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La peggiore crisi sotto la peggiore sinistra al governo

L'emergenza Coronavirus e la conseguente crisi dell'economia italiana non potevano arrivare in un momento peggiore per il nostro Paese, dove il governo è in mano a una sinistra priva di qualsiasi identità.

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Non esiste un momento buono per accogliere a braccia aperte una crisi economica, ma quella che è esplosa con l’emergenza Coronavirus è arrivata nel peggiore momento possibile in Italia. Il governo Conte ha già stimato a -8,1% il pil di quest’anno, e il dato di per sé appare persino improntato all’ottimismo. Se fosse confermato, sarebbe la peggiore recessione dell’Italia repubblicana e arriverebbe a 12 anni da una crisi finanziaria mondiale da cui non eravamo stati ancora in grado di riprenderci, per non parlare dei 30 anni di mancata crescita.

Perché la crisi economica provocata dal Coronavirus somiglia sempre più a una “L”

La peggiore crisi dalla Seconda Guerra Mondiale per maledizione divina sta venendo gestita dal peggiore governo degli ultimi 75 anni di storia nazionale, politicamente già poco gloriosa. L’esecutivo bis del premier Giuseppe Conte nasce esplicitamente nell’agosto scorso con il solo obiettivo di evitare il giudizio degli italiani, che avrebbe pesantemente punito il Movimento 5 Stelle a un anno e mezzo dalle elezioni politiche del 2018. Non c’è bisogno di spiegare che nulla di buono nasca dalla sola esigenza di non perdere la poltrona.

Già con la legge di Stabilità per il 2020 ne avevamo viste di ogni. Grillini e piddini avevano fatto a gara sulle tasse, inventandosi la stangata sullo zucchero, quella sulla plastica, sulle auto aziendali, la lotta al contante, l’aumento dell’imposizione fiscale sulle partite IVA con la fine del regime forfetario per molte di esse, senza che da ciò emergesse una sola idea di economia, salvo quella di fare cassa per sventare l’aumento dell’IVA con le clausole di salvaguardia. Archiviate le tensioni sulla manovra, è arrivato il Coronavirus a segnare l’inizio di una nuova era, più che di una fase politica.

Nei due mesi abbondanti di “lockdown”, anche le differenze nella maggioranza sono finite in quarantena, nel nome dell’emergenza nazionale.

Decreti senza visione

Man mano che ci si è avviati alla Fase 2, cioè alla riapertura progressiva delle attività economiche, i conflitti sono ri-esplosi tra piddini e grillini, tra grillini e renziani e tra renziani e grillini. Un tutto contro tutti, che se da un lato riflette la semplice volontà di ciascun partito di non cedere agli alleati visibilità e forza mediatiche, dall’altro è anche specchio di visioni contrastanti sulla fisionomia dello stato. In virtù dello stato eccezionale, Alitalia è stata “salvata” con altri 500 milioni di euro a marzo, saliti a 3 miliardi a maggio. Di ri-privatizzare MPS entro l’anno prossimo nemmeno a parlarne, mentre i decreti per affrontare l’emergenza prima e la ripresa dopo sono stati caratterizzati da distribuzioni a pioggia di denaro, tardive e poco efficaci.

Il pregiudizio ideologico contro il mondo delle partite IVA, mai sopitosi a sinistra, è emerso lampante nelle ultime settimane. Il governo ha da un lato imposto a milioni di lavoratori autonomi e piccoli imprenditori la chiusura delle loro attività e dopodiché non ha previsto per loro alcun meccanismo di ristoro spedito, sostanzioso e scevro da mille adempimenti burocratici. E nel frattempo, le erogazioni a favore dei percettori del reddito di cittadinanza venivano aumentate, inspiegabilmente, trattandosi di persone formalmente prive di reddito da lavoro ancor prima della crisi e che non avrebbero accusato a causa di essa alcun deterioramento ulteriore delle condizioni di vita.

In piena crisi, il PD non ha trovato di meglio che proporre un’imposta sui redditi più alti, come a segnalare che dopo l’emergenza avrebbe voglia di far pagare il conto della crisi al ceto medio produttivo, anziché incoraggiarlo a non cedere al pessimismo. Il premier ha promesso in diretta televisiva e dal suo profilo Facebook “fino a 750 miliardi” di garanzie sui prestiti alle imprese, di cui solo una percentuale risibile risulta ad oggi essere stata attivata dalle banche.

I licenziamenti vengono bloccati fino a fine agosto, un po’ per mascherare i dati reali sulla disoccupazione, un po’ per il pregiudizio che le imprese si rallegrerebbero nel mandare a casa i dipendenti alla prima occasione utile.

Mentre Conte adombra una patrimoniale sui risparmi, butta altri 3 miliardi con Alitalia

Soldi a pioggia, sempre se arrivano

Nel gioco dei ruoli dentro la maggioranza, i pentastellati rappresentano la sinistra statalista tout court, il PD l’ala progressista più apparentemente razionale e i renziani i moderati insofferenti, salvo quando c’è da spartirsi i consigli di amministrazione delle partecipate statali. Non c’è una sola idea su cosa fare dell’Italia dopo l’emergenza, se proseguire sulla strada di prima verso il dirupo, oppure se cambiare direzione ed eventualmente quale. Gli 80 miliardi sinora stanziati per combattere la crisi sono stati dispersi in mille rivoli, attraverso uno spandi e spendi di socialista memoria e dal sapore vagamente clientelare.

I 120 milioni per bici e monopattini possono andare benissimo a chi li vende, ma davvero pensiamo di avere risolto così il problema della mobilità e che non vi fossero priorità sulle quali si sarebbe dovuto puntare in questa fase, vedasi il comparto turistico? L’ultima provocazione all’intelligenza degli italiani è arrivata con la proposta del ministro Francesco Boccia (PD) di arruolare niente di meno che 60.000 italiani come “assistenti civici”, una massa di delatori di stato che dovrebbe segnalare i concittadini indisciplinati nelle strade, nelle piazze, in spiaggia e nei locali. Insomma, siamo alle milizie del popolo contro chi non osservi il delirio di onnipotenza di un premier estratto dal cilindro “giallo-verde” non più tardi di due anni fa e sino ad allora ignoto all’infuori della cerchia dei parenti.

Un governo avventuriero e dilettantesco, come dimostra anche il caso MES. Il Fondo salva-stati era stato considerato una garanzia per l’Italia dallo stesso Conte fino a febbraio, in polemica con le opposizioni “populiste” che si battevano contro la riforma tendenzialmente contraria all’interesse nazionale.

Da marzo, i toni cambiano. Il MES non è più giudicato al passo con i tempi e così com’è non gli va bene, in quanto presuppone l’erogazione di aiuti condizionati. Se il PD si è almeno mostrato coerente sul tema, Palazzo Chigi ha confermato di non avere la più pallida idea di quale fisionomia assegnare all’Italia in Europa, oscillando di volta in volta tra servilismo rispetto all’asse franco-tedesco ai toni bellicosi per ragioni di bassa propaganda interna. I consensi per il governo avrebbero retto fino a un paio di settimane fa, ma adesso gli italiani si sono stufati delle chiacchiere e pretendono di vedere qualcuno degli infiniti quattrini promessi a destra e a manca negli innumerevoli “show” televisivi del premier. Ma essendosi trattato di un grande bluff, stanno scoprendo sulla loro pelle di essere governati da dirigisti senza visione del presente, figuriamoci del futuro.

Perché i 750 miliardi di prestiti alle imprese sono solo fumo venduto dal governo

giuseppe.timpone@investireoggi.it