origine del mondo” di Gustave Courbet) o per una parola dal significato dubbio.
Fosse accaduto qualcosa del genere, una volta avvertiti i vertici italiani dell’azienda sarebbero intervenuti, rimediando e scusandosi con il giornalista. Il prolungato silenzio, rotto nemmeno dalle interrogazioni parlamentari e dal coinvolgimento dell’AgCom, e durato sino a questa notte, quando dopo 40 giorni il profilo di Giustino è stato finalmente “riabilitato”, fa temere che qualcuno a casa nostra sia più realista del sultano del nuovo imperialismo anatolico. Per scelta o per pressioni. Confermando, nel contempo, che Zuckerberg parla, parla e parla dai tempi dello scandalo di Cambridge Analytica, ma poi le cose in casa Facebook non cambiano mai.
La risposta di un portavoce di Facebook:
“Questo account è stato rimosso per errore dai nostri team ed è stato ora ripristinato. Ci scusiamo con l’utente per qualsiasi inconveniente causato da questa azione. Abbiamo recentemente annunciato che stiamo temporaneamente tenendo a casa i revisori di contenuti per la loro salute e sicurezza. Anche se la maggior parte di questi revisori sta ora lavorando da casa, con un team ridotto e in lavoro da remoto c’è una maggiore probabilità che si verifichino degli errori. Stiamo affrontando qualsiasi problema il più rapidamente possibile”.