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Andrée Ruth Shammah, milanese, regista teatrale e anima del Franco Parenti di Milano

Shammah: “Siamo pronti a riaprire. Il teatro deve ritrovare il contatto con il pubblico”

Intervista con la direttrice artistica del Franco Parenti: «Partiremo con monologhi all’aperto ai Bagni Misteriosi, poi vedremo. Le mascherine in scena? Non mi sembrano un problema»

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Dopo l’“esilio” causa Covid-19 nella sua cascina in campagna, Andrée Ruth Shammah si è reinstallata a “casa”, vale a dire il Teatro Franco Parenti, uno dei perni della cultura milanese, non solo teatrale. E anche se in questi mesi non ha perso il contatto col pubblico con il fitto programma di #CasaParenti a base di pillole video della stessa regista, spettacoli in streaming e lezioni magistrali, Shammah è pronta alla battaglia per il “nuovo teatro”: «Siamo pronti a riaprire, stiamo pensando a monologhi per piccoli gruppi nel parco del teatro ai Bagni Misteriosi, accanto alla piscina, all’aperto, per vedere come reagisce: piccoli testi interattivi col pubblico per provare a ristabilire il contatto».

E poi, si riparte veramente?
«Sì, stiamo pensando di riaprire a seguire con il monologo di Filippo Dini, “Locke”, saltato proprio all’inizio del lockdown: uno spettacolo per sole 200 persone in Sala Grande secondo le nuove direttive: prima però facciamo qualcosa all’esterno per non creare angoscia nel pubblico ma al contrario serenità».

Pensa che il pubblico verrà?
«Lo spero, stiamo facendo tutto perché ci siano le massime condizioni di sicurezza. Comunque con le giuste misure era necessario ripartire, e quest’estate serve anche per provare a capire cosa faremo in autunno visto che ci sono probabilità che ci sia una seconda ondata del virus».

Con spettacoli limitati a 200 persone in sala e gli attori magari con le mascherine: molti suoi colleghi sono scettici per non dire peggio…

«Certo è difficile, i teatri temono di non poter pagare le compagnie se hanno solo 200 spettatori. Per quanto riguarda le mascherine, per gli attori invece mi sembra una forma di sensibilità verso il pubblico: se lo spettatore ce l’ha, non mi sembra una tragedia almeno per un certo periodo, visto che l’attore è il suo pubblico si mette in sintonia».

Quindi, ha senso riaprire così?
«Vediamo, intanto proviamo adesso a portare un po’ di allegria e di ripristinare un contatto col pubblico e anche, consentitemelo, di riaccendere un po’ di amore per la vita che questo virus ha soffocato instillando una paura forse anche esagerata per la morte: senza rischi inutili, il teatro è soprattutto due cose: amore per il pubblico e amore per la vita».

Se non è ancora possibile programmare la prossima stagione, almeno come se la immagina, dovendo ripartire da zero?
«Pensiamo di offrire un abbonamento a 5 spettacoli al buio sulla fiducia, che probabilmente saranno monologhi ma non è ancora detto. Se poi dovremo richiudere li faremo valere per tutta la stagione, magari partiamo a gennaio… Vediamo se arriverà il vaccino, ma intanto dobbiamo essere preparati al peggio, a una seconda ondata, ma non ci faremo abbattere».