Recovery Fund, anche Ursula contro i falchi

Mercoledì von der Leyen presenta la proposta sulle orme di Macron e Merkel: un fondo di quasi mille miliardi, di cui 500 di sussidi. Prestiti da restituire tra 7 anni. Ma la mediazione tra Stati avverrà in Consiglio Ue

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PASCAL PAVANI via Getty Images
French President Emmanuel Macron (C) smiles next to European Commission president Ursula Von Der Leyen (R) and German Chancellor Angela Merkel, one day before a key EU summit that may approve a divorce deal with Britain, in Toulouse, southwestern France, on October 16, 2019. (Photo by Pascal PAVANI / AFP) (Photo by PASCAL PAVANI/AFP via Getty Images)

Un fondo temporaneo che duri fino alla fine del 2022, pari a quasi mille miliardi di euro: 500 miliardi di sussidi a fondo perduto (o comunque la maggior parte del fondo sarà erogata in sussidi), il resto in prestiti da restituire alla fine del prossimo quadro pluriennale europeo, cioè tra sette anni. La proposta sul ‘recovery fund’ anti-crisi da Covid-19, che Ursula von der Leyen presenterà al Parlamento europeo dopodomani, non dovrebbe discostarsi molto dal piano di Angela Merkel e Emmanuel Macron, secondo indiscrezioni raccolte da Huffpost. Anzi, la presidente della Commissione europea potrebbe aggiungere alcuni elementi, tipo l’introduzione di risorse proprie per raccogliere fondi. Si potrebbe trattare di web tax o prelievo sul carbone o plastic tax, la discussione è ancora in corso. Naturalmente la proposta della Commissione europea non mette la parola ‘fine’ a questo dibattito: sarà negoziata dagli Stati in Consiglio Ue.

Il pacchetto non è ancora pronto. La Commissione europea si ritrova a dover mediare tra la proposta franco-tedesca e il contro-piano presentato da Austria, Olanda, Danimarca e Svezia, gli Stati cosiddetti rigoristi e ‘frugali’, termine ultra-diplomatico usato per descrivere il loro approccio poco generoso al bilancio Ue. Questo blocco di paesi chiede che le risorse vengano erogate in forma di prestiti e non sussidi, propongono un fondo temporaneo di due anni, dicono no ad eventuali aumenti dei contributi nazionali al budget europeo, si scagliano contro qualsiasi ipotesi di mutualizzazione del debito.

Ma alla fine, a quanto apprende Huffpost, l’esecutivo di Palazzo Berlaymont dovrebbe rispettare l’impostazione di Berlino e Parigi. Il fondo, inserito nel bilancio europeo e finanziato con bond emessi dalla Commissione, dovrebbe fondarsi su tre pilastri: resilienza, cioè la ricostruzione post-emergenza nei paesi membri, le misure di maggiore impatto sulla crisi cui andrebbero 250miliardi di euro; il ‘Green deal’, gli investimenti verdi individuati come priorità dalla Commissione von der Leyen fin dall’inizio del suo mandato con il ‘Just transition fund’; il patto digitale.

Il nuovo fondo a Bruxelles lo chiamano ‘facility’. Di fatto il piano disegna un nuovo strumento economico, nato sotto il segno del Covid, pensato apposta per aprire una nuova fase in Europa, dettata dalla crisi piuttosto che dalla volontà dei singoli Stati, uno shock che sta travolgendo le resistenze iniziali di alcuni (Germania) e che confina altri paesi (i 4 rigoristi e altri dell’est) ad una resistenza più debole rispetto al passato. Basti vedere la durata dei prestiti: sette anni dovrebbe essere l’impostazione del piano della Commissione. Sono una vita: 2027, quando scade il prossimo bilancio pluriennale europeo che dovrebbe ospitare il nuovo fondo (2021-2027, appunto). Chissà come sarà messo il Patto di stabilità e crescita per allora: sospeso per l’emergenza, rischia di risultare strettissimo per tanti Stati europei che sforeranno i parametri su deficit e debito.

Il piano della Commissione dovrebbe prevedere anche un ‘repair plan’ che punta a riportare ai livelli pre-crisi i 14 settori industriali che sono considerati il 50 per cento del valore aggiunto dell’economia europea, dal turismo alle piccole e medie imprese. Gli aiuti sarebbero senza condizionalità.

Previsto inoltre un rafforzamento di ‘InvestEu’, il nuovo programma di finanziamenti europei per la crescita e l’occupazione, che nella nuova formulazione della Commissione dovrebbe comprendere anche investimenti strategici nella politica industriale europea per contrastare ‘take over’ ostili da parte di attori extra europei, come la Cina, per esempio. Dovrebbe inoltre rafforzarsi anche ‘RescEu’, la nuova ‘riserva aggiuntiva’ europea nata per fronteggiare le calamità naturali, e i fondi strutturali legati alla crisi. Infine, la proposta della Commissione dovrebbe prevedere anche un ‘piano di riconquista’, legato all’ambiente.

