Taiwan si schiera con Hong Kong. Ma la Cina tira dritto

La presidente taiwanese: "Massimo supporto a chi lotta per i valori che ritengono più cari". Joshua Wong: "Ci aspettiamo atti concreti dagli Usa contro Pechino"

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La Cina marcia tra due fuochi che non ne arrestano l’azione. Taiwan si schiera con la protesta di Hong Kong, ma dall’Occidente le parole di condanna non scalfiscono l’obiettivo di Pechino di approvare in tempi brevi la legge sulla sicurezza che di fatto reprimerà ogni dissenso nell’ex colonia britannica. “A tutti coloro che stanno attualmente lottando per i valori che ritengono più cari, voglio dire che Taiwan ha sempre dato la massima preoccupazione e supporto”, ha scritto su Twitter la presidente Tsai Ing-wen. “Il nostro Governo sta monitorando da vicino gli sviluppi e rispondendo con cautela per garantire in pieno sicurezza e interessi nazionali”.

La Cina è risoluta ad approvare la legge sulla sicurezza nazionale per la Regione amministrativa speciale di Hong Kong. Aprendo la seconda sessione plenaria del Congresso nazionale del popolo, il presidente Li Zhansu ha detto di essere “fiducioso che attraverso lo sforzo congiunto di tutti i delegati, saremo in condizioni di ultimare questo importante compito legislativo”.  La mossa darà “garanzie più solide per rafforzare la sovranità, la sicurezza e lo sviluppo degli interessi della nazione e per assicurare a Hong Kong la prosperità e la stabilità di lungo termine”.

Migliaia di manifestanti si sono scontrati ieri con la polizia nell’ex colonia a causa della legge sulla sicurezza nazionale in discussione a Pechino. La stretta di Pechino su Hong Kong è destinata a pesare sui rapporti tra l’ex colonia e l’isola ‘ribelle’, ritenuta tale dalla madrepatria con cui è destinata prima o poi a riunificarsi anche con la forza, se necessario, secondo le autorità della Repubblica popolare. Sulla sua pagina Facebook, la presidente di Taiwan Tsai ha scritto ieri sera che la norma in discussione sulla sicurezza nazionale di Hong Kong rappresenta una grave minaccia alle libertà e all’indipendenza giudiziaria della città e che Taiwan avrebbe dato ai suoi residenti “la necessaria assistenza”. Taipei ha ottimi rapporti con le due Regioni amministrative speciali, Hong Kong e Macao, e permette agli abitanti delle due città di visitare e investire nell’isola con procedure speciali e più favorevoli, rispetto al resto della Cina continentale. Tsai, nel suo post, ha notato che se gli scenari a Hong Kong dovessero cambiare, lo status speciale potrebbe essere revocato. “Speriamo che la situazione non arrivi a quel livello, seguiremo con attenzione gli sviluppi e prenderemo le necessarie e relative misure al momento più appropriato”. Qualsiasi mossa di Taipei rischia di irritare Pechino che ha più volte lamentato il sostegno agli attivisti di Hong Kong, fino a parlare di collusione per un complotto sull’indipendenza. L’ex colonia britannica è la seconda principale destinazione dell’export di Taiwan, dopo la Cina. Il numero di immigrati di Hong Kong verso l’isola ha avuto un balzo annuo del 150%, a 2.383, nei primi quattro mesi del 2020, secondo i dati di Taipei.

Joshua Wong, leader della protesta di Hong Kong, chiede atti concreti all’Occidente, in particolare agli Usa.  La legge sulla “sicurezza” voluta da Pechino per Hong Kong “uccide il futuro del movimento democratico”, riguarda anche gli investitori e la comunità internazionale - l’Unione Europea in particolare così come gli Stati Uniti - non può restare a guardare. Parlando all’Adnkronos Wong conferma “l’organizzazione di proteste nel prossimo futuro” dopo l’escalation del fine settimana. “Le azioni parlano più forte delle parole”, esordisce rispondendo via mail a una domanda su un messaggio da recapitare a Washington. “Chiediamo al Governo degli Stati Uniti di attuare l’Hong Kong Human Rights and Democracy Act, imporre sanzioni alla Cina e includere clausole sui diritti umani in relazione a Hong Kong negli accordi commerciali”, dice con un riferimento alla legge firmata lo scorso anno da Donald Trump che prevede sanzioni contro i funzionari ritenuti responsabili di violazioni delle libertà e di gravi violazioni dei diritti umani. “Ancora una volta vi chiediamo di stare dalla parte di Hong Kong”, twitta nel frattempo con l’appello rivolto agli Usa.