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Roberto Calasso, a Roma nel 1989, fotografato da Enrica Scalfari davanti alla biblioteca del padre Francesco Calasso (Foto Agf)

La biblioteca secondo Calasso
nessun libro è un’isola

Esce il 28 maggio il saggio Adelphi su oggetti e modelli di un mondo (ancora) di carta Da 40 anni l’autore sta scrivendo un’ampia opera di cui finora sono usciti dieci titoli

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ConIl libro di tutti i libri, uscito nello scorso autunno, Roberto Calasso ha aggiunto la decima parte a un’opera immensa, affascinante quanto inclassificabile, il cui primo volume,La rovina di Kasch, risale ormai a trentasette anni fa. A mio modesto e opinabile parere, questa impresa di Calasso e il ciclo autobiografico di Karl Ove Knausgård sono le due più ambiziose e memorabili scommesse sul futuro della letteratura contemporanea in Europa, ed hanno in comune il fatto di essere composti da volumi leggibili anche nella loro autonomia, e non necessariamente in ordine cronologico. Si potrebbe dire che Knausgård è in vantaggio, nel senso che nel 2011 ha terminato con il sesto volume La mia battaglia, non prima di aver riempito tremila fitte pagine. Ma anche Calasso (che per ora non ha dato alla serie un titolo complessivo, ma ha semplicemente numerato i singoli volumi) avrà in mente qualcosa, perché è uno scrittore troppo attento alle leggi formali per ignorare che le forme, per essere immagini credibili del mondo, a differenza del mondo devono pur terminare da qualche parte.

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«Come ordinare una biblioteca» di Roberto Calasso (Adelphi, pp. 128, euro 14) esce il 28 maggio

Accanto all’opus magnum, poi, Calasso pubblica di tanto in tanto dei volumi di scritti minori, dove si esaltano le sue qualità di saggista, come in La letteratura e gli dèie in questo Come si ordina una biblioteca, che raccoglie vari interventi (alcuni già apparsi parzialmente sulle pagine di questo giornale) legati a una riflessione sugli oggetti, le istituzioni, i modelli mentali che ruotano intorno al concetto di «libro», a partire dalla sua materialità fisica di oggetto ormai più volte dato per obsoleto e morituro ma, come osserva Calasso, insostituibile come i letti, o i cucchiai. In realtà, le prime profezie sulla «morte del libro» e la sua smaterializzazione digitale risalgono alla fine degli anni Ottanta, ma è più facile, a quanto pare, che si realizzi la famigerata «morte dell’arte» che quella del libro. Forse Calasso sottovaluta eccessivamente l’ebook, che permette un’esperienza del tutto nuova e molto avvincente: leggere al buio. Ma ha perfettamente ragione quando afferma che il mondo è ancora pieno di libri, alla faccia di tanti futurologi, perché il nostro corpo ci permette un numero molto limitato di gesti e «gli oggetti sono tentativi più o meno felici di adattarsi alle caratteristiche inevitabili di quei gesti».

Oltre alle riflessioni promesse dal titolo sull’ordinamento di biblioteche pubbliche e private, il libro di Calasso affronta, nell’ordine, l’epoca d’oro delle riviste letterarie (all’incirca dal 1920 al 1945); la recensione (il cui archetipo risale a un articolo del 1665); e infine le librerie: queste sì, come tutti sappiamo, a rischio di estinzione con l’avvento di Amazon.

Il filo rosso di queste meditazioni ci sembra quello della teoria del «buon vicinato», che risale ad Aby Warburg, che oltre ad essere stato un formidabile precursore nella storia dell’arte e nello studio dei simboli, diede forma a una biblioteca che nacque come privata ed è diventata un vero e proprio patrimonio dell’umanità. Ebbene, alla base dell’intuizione di Warburg c’è il fatto che i libri non esauriscono mai in sé stessi i loro significati, come se fossero autosufficienti monadi verbali, ma ne generano di nuovi e imprevisti attraverso il loro accostamento: ovviamente nella mente di chi legge, ma anche sugli scaffali di una biblioteca o di una libreria. E lo stesso vale anche per gli indici delle grandi riviste letterarie del Novecento, dove si potevano trovare fianco a fianco, mettiamo, una prosa di Paul Valéry e un capitolo dell’Ulisse di Joyce.

Si tratta pur sempre, come scrive Calasso con una formula che potrebbe applicarsi anche alle sue opere maggiori, di «moltiplicare e complicare i significati». Leggere queste riflessioni può anche essere un modo per capire l’assurdità di quel vecchio gioco intellettuale di società, in cui si doveva scegliere un unico libro da portarsi su un’isola deserta. Che senso ha dare una risposta ? Nessuna è quella giusta. Già con soli due libri il gioco acquisterebbe tutt’altra verosimiglianza, perché due libri ben scelti sono un mondo, e non è detto che leggerne più di due sia necessariamente un bene. Ma un libro solo, su quell’immaginaria isola deserta, non sarebbe sé stesso, si oscurerebbe rapidamente come un congegno elettrico a corto di batterie. In maniera abbastanza paradossale, gli uomini riescono a vivere da soli molto più delle cose che scrivono. E il libro unico, quale esso sia, è sempre un turpe simbolo della menzogna e della morte. Ma l’aspetto più interessante del ragionamento di Calasso, meritevole di essere approfondito, è una nota di pessimismo sul presente, come se la nostra epoca fosse incapace di produrre non tanto buoni libri, quanto «buoni vicini».

L’epoca d’oro delle riviste, osserva Calasso, è finita quando è venuto a mancare non il talento individuale, ma il «tessuto comune», e la letteratura del nuovo millennio è diventata «un fatto di singoli, tenacemente separati e solitari». Se ci riflettiamo, bene, è proprio così il mondo dei best seller, dei romanzi del momento di cui sei mesi dopo nessuno ricorda nulla: quello creato dall’industria culturale è uno spazio mentale fondamentalmente solipsistico, dove ogni libro viene spacciato per quello giusto da portarsi su un’isola deserta. E per fortuna le isole deserte non esistono più, altrimenti il mondo sarebbe ancora più pieno di fregature di quello che è già.

Il progetto. Un’opera in progress con dieci titoli e oltre 10 mila pagine

Roberto Calasso da oltre 40 anni lavora a un’opera in varie parti, tutte autosufficienti, ma connesse tra loro. Finora sono stati pubblicati dieci titoli: La rovina di Kasch (1983), un’antropologia del Moderno; Le nozze di Cadmo e Armonia (1988), che narra della Grecia antica e dei suoi miti; Ka (1996), che attraversa i miti indiani; K.(2002), su Franz Kafka; Il rosa Tiepolo (2006), intorno a Giambattista Tiepolo; La Folie Baudelaire (2008), costellazione di storie che si diramano da un sogno di Baudelaire; L’ardore (2010), che indaga la metafisica implicita nei rituali vedici; Il Cacciatore Celeste (2016), storie intrecciate di dèi, di animali e di uomini; L’innominabile attuale(2017), sulla scena che oggi ci circonda, e Il libro di tutti i libri(2019).