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Il gioco dei due Matteo e la strategia di Conte per arrivare fino ad ottobre

La scelta sulla data delle Regionali: perché dopo cado

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Un Matteo che salva l’altro è un classico della letteratura minore di Palazzo. Ma mentre l’attenzione era concentrata su Renzi e Salvini, ieri Conte si è mosso per garantirsi ancora qualche mese di sopravvivenza, siccome «a ottobre cado».

Sarà perché sente il rumore dei nemici, sarà perché sta costruendosi una narrazione utile a scongiurare ciò che dice di temere, ma è un fatto che da giorni il premier — racconta un rappresentante del governo — lasci cadere questa previsione nei colloqui riservati. Certo ha fatto rumore la scelta «garantista» con la quale Italia viva ha evitato(per ora) un altro processo al leader della Lega, riattizzando i sospetti su una liaison dangereuse tra l’ex presidente del Consiglio e l’ex ministro dell’Interno. Tuttavia non regge la tesi del «baratto», nemmeno dopo che il centro-destra in Lombardia ha eletto la renziana Baffi alla presidenza della commissione regionale d'inchiesta sulla gestione dell’emergenza sanitaria: lo scambio dei favori sarebbe a saldo negativo per Iv, che infatti — per tutelarsi — ha chiesto alla sua consigliera di dimettersi dall’incarico.

I lavori della Giunta per le autorizzazioni sul «caso Open Arms» hanno così oscurato la decisione di Palazzo Chigi di indicare il 20 settembre come data per le Regionali, le Amministrative e il referendum sul taglio dei parlamentari. Intanto la scelta sgombra definitivamente il campo dall’ipotesi che — in caso di crisi di governo — ci possano essere elezioni anticipate: «Ipotesi — sottolinea il costituzionalista pd Ceccanti — che non è mai esistita». Ma soprattutto la decisione di Conte ha un obiettivo politico: mira a congelare le manovre del partito trasversale che punta a sostituirlo. E siccome l’election day avrà una coda il 4 ottobre, per il ballottaggio delle Comunali, il premier pensa di poter stroncare il piano ostile, dato che sarebbe complicato aprire una crisi in piena sessione di bilancio.

Così si spiega la profezia, che Conte alimenta sperando di esorcizzarla. Per assestare il colpo sull'election day ha approfittato dello scontro interno alla Lega tra Zaia (che voleva il voto a luglio) e Salvini (che teme il governatore del Veneto). E poi ha stroncato le resistenze di quel pezzo di Pd che premeva su Zingaretti per ottenere le urne in estate: «Nicola, ti conviene». Ma il premier si è trincerato dietro i suggerimenti del Comitato scientifico: «Sconsiglia le elezioni a luglio per ragioni sanitarie», ha spiegato serafico. Ovviamente nessuno gli ha creduto: «Già ora si sta riaprendo tutto — commentava ieri un rappresentante dem — e a luglio l’unica cosa che non si potrebbe riaprire sono i seggi?».

Il fatto è che aprendo i seggi nel Paese, si aprirebbero subito dopo i giochi in Parlamento, e il premier non vuole lasciare ai suoi alleati-avversari le «mani libere». Anche perché — ha confidato un ministro — «Conte sa che non potrà fare tris». Altro che asse Renzi-Salvini, la vera sfida si gioca a un altro livello: in palio c’è Palazzo Chigi. E la finestra temporale per un cambio in corsa è ridotta: tra le nomine da varare e i decreti da convertire, resta agosto. Il Pd è una tonnara. Il governatore Bonaccini — che ormai non nasconde ambizioni politiche nazionali — ieri ha criticato la scelta di Conte, con il quale i rapporti sono sempre stati molto ruvidi.

Il punto è che le Regionali a settembre sono come cavalli di frisia che bloccano tutti, anche Berlusconi: giocare ora «in solitaria» la sua ultima partita, per entrare in un nuovo governo e incidere nella scelta del prossimo capo dello Stato, vorrebbe dire mandare in frantumi Forza Italia. «Sta finendo il tempo, dopo non si riuscirà a far nulla», diceva ieri Giorgetti a un autorevole dirigente del Pd: «E purtroppo a mettersi di traverso sono quei tre-quattro del tuo partito che per farsi eleggere al Quirinale hanno bisogno di far reggere questo governo». Nella conversazione sarebbero stati fatti nomi di politici in attività e al momento in panchina. «Ma questi — ha concluso l’esponente leghista — non hanno capito che se esploderà la crisi economica, la politica sarà commissariata da un tecnico. Ne riparleremo a ottobre». Come profetizza Conte.