Raggi: male, cattiva, bis

Di Maio icontra la sindaca di Roma. La prudenza dell'ex capo politico che non sarebbe contrario alla riconferma per scavare un solco con il Pd: in ballo la regola dei due mandati

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NurPhoto via Getty Images

Quando Virginia Raggi intorno all’ora di pranzo ha varcato il portone della Farnesina, il sottotesto è stato da subito chiaro in tutto il Movimento: è andata a ottenere da Luigi Di Maio la benedizione per essere ricandidata. I rispettivi staff concordano nella versione: non si è parlato di un secondo mandato. Una negazione che sa di conferma. Perché sono molteplici e concordanti le fonti che accreditano l’ex capo politico niente affatto contrario all’ipotesi.

Sostenere un bis della prima cittadina non vuol dire solo inserirsi pesantemente nel dibattito sul che fare tra i pentastellati capitolini. Ma anche dare il là allo sbaraccamento di uno dei punti cardinali del grillismo sin dalle origini: il limite del doppio mandato. Se la sindaca si ricandidasse sarebbe il terzo tentativo, dopo i due andati a buon fine, il primo da consigliera semplice, il secondo da inquilina del Campidoglio. Dopo l’apertura di Vito Crimi, che non ha fatto mistero della necessità di valutare il da farsi, il tabù è definitivamente caduto, almeno nel dibattito interno. Sentite Antonio De Santis, assessore al Personale e pretoriano della Raggi, un buon rapporto anche con Di Maio: “Virginia ha avviato un percorso finalizzato a rimuovere vecchie e pesanti incrostazioni per ricostruire la città dalle fondamenta - dice ad Huffpost - Sarebbe assurdo soltanto pensare di azzerare questo patrimonio, magari rischiando di consegnare la città alla destra più becera e liberticida, che condannerebbe Roma a uno sbiadito e torbido Alemanno-bis”.

Il problema è che, proprio per il fatto che è in ballo la regola del secondo mandato, Di Maio deve muoversi con estrema prudenza. Tra i vertici dei 5 stelle già si parla di ottenere la benedizione di Rousseau con un quesito tarato sulle due prime cittadine in scadenza, Raggi e Chiara Appendino, e non sulla regola in sé, allo scopo di creare un precedente che contribuirebbe a allungare l’orizzonte politico di gran parte dei colonnelli pentastellati, quasi tutti eletti per due volte.

In Campidoglio la mossa viene letta anche come un modo di tacitare le proteste interne, guidate da Monica Lozzi, presidente del VII municipio e tra le più severe critiche della sindaca. E per isolare l’ala del grillismo romano che vorrebbe se non un’intesa, almeno un patto di desistenza con il Pd. A lavorarci Roberta Lombardi e la deputata Vittoria Baldino, che vedono in una cosa giallorossa il naturale approdo dell’esperienza M5s a Roma e non solo.

Fonti vicine ai due spiegano significativamente come Di Maio abbia offerto la propria solidarietà alla Raggi per le parole di Nicola Zingaretti, che ha definito il bis della Raggi come “una minaccia per i romani”. La ricandidatura di Virginia significherebbe dunque infilare un robusto cuneo tra i 5 stelle e il Pd in ottica di alleanz e intese future, effetto collaterale messo bene in conto anzitutto da Di Maio, che fra i pentastellati è sempre stato tra i più scettici del rapporto con il Nazareno.

Con tempistica studiata al millimetro, Carlo Sibilia, uno degli uomini dell’ex capo politico, ha tenuto a rimarcare tutto il proprio sostegno alla prima cittadina, dopo aver lanciato qualche giorno fa la candidatura di Alessandro Di Battista: “Qualcuno ha usato le mie parole sulla possibilita’ di una corsa di Alessandro Di Battista contro di lei ma il mio non era affatto un giudizio sul suo operato, anzi: ringrazio Virginia e le sono vicino”. Lo stesso ex deputato romano continua a giurare che non ha nessuna intenzione di partecipare alla corsa, al punto che gli avversari interni di Di Maio sono convinti: “E’ una voce che hanno messo in giro per bruciarlo”. E’ solo la puntata pilota di una serie destinata ad avere lunga vita e ingarbugliati intrecci: alle prossime elezioni manca ancora un anno.