https://images2.corriereobjects.it/methode_image/2020/05/26/Esteri/Foto%20Esteri%20-%20Trattate/662667_26156_zara-abid2_akhbar-keFB-U3190375055896IAC-656x492@Corriere-Web-Sezioni.jpg?v=20200526201156

Zara, la modella morta nel disastro: «Andrà in paradiso, merita l’inferno»

Abid è tra le 96 vittime della tragedia aereo di Karachi. Sul suo destino si è aperto un dibattito. Religiosi radicali l’attaccano da morta: «Mostrava parti del corpo, è dannata»

by

Immaginare il suo corpo incenerito, saperla tra i rottami di un aereo che si è schiantato al suolo, pensare anche al dolore di parenti e amici, tutto questo non è bastato a sospendere i giudizi e le illazioni di gente che per altro non l’ha mai conosciuta in vita.

La modella pakistana Zara Abid è morta a 28 anni nel disastro aereo di Karachi, venerdì scorso, quando un aereo in fase di atterraggio ha perso due motori ed è caduto sulle case. Zara aveva vinto dei premi, lavorava con i maggiori stilisti di Islamabad, e a breve avrebbe girato il suo primo film. L’ultimo servizio fotografico, per ironia del destino, l’ha fatto a bordo di un elicottero. Una donna più famosa di altre, una vittima come tutte. Ma mentre non era ancora ufficiale l’elenco delle 96 persone morte nel rogo, sulla Rete già si era scatenato un dibattito sul suo «futuro» (inferno o paradiso), sulla moralità e i costumi di una ragazza che voleva semplicemente vivere e inseguire i propri sogni a testa alta, senza paura.

Un dibattito sull’al di là, per condizionare l’al di qua, e magari mandare un monito alle ragazze che l’avevano presa a modello, per la sua bellezza e la sua determinazione, per l’orgoglio di avere una carnagione scura in un Paese dove i canoni della bellezza prediligono il pallore. Quando si è diffusa la notizia che la giovane originaria del Punjab era morta su quel volo partito da Lahore, nell’etere appesantito di Twitter e di altri social network si sono scontrati messaggi di opposte lunghezze d’onda. Chi manifestava cordoglio per la scomparsa di Zara, e chi faceva circolare le sue foto pescate da Internet compiacendosi della giusta «punizione divina».

In un Paese profondamente religioso come il Pakistan, Allah viene spesso chiamato in causa: mentre amici stilisti e fans sconosciuti di Zara consolavano i familiari pensandola dopo la morte «più vicina a Dio», musulmani radicali l’hanno spedita d’imperio nella «sezione» più lontana: «Sbaglia chi vede in paradiso tutti coloro che sono periti nello schianto - ha scritto uno - Allah non ama le donne che mostrano parti del corpo in pubblico». A questo genere di maledizioni hanno risposto in molti (e in molte), con considerazioni più o meno pacate: «Quelli che attaccano Zada mostrano in pubblico le parti mancanti del loro cervello», ha scritto una donna indignata. Sono arrivati anche commenti più soft: «Smettetela di giudicare gli altri e pensate alle vostre azioni. Nessuno sa chi sono le persone più vicine a Dio». «Non illudetevi: Jannat (il cielo, ndr) è solo per gli uomini puri e le donne pure», ha ribattuto qualcuno. Suscitando nuove reazioni: «Una giovane donna ha avuto in sorte una morte orribile, e la nostra nazione è intenta a dibattere se sia jannati o jahanumi?». Ecco, la verità è forse tutta qui: una persona con il corpo incenerito merita rispetto, come quando ce l’aveva florido. Lasciate che Zara Hadid possa essere ricordata da chi la conosceva, per quella che era, senza il cappio, o la benedizione, di un giudizio finale.