Con la Francia e la Germania, ci sono tutti gli Stati più in difficoltà con il bilancio: Spagna, Portogallo, Grecia, Irlanda e altri spingono affinché la proposta della Commissione ricalchi quella presentata da Merkel e Macron. Vale a dire: che almeno 500 miliardi siano di sussidi. Il premier italiano Giuseppe Conte chiede di più, ma è difficile che i paesi rigoristi accettino un’impostazione ancora più generosa sulle sovvenzioni a fondo perduto.

Al momento, Austria, Olanda, Danimarca e Svezia alzano la posta: si dicono indisposti ad accettare il minimo proposto da Parigi e Berlino, anche se sembrano deboli. Sia a Vienna che a Stoccolma, la maggioranza di governo non è compatta. In entrambi i casi, i Verdi sono favorevoli al recovery fund e stanno tenendo a freno gli alleati di centrodestra in Austria e di centrosinistra in Svezia.

Perché in questa storia, tanti partiti hanno contraddizioni interne. Le ha il Ppe. Oggi il vicepresidente austriaco del Parlamento europeo, il Popolare Othmar Karas, attacca frontalmente il cancelliere Sebastian Kurz, suo collega di partito. La proposta dei ‘frugali’, scrive Karas in una serie di tweets, “è lontanissima da quella della Camera degli eletti dai cittadini, il Parlamento europeo. Non è adeguata alle sfide del futuro. Non funzionerà senza un salutare mix di sussidi a fondo perduto e prestiti!”. E ancora: nella contro-proposta nordica “molte questioni restano aperte e lo spettro della condivisione del debito viene evocato ancora senza alcun motivo. L’economia sta crollando per effetto della crisi e così il budget europeo. Perciò abbiamo bisogno di nuove risorse per affrontare la ricostruzione e le sfide future”.

Ma anche i socialisti hanno le loro contraddizioni interne. Due dei quattro paesi ‘frugali’ e intransigenti sono a guida socialista: Svezia e Danimarca. Oggi il ministro agli Affari europei, il Dem Enzo Amendola, ha avuto uno scambio telefonico con gli omologhi di Austria, Olanda, Svezia e Danimarca. “Ho spiegato le perplessità del Governo italiano sulla loro proposta per il Recovery Fund – dice - Per noi si basa su un’impostazione troppo difensiva, visti i rischi recessivi che colpiscono le catene di valore europee e i settori produttivi. Chiediamo più ambizione e scelte innovative, soprattutto a quei Paesi che, in questi anni, hanno ricevuto maggiori vantaggi e benefici dal mercato unico europeo”.

Ai ‘frugali’ si rivolge il presidente del’Europarlamento David Sassoli con un “appello alla responsabilità. Non esistono Paesi frugali ed altri spendaccioni ma Paesi consapevoli delle sfide e Paesi inconsapevoli. Per questo chiedo a tutti di essere all’altezza di questo momento storico”.

“La questione più urgente è la creazione di risorse europee, affinchè l’Ue possa emettere debito senza chiedere maggiori contributi agli Stati membri, ma stabilendo risorse finanziarie a livello europeo, con particolare attenzione ai giganti finanziari e del web e a chi inquina”, dice Sandro Gozi, europarlamentare di Renew Europe e presidente dell’Unione dei Federalisti Europei, annunciando una lettera aperta inviata dall’Uef agli eurodeputati nella quale si chiede al Parlamento europeo di proporre i necessari emendamenti ai Trattati e di avviare il relativo processo di modifica. “Questo è l’unico modo per assicurare che qualsiasi debito emesso dall’Unione europea possa essere garantito dal bilancio dell’Ue e non debba fare affidamento su garanzie dirette o indirette da parte degli Stati membri”.

Non a caso, von der Leyen dovrebbe aprire il capitolo ‘nuove risorse’ dopodomani, capitolo non incluso nella proposta franco-tedesca. La presidente parlerà infatti davanti al Parlamento europeo, riunito in plenaria a distanza. A metà maggio, una larghissima maggioranza dell’Eurocamera (Ppe, socialisti, liberali, Verdi, Conservatori e riformisti, i 14 eletti del M5s) ha votato una proposta molto ambiziosa su un recovery fund di 2mila miliardi di euro, basato più sui sussidi che sui prestiti e su una quota di risorse proprie del bilancio europeo, provenienti da nuove tasse sui servizi digitali, sulla plastica o i fossili.

Insomma, von der Leyen potrebbe presentare un mix tra la proposta franco-tedesca e quelle dell’Europarlamento. Tanto poi saranno sempre gli Stati a decidere, a partire dal Consiglio europeo di giugno (o se ci saranno altre riunioni prima, ancora non convocate). E in quella sede i ‘frugali’ potranno far valere le loro pretese.