Vucinic: 'La mia Juve una macchina da guerra, gli altri avevano paura di noi. Ai miei figlio potrò raccontare Del Piero'
Tre stagioni e tre scudetti con la Juve per Mirko Vucinic, che ai microfoni di Sky Sport ha ripercorso la sua carriera parlando anche dell'esperienza in bianconero: "Quando sono arrivato alla Juve avevo sulle spalle tante partite con una grande squadra come la Roma, avevo fatto esperienza. Ero entrato in una macchina da guerra, chi ci affrontava aveva paura di noi. Bravo Conte a farci diventare una corazzata sotto tutti i punti di vista". Passato in area di rigore, e futuro in panchina: "Mi piacerebbe allenare le squadra dove sono stato, le porto sempre nel cuore; il Lecce in particolare, perché mi ha preso da piccolo portandomi in alto. Intanto sto prendendo il patentino, poi vediamo". I maestri non sono mancati: "Tutti gli allenatori con cui ho lavorato mi hanno dato molto, spero di arrivare al 30% di quello che hanno fatto loro. Chi consiglierei alla Juve? Partendo dal presupposto che lì davanti ha Cristiano Ronaldo, per il futuro direi Mbappé. Non so però se i parigini sono disposti a vendere un giocatore pazzesco. Penso che di talenti come il suo non ne nascono più. Sembra che va al triplo degli altri, riesce a fare tutto con grande facilità".
MERCATO E CAPITANI - L'ex attaccante racconta poi quello scambio con Guarin sfumato proprio all'ultimo: "Cosa mancava? La firma. Che non è mai più arrivata. Non so cosa mi avrebbe riservato il futuro se fossi andato all'Inter, ma posso dire di essere felice per com'è andata". Sullo scudetto 2013: "Quando abbiamo vinto 1-0 in casa contro il Milan abbiamo iniziato a prendere fiducia nei nostri mezzi capendo che potevamo vincere uno scudetto al quale all'inizio della stagione nessuno credeva. Quella partita ci ha dato una spinta incredibile". Roma e Juve, Totti e Del Piero. Difficile scegliere tra i due: "Loro sono il calcio. Poesia. Professori e fenomeni. Io ho avuto la fortuna di giocare con tutti e due, un giorno potrò raccontarlo ai miei figli. Sono due leader dentro e fuori dal campo, altrimenti non sarebbero stati capitani per tutti quegli anni".