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Mark Rutte evita le visite alla madre morente. Il premier duro e il rispetto delle regole

L’Italia ha imparato a conoscerlo come il capofila dei Paesi frugali, che si oppongono al recovery fund. Ma il primo ministro olandese ha anche stoffa da leader e l’ha mostrato. «Ha rispettato le direttive», dice il portavoce. E scelto il lutto privato

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DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BERLINO — Mark Rutte non gode in queste settimane della nostra simpatia. Paladino a volte arrogante di un protestantesimo secolarizzato, il premier liberale olandese è il vero capofila dei cosiddetti Paesi frugali, o sarebbe meglio dire taccagni, che si oppongono al Recovery Fund europeo da 500 miliardi di euro nella versione solidale, fatta cioè di trasferimenti a fondo perduto, proposta da Angela Merkel ed Emmanuel Macron. Ma oggi è diverso.

Il 13 maggio scorso in una casa di riposo dell’Aja, è morta all’età di 96 anni la signora Mieke Rutte-Dilling, madre del primo ministro. Ma Rutte nelle ultime otto settimane non è stato in grado di visitarla, poiché ha obbedito alle restrizioni decise nella lotta al Coronavirus dal suo governo, che il 20 marzo scorso ha fra l’altro proibito l’accesso a tutte le case di cura o di soggiorno per anziani.

Soltanto l’ultima notte il capo del governo olandese l’ha potuta trascorrere al capezzale della madre. Lo ha spiegato il suo portavoce, precisando che in questo modo «il primo ministro ha rispettato tutte le misure restrittive» in vigore. Queste in Olanda prevedono infatti la possibilità di salutare un membro della famiglia che sta morendo.

La signora Rutte-Dilling, secondo i media olandesi, non è morta a causa del Covid-19, nonostante nella residenza in cui viveva si siano verificati alcuni casi di contagio. Annunciandone la scomparsa, Mark Rutte aveva dichiarato che «accanto alla grande tristezza e ai bei ricordi, la mia famiglia ed io sentiamo profonda gratitudine per averla potuto avere fra di noi così a lungo».

Spiegando che l’addio alla madre è stato dato in forma privata «nel cerchio della famiglia», il premier ha formulato la speranza «di poter affrontare in pace questa grande perdita nel prossimo futuro».

Le condoglianze non bastano. Mark Rutte merita rispetto e ammirazione come uomo di Stato il quale conosce bene i doveri dell’incarico e l’importanza dell’esempio in politica. Mentre la Gran Bretagna offre lo spettacolo miserabile del principale collaboratore del premier, che considera le regole imposte per la pandemia valide soltanto per gli altri, dall’Olanda viene un modello di stile e rigore che possiamo soltanto applaudire.

Dev’essere stato doloroso e pesante rinunciare a vedere la madre nelle settimane terminali della sua vita, ma Rutte ha fatto la cosa giusta. Naturalmente ci piacerebbe che la cosa giusta la facesse anche in Europa, ma questa è un’altra storia. La sua disciplina dell’autocontrollo lo accosta ad Angela Merkel, che un anno fa elaborò in forma strettamente privata il lutto per la morte della madre, Herlind Kasner, alla quale era legatissima, senza interrompere o rinviare neppure per un momento nessuno dei suoi impegni da cancelliera. Merkel e Rutte hanno la stoffa della leadership.