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Al lavoro un ricercatore dell’istituto per la lotta contro i tumori di Meldola

Coronavirus, l'Irst non molla sul farmaco che non piace all'Oms

L’Organizzazione mondiale della Sanità intende bloccare precauzionalmente l’utilizzo dell’idrossiclorochina

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Forlì, 27 maggio 2020 - L’Organizzazione mondiale della Sanità intende bloccare precauzionalmente l’utilizzo dell’idrossiclorochina per il trattamento delle infezioni da Coronavirus; posizione supportata da un articolo recentemente pubblicato sulla rivista Lancet. Si tratta di un farmaco nato per combattere l’artrite reumatoide, sul quale l’Irst di Meldola ha promosso uno studio. E ieri l’istituto ha voluto ribadire la bontà della sperimentazione, attraverso il suo direttore scientifico Giovanni Martinelli e la dottoressa Oriana Nanni, che guida l’unità di biostatistica e sperimentazioni cliniche. Tant’è che lo studio andrà avanti, almeno finché non interverrà direttamente l’Aifa, l’agenzia italiana del farmaco.

«L’Oms ci pare aver sospeso ‘temporaneamente’, in via precauzionale, gli esperimenti clinici in corso sull’uso dell’idrossiclorochina e clorochina", spiegano i due medici in una nota. Ciò accade, dicono "sulla base di evidenze scientifiche non sufficienti. Decisione che, se protratta e confermata, impedirà alla comunità scientifica di capire il reale valore del farmaco", sul quale l’Irst – insieme, per esempio, all’università di Oxford – "sta operando un ingente investimento economico e di risorse professionali". Tra l’altro, l’Oms ha sollevato perplessità sull’idrossiclorochina come terapia, mentre l’Irst lo sta studiando in maniera preventiva.

«L’emergenza Covid – spiegano – ha richiesto l’uso di farmaci, già usati per altre malattie, nonostante le scarse evidenze scientifiche sulla loro efficacia e sicurezza per la patologia specifica. In tale contesto epidemiologico Usa, Italia ed Europa hanno approvato tali farmaci". Lo studio pubblicato su The Lancet "non è una sperimentazione clinica disegnata per valutare l’efficacia e la sicurezza dell’idrossiclorochina o della clorochina usata da sola o in combinazione con antibiotici su pazienti ricoverati in ospedale. È una raccolta di dati, di grandi dimensioni".

Nell’articolo si legge che "‘i risultati emersi non possono dimostrare una relazione causa-effetto del farmaco sull’eccesso di mortalità o su gli altri esiti negativi di cui sentiamo parlare. Solo studi clinici randomizzati potranno dimostrare il reale valore di tali farmaci’". Parole che fanno chiedere ai due medici "perché, dunque, questo risultato ha avuto una tale enfasi? Prima della pandemia una pubblicazione di questo tipo avrebbe provocato tanta ostilità nei confronti di un farmaco?".

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