Ora anche il Bundestag fa il processo alla Bce

Un esercito di esperti audito in Commissione Affari Ue per soccorrere Berlino nello stallo giuridico creato da Karlrsuhe. Nessuna soluzione ma un altro segnale dello stato di crisi dell'eurozona

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arsenisspyros via Getty Images
German flag fluttering front of Reichstag building. Berlin, Germany

Berlino inizia a misurarsi politicamente con il “triplice dilemma” creato dalla sentenza della Corte Costituzionale tedesca sugli acquisti di titoli pubblici della Banca Centrale Europea. Le sorti dell’euro passano anche da una “piccola” Commissione del Bundestag, quella per gli Affari Ue, dove oggi sono stati ascoltati alcuni dei massimi esperti di economia e diritto del Paese per affrontare il vulnus creato dai giudici di Karlsruhe: il 5 maggio scorso l’Alta Corte ha definito “sproporzionato” il Qe di Mario Draghi lanciato nel 2015 (oggi riproposto in una versione pandemica ancora più potente da Christine Lagarde), dando un ultimatum di tre mesi all’Eurotower per giustificare il suo operato. Al tempo stesso ha definito arbitraria e incomprensibile la sentenza dei giudici del Lussemburgo sulla questione, sconfessandola clamorosamente. Un duplice attacco all’indipendenza della Bce e alla primazia della Corte di Giustizia Ue.

A meno di un mese da quel verdetto la Germania, ora a rischio procedura di infrazione, inizia a fare i conti nelle aule parlamentari con le sue conseguenze, devastanti per la credibilità delle istituzione europee e imbarazzanti per la reputazione di quelle nazionali. Oggi Berlino si trova nella difficile condizione di dover rispettare l’autonomia della Bce, la giurisdizione del Lussemburgo e la sentenza costituzionale di Karlsruhe, in aperto contrasto tra loro. Il triplice dilemma è finito quindi al centro dei lavori del Bundestag che, insieme al Governo federale, è stato trascinato nella disputa dai giudici perché  costituzionalmente chiamato a contrastare le politiche “sproporzionate” della Bce. In alternativa, passati tre mesi, la Banca Centrale tedesca deve tassativamente uscire dai programmi d’acquisto di Francoforte. Sarebbe la rottura dell’euro.

Molti gli esperti chiamati ad aiutare il Parlamento tedesco a venir fuori dall’impasse: tra gli altri, Christian Calliess (Freie Universität Berlin), Claus-Dieter Classen (Universität Greifswald), Marcel Fratzscher (DIW), Martin Höpner (Max-Planck-Institut für Gesellschaftsforschung), Franz C. Mayer (Bielefeld), Dirk Meyer dell’Università federale delle Forze Armate. Dai documenti depositati prima delle audizioni è emerso come tutti siano d’accordo su un punto: il verdetto della Corte non può e non deve essere ignorato né dal Bundestag né dal Governo federale. Al tempo stesso tutti paiono concordare che la Bundesbank, essendo indipendente dalla politica tedesca, non può avere indicazioni da Parlamento ed esecutivo. Non può quindi ricevere input per sollecitare la Bce a giustificare il suo operato o essere invitata a uscire dai programmi di acquisto.

Gli esperti sono consapevoli che la Bce non può far nulla che metta a repentaglio la sua indipendenza agli occhi degli altri Stati membri. Se l’Eurotower rispondesse alle istituzioni tedesche, altri Paesi potrebbero dubitare del suo operato o della reale efficacia delle sentenze della Corte del Lussemburgo.L’europarlamentare Sven Simon (titolato nella sua veste a partecipare alle Commissioni affari Ue) ha annunciato di aver inviato oggi una lettera all’Eurotower chiedendo di “giustificare la proporzionalità” del suo programma PSPP. Entro sei settimane dovrebbe arrivare una risposta che si rivelerà comunque inutile, sul piano formale, per uscire dallo stallo giuridico. Il verdetto di Karlsruhe ha espressamente stabilito che la Bce deve giustificarsi attraverso una nuova decisione del Consiglio Direttivo, non basterà certo una letterina.

Alla fine di un dibattito durato più di tre ore nessuno è stato in grado di fornire una soluzione esaustiva. Come ha riportato nella sua fedele cronaca delle audizioni l’esperto di diritto finanziario Sebastian Grund, sono però emersi alcuni orientamenti complessivi. Diversi economisti e giuristi si sono detti d’accordo con la proposta fatta dai parlamentari liberali e dell’Spd di chiedere l’inclusione della valutazione di proporzionalità all’interno della relazione annuale della Bce.

Pochi invece hanno espresso approvazione per la sentenza della Corte, e uno solo, il professor Meyer dell’Università federale delle Forze Armate, ha sostenuto una linea di rottura con le politiche della Bce, arrivando a ipotizzare una moneta unica valida solo per il nord Europa. Già nel suo documento depositato al Parlamento tedesco, Meyer ha avanzato proposte balzane come quella di sottoporre al controllo parlamentare della Commissione nazionale i programmi della Bce o, in alternativa, l’uscita della Bundesbank dal Quantitative easing. Il docente della Helmut Schmidt ha anche proposto di modificare il “peso”  degli Stati nel Consiglio Direttivo dell’Eurotower, dando ai rappresentanti delle Banche centrali nazionali diritti di voto pari alla quota dei loro Paesi nel capitale della Bce.

Sul fronte politico alcuni membri della Cdu e l’ultradestra di AfD hanno difeso la sentenza tedesca, mentre la sinistra e i Verdi hanno messo in guardia sulle implicazioni legali e istituzionali. La maggior parte degli esperti ha comunque concordato sulla necessità di tenere toni bassi e non alimentare lo scontro tra Karlsruhe e Francoforte/Lussemburgo, dal momento che il rischio di una procedura di infrazione c’è ed è serio. Tirando le somme: il dibattito è solo all’inizio e non c’è una idea chiara su come uscirne senza che nessuno si faccia male. Come ben sintetizzato da Grund, l’idea comune è che attraverso sollecitazioni di europarlamentari, audizioni e report annuali la Bce possa spiegare il suo operato in modo che la Corte tedesca lo giudici adeguato e bagni le polveri dello scontro con Francoforte. Si fa tuttavia sempre più evidente che qualcuno dovrà “forzare” il suo giudizio non esistendo una soluzione formalmente inattaccabile in grado di soddisfare tutti gli attori in gioco, a Berlino come a Bruxelles. Ma che le sorti dell’euro debbano passare - anche - per una commissione parlamentare di Berlino la dice lunga sulla grave crisi di valori in cui versa tutta l’Eurozona.