Siamo davvero pronti a ripartire? Paure e aspettative degli italiani dopo il coronavirus
Lo studio di Open Evidence su Italia, Spagna e Regno Unito: per il 46% degli italiani il 2021 sarà peggiore del 2020, il 90,5% ritiene probabile una depressione economica. Donne e soggetti vulnerabili le fasce sovraesposte
by Cristiano CodagnonePer affrontare la pandemia abbiamo chiuso le nostre società e congelato le norme sociali basilari del vivere in comune (persino le convenzioni più semplici come stringersi le mani). Soprattutto, la crisi ci ha posto di fronte all’incertezza sul futuro. Una questione difficile e pericolosa. Il rischio aguzza l’ingegno, l’incertezza corrode l’anima e fiacca la volontà. Il futuro prossimo che ci aspetta è un percorso di costruzione collettiva dove le famiglie, le imprese e le istituzioni dovranno prendere decisioni cruciali. Lo studio di Open Evidence ha seguito un campione di italiani, spagnoli e britannici dal 24 aprile al 20 maggio. Quello che emerge dai risultati è sorprendente e preoccupante: gli eventi stressanti di questi mesi influenzano marcatamente le aspettative e le paure che abbiamo per il futuro.
Le aspettative sostengono i meccanismi di coordinamento delle nostre economie. Questa crisi ha cambiato tutti gli equilibri e ora bisogna rimettere a posto le tessere del mosaico. Le aspettative per il dopo-crisi sono cambiate. Siamo disposti a scommettere sul futuro e investire, comprare casa, cambiare lavoro, fare impresa? I segnali non sono incoraggianti. Il 46% degli italiani si aspetta che il 2021 sarà peggiore del 2020. La ripresa e il ritorno alla normalità sono attesi entro tre mesi solo dal 10%, mentre il 40% crede che sia necessario un anno e il 32% addirittura più di un anno. Secondo il 65% degli italiani il compito del governo è ridurre l’incertezza e fornire un piano di uscita dalla crisi (73% nel Regno Unito, 72% in Spagna).
Le aspettative per il dopo-crisi sono fortemente influenzate anche dalle emozioni e in particolare dalla paura. Secondo i dati, addirittura il 90,5% degli italiani ritiene probabile una depressione economica (92% degli spagnoli e 90% dei britannici), il 54,3% una restrizione permanente ai nostri diritti e alle nostre libertà (il 63% degli spagnoli e il 50% dei britannici), il 76,1% un nuovo focolaio della malattia (91% degli spagnoli e 85% dei britannici). La paura è una pessima compagna, peggiora la nostra capacità di ragionare e di fare scelte razionali.
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Paure e aspettative di italiani, spagnoli e britannici
Infine, dobbiamo guardare come siamo cambiati noi dopo il lockdown. Nuovi problemi sono emersi in questi mesi. Mentre la vulgata annunciava che la malattia non fa distinzioni, le nostre società diseguali hanno sovraesposto le donne su cui grava la gran parte del lavoro non pagato e le fasce vulnerabili che hanno dovuto vivere in meno spazio e con meno accesso a distrazioni. Apprendiamo dai dati, infatti, che depressione, ansietà e stress psicologico sono chiaramente legati ad alcuni fattori di vulnerabilità che hanno un evidente gradiente sociale e riguardano sia le classi meno abbienti sia la classe media.
I dati ci dicono che tra aprile e maggio, oltre un terzo degli italiani (37%) ha attinto più del normale ai propri risparmi (36% degli spagnoli e 22% dei britannici); un quarto ha cambiato i propri consumi, aumentando quelli di prodotti culturali online (25% degli spagnoli e 16% dei britannici ); il 51% ha trascurato rispetto al solito i contatti e le relazioni che sono chiave per carriera, censo sociale e reinserimento nel mercato del lavoro (58% degli spagnoli e 35% dei britannici); e infine il 23% in tutti e tre i Paesi ha incrementato i comportamenti a rischio dal punto di vista della salute (sesso non protetto, scarsa adesione ai trattamenti medici, ecc.). Come conseguenza, il futuro ci aspetta con nuove domande ma anche nuovi problemi.
Un filo lega i dati raccolti. Le avversità prodotte dal lockdown hanno creato un preoccupante clima di pessimismo e paura per il futuro. È tempo di ridurre il quadro di incertezza: questo ci dicono i dati. I nostri governanti devono ristabilire fiducia e speranza. Abbiamo bisogno, oltre che di adeguate misure di politica fiscale, di una leadership in grado di scuotere le menti e i cuori per farci ripartire.