Variante più debole del coronavirus identificata a Brescia: potrebbe diventare tra le dominanti
Gli scienziati del Laboratorio di Microbiologia dell’ASST Spedali Civili di Brescia, guidato dal professore e presidente della Società Italiana di Virologia Arnaldo Caruso, hanno identificato una variante più debole del coronavirus SARS-CoV-2 in un paziente asintomatico. Per iniziare ad attaccare le cellule umane in vitro ha bisogno fino al triplo del tempo che le varianti “classiche” del patogeno impiegato per distruggere un’intera coltura.
by Andrea CentiniUna variante del coronavirus SARS-CoV-2 meno aggressiva di quelle che hanno imperversato negli ultimi mesi è stata individuata in un paziente a Brescia. In futuro questa e altre forme "indebolite" del patogeno emerso in Cina potrebbero diventare quelle dominanti. Potremmo dunque essere innanzi al primo segnale dello scenario ipotizzato da diversi virologi, secondo i quali il nuovo coronavirus, dopo essersi manifestato inizialmente nella sua forma più virulenta e in grado di uccidere l'ospite, potrebbe attenuarsi fino a diventare un nostro virus convivente, decisamente meno scomodo e pericoloso.
Ad annunciare la scoperta di questa variante del virus è stato il professor Arnaldo Caruso, direttore del Laboratorio di Microbiologia presso l'Azienda Socio Sanitaria Territoriale (ASST) Spedali Civili di Brescia, docente di Microbiologia all'Università degli Studi di Brescia e presidente della Società Italiana di Virologia (SIV-ISV). La debolezza del ceppo identificato è stata dimostrata in esperimenti in vitro: solo per iniziare ad aggredire le cellule umane, infatti, ha impiegato un tempo dal doppio al triplo superiore di quello necessario alle varianti “originali” per distruggere un'intera coltura. “Mentre i ceppi virali che siamo stati abituati a vedere in questi mesi, che abbiamo isolato e sequenziato, sono ‘bombe biologiche' capaci di sterminare le cellule bersaglio in 2-3 giorni, questo per iniziare ad attaccarle ha bisogno minimo di 6 giorni”, ha dichiarato Caruso ad Adnkronos Salute.
Ma come hanno fatto gli scienziati a individuare questa forma meno aggressiva del SARS-CoV-2? Il virologo ha sottolineato che gli ultimi tempi i pazienti sottoposti al tampone rino-faringeo risultano positivi in modo molto debole, e non più significativo come prima. In pratica, le concentrazioni del virus analizzate nei campioni biologici sottoposti al test di reazione a catena della polimerasi inversa in tempo reale (RT-PCR) sono sensibilmente inferiori rispetto a quelle che venivano osservate in precedenza. Le infezioni, chiamate COVID-19, risultano “molto leggere, quasi inapparenti. Si vede il virus in dosi molto, molto ridotte”, ha spiegato Caruso all'ADNKronos. Poi però è stato ottenuto un tampone con una concentrazione virale massiccia, ma in un paziente senza alcun sintomo (si stima che il 25 percento dei contagiati dal SARS-CoV-2 sia asintomatico, in base a quanto dichiarato dal dottor Robert Redfield, direttore dei Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie – CDC americani).
Rimasti sorpresi da questo tampone "anomalo" rispetto alla tendenza attuale, i ricercatori hanno deciso di isolare il virus e testarlo in provetta per verificare il suo comportamento. È così che hanno dimostrato la sua debolezza nell'aggredire le cellule umane, risultando decisamente meno potente dei letali ceppi della fase acuta della pandemia. Non solo impiegava molto più tempo per iniziare il suo attacco, ma non riusciva nemmeno "a uccidere tutte le cellule", ha spiegato Caruso. Lo scienziato, che ha voluto anticipare i risultati della ricerca – che sarà regolarmente pubblicata su una rivista scientifica – per lanciare un messaggio di speranza, ha dichiarato che non è ancora noto “se e quanto circoli questa variante, né se sia geneticamente diversa dalle altre”. “Possiamo però dire che qualcosa sta succedendo”, ha concluso Caruso.
I risultati sul numero dei contagiati, dei positivi e dei posti in terapia intensiva continuano a essere incoraggianti; non resta che attendere per sapere se davvero l'estate, i sacrifici fatti dagli italiani fino ad oggi e la circolazione di varianti meno aggressive stiano davvero ponendo fine all'epidemia, perlomeno nel nostro Paese così duramente colpito.