https://images2.corriereobjects.it/methode_image/2020/05/26/Scienze/Foto%20Scienze%20-%20Trattate/GettyImages-1128207273-kep-U3190355905014fKC-656x492@Corriere-Web-Sezioni.jpg?v=20200526162336

Coronavirus e fase 2, la Lav: «Bonus a chi ha cani e gatti. E aiuti per chi adotta dai rifugi»

L’associazione: aiutare le famiglie colpite dalla crisi anche nella gestione degli animali di casa. «Troppi soldi spesi per i randagi nei canili, diamoli invece a chi li accoglie in casa>

by

Sono tanti i «bonus» economici di cui si sente parlare in questo periodo di emergenza coronavirus. Per l’acquisto di biciclette elettriche e monopattini, per la ristrutturazione delle abitazioni, per il ristoro economico di professionisti e partite Iva che nelle settimane di lockdown hanno visto crollare le proprie attività. Non ce ne sono però di specifici per gli animali domestici, che pure sono presenti in una parte considerevole delle famiglie italiane. La Lega antivivisezione (Lav), che nelle settimane scorse ha gestito più di 15 mila richieste di aiuto arrivate all’associazione, chiede ora che il governo ponga rimedio a questa mancanza, prevedendo l’istituzione di un «animal social bonus» per i possessori di cani o gatti e di una «quattrozampe social card per dare un contributo a chi decide di adottarne uno in un canile o gattile. I due provvedimenti andrebbero ad aggiungersi a progetti per una fiscalità amica degli animali e per la sostenibilità di cure veterinarie su cui l’associazione lavora ormai da anni.

Social bonus e social card

Il social bonus sarebbe strettamente connesso a questo periodo di emergenza Covid e si sostanzierebbe in un contributo una tantum di 200 euro per ogni cane posseduto e di 100 euro per ogni gatto, a patto che gli animali siano iscritti in anagrafe. E questo per dare un aiuto a fronte delle minori entrate che molte famiglie hanno registrato. La «social card» corrisponderebbe invece ad un contributo per l’adozione di un animale da un rifugio pari a mille euro per adottanti con redditi fino a 55 mila euro e di 500 euro per chi ha redditi superiori. Il contributo, in forma di card, dovrebbe poi essere speso in prodotti per l’alimentazione, la salute e il benessere dell’animale. Entrambe le misure, secondo la Lav, dovrebbero essere inserite nel decreto «Rilancio» durante la fase di conversione in legge in Parlamento.

Un fisco più «animal friendly»

C’è poi il tema della fiscalità che vale a prescindere dall’emergenza. I costi che deve sostenere chi accudisce animali sono già alti da più parti sono arrivate sollecitazioni alla politica, fino ad ora rimaste inascoltate, ad attuare piccoli interventi che sarebbero di grande aiuto a quel 40% di italiani che ha un animale d’affezione in famiglia. La Lav ne indica almeno tre: l’abbassamento dell’aliquota Iva sul cibo per pet dall’attuale 22 al 4%, per superare il paradosso delle crocchette tassate come beni di lusso; l’aumento della quota di detraibilità fiscale delle spese veterinarie; e l’introduzione di un buono spesa animali per coloro che hanno un reddito inferiore a 8mila euro all’anno, vincolato all’acquisto di cibo, farmaci e spese mediche.

Farmaci troppo costosi

Il capitolo medico-sanitario è altrettanto importante. Il caso dei farmaci, per esempio. Ne esistono alcuni che hanno la stessa composizione, che siano stati preparati per gli esseri umani o per gli animali. Ma i secondi, a parità di prodotto, costano molto di più (fino a cinque volte tanto) e i veterinari sono obbligati a prescrivere quelli. La Lav chiede che sia stabilita l’equiparazione terapeutica e che sia possibile commercializzare confezioni commisurate alle patologie con possibilità di garantire anche somministrazioni minime a costi proporzionalmente ridotti, questo per evitare il ricorso a cure fai-da-te da parte di chi non può sostenere gli attuali costi. Altra richiesta, la regolamentazione dei farmaci generici anche in veterinaria.

Soldi spesi male

«Quelli che proponiamo sono interventi a favore degli animali, dei cittadini ma anche delle casse pubbliche — sottolinea Roberto Bennati, direttore generale della Lav —. Le amministrazioni locali spendono infatti 130 milioni di euro per la gestione degli animali randagi, non sempre assicurando loro il benessere dovuto. La convivenza tra cittadini e animali è da anni svantaggiata dal carico fiscale e dalle norme che regolano il settore farmaceutico e veterinario». Il timore è che la situazione possa aggravarsi per effetto della crisi economica generata dalla pandemia. «Non vogliamo che si traduca anche in una crisi di convivenza — dice ancora Bennati —, rischiando fenomeni di maltrattamento dovuti all’indigenza o addirittura di abbandoni. Prendersi cura di un animale è una gioia ma anche un impegno economico e mai come in questo difficile momento occorre sostenere i privati che vivono con cani gatti o altri animali perché fanno parte del nostro tessuto sociale e sono a tutti gli effetti membri delle famiglie». Lav sta organizzando una campagna di sostegno a canili, gattili e cittadini in difficoltà che partirà dal mese di luglio e proseguirà per tutto il 2020.