Pasti vegani in mensa, un diritto? Ecco a che punto siamo (e una sentenza importante)
A Bologna un’insegnante ha vinto la causa contro Comune e Ministero perché non le è stato assicurato un pasto 100% vegetale. Ecco cosa dice la normativa
by Beatrice MontiniAvere un pasto 100% vegetale in mensa è un diritto se si è fatta una scelta vegan? A oggi, nell’ambito della ristorazione collettiva pubblica e aziendale, la risposta è no. Tutto è lasciato alla volontà o alla «gentilezza» del gestore, o di chi prepara i pasti. In sintesi: chi vuole usufruire di un pasto vegan bilanciato, deve farne richiesta al gestore della mensa del luogo di lavoro, sperando che questo possa o voglia soddisfarla, anche in base a ciò che prevede il capitolato d’appalto.
Un discorso del tutto diverso è invece quello delle scuole. E proprio da qui si sta muovendo qualcosa che potrebbe portare a cambiamenti più diffusi. Nelle mense scolastiche sono infatti attualmente ancora in vigore le linee guida del 2010 («rafforzate» da una Nota Ministeriale del 2016) per cui agli alunni che hanno un’alimentazione vegetariana o vegana deve essere garantito il pasto adatto. Lo stesso, però, non può dirsi per i docenti. Per questo a Bologna un’insegnante di una scuola primaria dove veniva garantita la scelta vegan per i bambini ha prima tentato di ottenere lo stesso trattamento degli alunni anche per sé. Poi, non ottenendo una risposta positiva, e ritenendo di subire una discriminazione, ha presentato un ricorso contro il Ministero dell’Istruzione e l’Ufficio Scolastico Regionale dell’Emila-Romagma, con il patrocinio della Flc- Cgil e dalla Camera del Lavoro e l’assistenza dell’Avvocato Franco Focareta. Risultato: il Comune di Bologna è stato condannato a pagare un risarcimento.
«Si tratta di un piccolo passo avanti in tema di diritti» - sottolinea Lav che da tempo si batte per garantire la possibilità della scelta veg per tutti. «Quando sono diventata vegana e mi sono trasferita a Bologna, ho trovato davanti a me un muro che non mi aspettavo - racconta la maestra protagonista del ricorso - Dopo aver tentato la via sindacale, ma niente. Così, a ottobre, abbiamo ritenuto di fare la causa, al MIUR, che è il mio datore di lavoro, e in quanto tale deve garantire l’accesso al pasto senza discriminazioni. Il Giudice poi ha convocato il Comune. E questo ha fatto sì che contestualmente apparisse il pasto vegano per me».
Poi il 9 aprile la sentenza che dà ragione all’insegnante. «Fa riferimento all’unico precedente di cui io abbia conoscenza - sottolinea - un pronunciamento emesso Gran Bretagna lo scorso anno a tutela dei diritti di un dipendente vegano. Quindi forse questa è la seconda del genere al mondo. Nel mio caso, la sentenza spiega come il regime alimentare vegano sia determinato da convinzioni di natura filosofica e/o religiosa che appaiono meritevoli di tutela nell’ambito di ampio riconoscimento del diritto alla libertà di pensiero come prevede la Costituzione italiana. Anche il ritardo nel riconoscimento del mio diritto è apparso imputabile perché il Comune ha dovuto risarcirmi il danno».
Si tratta di una sentenza importante anche se non avrà effetti immediati su altri casi simili. «Non so che effetti avrà sulle altre colleghe o sugli altri colleghi che stanno nella stessa situazione perché non c’à nessun automatismo per loro ma certo questa sentenza sarà un utile precedente», conclude la maestra.
Questo lo stato dei fatti. Ma perché le cose cambino davvero occorre una normativa ad hoc. Per questo, per regolamentare la materia ristorazione collettiva pubblica e privata, dal 2009 sono stati presentati ad ogni legislatura dei disegni/proposte di legge che si propongono di tutelare la scelta vegana. In particolare, il Disegno di Legge n.357 presentato dalla senatrice Monica Cirinnà il 10 maggio 2018, si chiama proprio «Disposizioni in materia di tutela della scelta alimentare vegana» e chiede proprio che venga offerto e pubblicizzato almeno un menu vegano nelle varie tipologie di ristorazione collettiva.