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Coronavirus, migliaia di contagiati nei mattatoi: perché succede e che pericoli ci sono per chi mangia carne

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Dopo gli ospedali e le residenze per anziani, c'è un terzo tipo di ambiente che si è dimostrato ad alto rischio per il contagio da coronavirus: i mattatoi. È un fenomeno globale, dall'Europa all'America, in quasi tutti i Paesi del mondo si sono registrati focolai negli impianti di macellazione. In Italia in effetti il problema si è manifestato in misura minore, ma qualche episodio c'è stato anche qui: a Bari il mese scorso più di 70 dipendenti di un'azienda di lavorazione della carne sono risultati positivi. Negli altri Stati il bilancio è ben più grave. In Germania – dove pure l'epidemia si è diffusa meno che in altre aree i lavoratori del settore che si sono infettati sono quasi un migliaio, in Francia più di cento, e negli Stati Uniti addirittura 5 mila dipendenti di 180 impianti di produzione, ma secondo alcune stime la diffusione sarebbe ancora più vasta e arriverebbe a colpire oltre 10 mila persone. E ancora in Canada, in Australia, in Spagna, in Irlanda più o meno la stessa storia: centinaia di addetti alla macellazione e alla trasformazione della carne contagiati.

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Gli scienziati hanno cercato di individuare le cause, ma per il momento le loro conclusioni - come siamo abituati a vedere di fronte a questo virus nuovo e ancora in buona parte sconosciuto – sono provvisorie e perlopiù ipotetiche. Almeno una risposta però viene ripetuta da tutti gli esperti: le possibilità che il contagio sia dovuto al contatto con le carni degli animali sono pressoché inesistenti. Il virus si trasmette da un lavoratore all'altro, si tratta di capire dove e perché. E capirlo non è facile, perché gli impianti di macellazione erano organizzati già prima dell'avvento del Covid-19 secondo protocolli igienici abbastanza rigidi, essendo luoghi soggetti a rischi sanitari abbastanza evidenti, sia per chi ci lavora sia per i consumatori che poi porteranno quelle carni nelle loro cucine e infine a tavola. In tutti i Paesi i mattatoi e gli stabilimenti di trasformazione sono obbligati a prevedere l'uso di protezioni per tutti i dipendenti, guanti, mascherine, cuffie, camici. Ma allora come si spiegano le migliaia di infezioni in tutto il mondo? Alcuni pensano che sia l'ambiente chiuso, umido e a bassa temperatura a favorire la trasmissione del virus. Negli impianti in cui i bovini, i suini o il pollame vengono abbattuti, tagliati e lavorati si lavora in genere a distanza ravvicinata, lo sforzo fisico è notevole ed è indispensabile parlare a voce molto alta, e peraltro è lecito immaginare che spesso qualcuno si tolga la maschera dal viso per respirare e comunicare meglio. Altri puntano i loro sospetti sulle sale in cui i dipendenti si cambiano e si lavano, anche lì a distanza ravvicinata e oltretutto senza protezioni. In Germania poi c'è chi ha ipotizzato che la trasmissione possa essere avvenuta, più che nei luoghi di lavoro, all'esterno, nelle case dove abitano i lavoratori: l'industria della carne tedesca riesce a garantire prezzi contenuti e prodotti di alta qualità impiegando lavoratori a basso costo, in prevalenza immigrati che vengono fatti arrivare dai loro Paesi, alloggiati in residenze comuni e trasportati in fabbrica tutti insieme sugli stessi pullman. Sarebbe dunque la condivisioni degli ambienti extra-lavorativi, secondo questa tesi, la ragione principale dei contagi.

Negli Stati Uniti il moltiplicarsi di focolai nei mattatoi ha rischiato di mettere in crisi l'approvvigionamento alimentare nazionale. Nel Paese che certamente consuma la maggiore quantità di carne nel mondo (primo assoluto sia per consumo pro capite, circa 120 chili all'anno a persona, sia per quantità totale) e che nella bistecca e nell'hamburger vede quasi un elemento identitario, qualcosa di paragonabile alla pasta per gli italiani, molti impianti di produzione hanno dovuto chiudere. Finché non è intervenuto Donald Trump in persona, che è ricorso ai poteri riconosciutigli dal Defense Production Act - la legge che protegge le produzioni vitali per la nazione - per firmare un ordine esecutivo che di fatto ha imposto alle aziende di continuare l'attività nonostante i pericoli sanitari. La decisione è stata molto contestata e certo non ha aiutato a fermare la diffusione del coronavirus negli Stati Uniti.

L'epidemia tra i lavoratori dei mattatoi e delle industrie alimentari non rappresenta comunque, lo si è già detto, una minaccia diretta per chi mangia la carne. La malattia Covid-19 si contrae per via respiratoria, non alimentare, la cottura in ogni caso elimina qualunque virus, e non esiste alcuna evidenza scientifica di una possibile resistenza degli agenti virali sulle superfici di una fettina o di un pollo o di una salsiccia, almeno non per il numero di ore necessario a far arrivare quella fettina o pollo o salsiccia dallo stabilimento in cui è stato prodotto fino al banco della macelleria. Mangiare carne magari non farà bene alla nostra salute per altri motivi, ma non fa contrarre il coronavirus.