Le sanzioni in siria contro assad hanno funzionato? non proprio, non hanno indebolito il regime e..
AD OGNI SANZIONE CORRISPONDE UNA REAZIONE – LE RESTRIZIONI ECONOMICHE IN SIRIA CONTRO ASSAD HANNO FUNZIONATO? NON PROPRIO. INVECE CHE INDEBOLIRE IL REGIME HANNO DISTRUTTO LA SOCIETÀ E CONDANNATO LA POPOLAZIONE ALLA FAME – LA DESTITUZIONE DEL DITTATORE È FALLITA E IL TERRITORIO È TORNATO SOTTO CONTROLLO DELL’ESERCITO GOVERNATIVO. HA ANCORA SENSO MANTENERE QUESTE SANZIONI?
Ferdinando Fedi* per www.opinione.it
* generale dei Carabinieri, già capo dell'Ufficio Generale Affari Giuridici dello Stato Maggiore della Difesa.
Fra alcuni giorni scadono i termini delle sanzioni economiche alla Siria prorogate alla fine di maggio dello scorso anno. Esistono dall’inizio della guerra civile nel 2011 e non furono decretate dalle Nazioni Unite, come di solito avviene, ma dal Consiglio dell’Unione europea.
Le restrizioni inflitte per far cadere Bashar al-Assad hanno messo la Siria in ginocchio e l’hanno isolata dal sistema economico e bancario. Il commercio estero si è azzerato, i fondi sovrani del governo sono congelati e anche le rimesse degli espatriati siriani, importanti per l’economia di un Paese in conflitto, sono ostacolate dall’embargo.
In questi anni le sanzioni, lungi dall’indebolire Assad, hanno condannato la popolazione siriana alla fame, hanno distrutto la società con gravi ripercussioni anche sul sistema sanitario non più in grado di far fronte neppure alle esigenze minimali.
Come spesso avviene in queste circostanze, fame, miseria e malattie hanno agevolato l’attivismo delle milizie combattenti integraliste che riescono maggiormente nell’opera di proselitismo proprio quando le situazioni sono di grave disagio.
Il petrolio costituiva oltre il 50 per cento delle esportazioni del Paese prima del conflitto, ora i cittadini siriani passano ore in coda per approvvvigionarsi pochi litri di carburante e le fabbriche sono tutte chiuse per mancanza di materie prime.
Il progetto di realizzare un cambio di regime in Siria, che avrebbe condannato il Paese all’instabilità come avvenuto in Libia e in Iraq, è fallito ma si continua comunque a perseguire l’obiettivo agendo sulle condizioni della popolazione. Gran parte del territorio è infatti tornata sotto controllo dell’esercito governativo e solo la provincia di Idlib, nella regione nord ovest, resta la roccaforte dei ribelli.
Questa è dunque la disperata situazione e i siriani, impossibilitati a sopravvivere, sperano in un futuro solo scappando dalla loro terra. Quella che era iniziata come una guerra giustificata dal principio della “responsabilità di proteggere” un Paese accusato di violare sistematicamente i minimi diritti umani, si è ora trasformata in una lesione di quei diritti proprio da parte della Comunità internazionale che li voleva difendere.
Si devono pertanto sostenere tutte gli appelli e le iniziative umanitarie affinché sanzioni così devastanti per la vita quotidiana di ogni siriano non siano prorogate alla imminente scadenza anche per non far apparire ipocrita la retorica sui profughi che scappano e devono essere protetti. Spostiamo la retorica sulla dignità del popolo siriano e sui relativi diritti a minimi standard di vita ora soffocati dalle sanzioni.