Il Papa allontana Enzo Bianchi dalla comunità di Bose
Il Vaticano: problemi nel passaggio con il nuovo priore. Il fondatore del monastero dovrà trasferirsi altrove con altre tre persone
by Gian Guido VecchiCITTÀ DEL VATICANO — Il Vaticano ha deciso l’allontanamento di Enzo Bianchi dal monastero di Bose, la comunità che l’ex priore ha fondato in provincia di Biella a metà degli anni Sessanta. Fratel Enzo Bianchi, 77 anni, è una delle voci più ascoltate del pensiero cristiano e tre anni fa aveva lasciato la guida della comunità, al suo posto è stato eletto come nuovo priore fratel Luciano Manicardi.
È evidente che qualcosa non ha funzionato tra le nuove e le vecchie gerarchie, perché sei mesi fa la Santa Sede aveva mandato a Bose una visita apostolica, cioè degli ispettori, «nel momento di un passaggio che non può non essere delicato e per certi aspetti problematico per quanto riguarda l’esercizio dell’autorità, la gestione del governo e il clima fraterno». Si trattava insomma di consentire al nuovo priore di guidare la comunità senza interferenze. Una decisione difficile, considerato che Papa Francesco ha grande stima di Bianchi.
Ora l’ex priore dovrà trasferirsi altrove assieme a due confratelli e una consorella (qui i dettagli sulla decisione). La nascita di Bose viene fatta risalire alla fine del 1965, alla conclusione del Concilio Vaticano II, quando Enzo Bianchi decise di andare ad abitare a Bose, una frazione abbandonata del comune di Magnano, sulla Serra di Ivrea, con l’intenzione di dare inizio a una comunità monastica ispirata alle comunità dei primi secoli e aperta a tutte le confessioni cristiane e quindi anche alle donne. Oggi è composta da circa novanta membri, tra fratelli e sorelle, di sei nazionalità differenti, quasi tutti laici. Lo stesso fratel Bianchi non ha mai voluto diventare sacerdote, come San Benedetto e San Francesco d’Assisi, «volevo restare un semplice cristiano, laico come lo sono i monaci».
L’ultimo messaggio che ha lasciato su Twitter suona come un congedo amaro: «Ciò che è decisivo per determinare il valore di una vita non è la quantità di cose che abbiamo realizzato ma l’amore che abbiamo vissuto in ciascuna delle nostre azioni: anche quando le cose che abbiamo realizzato finiranno l’amore resterà come loro traccia indelebile».