Assistenti civici, la risposta sbagliata ad un’esigenza giusta
by Valeria FedeliNei prossimi giorni dovrebbe essere pubblicato il bando per reclutare 60mila “assistenti civici” che, coordinati dalla Protezione Civile, avrebbero il compito di “dare una mano” a far rispettare le regole durante la “Fase 2”. La proposta, annunciata dal ministro Boccia e dal presidente dell’Anci e sindaco di Bari Antonio Decaro, sta già sollevando molte polemiche. Al di là del merito e delle modalità che ne renderanno possibile la messa in atto, il mio timore è che si stia rischiando di dare la risposta sbagliata a un’esigenza giusta, ossia quella di sostenere le amministrazioni locali nel difficile e delicato compito di garantire la salute e la sicurezza pubbliche insieme al diritto alla socialità dopo un lungo periodo di isolamento.
In attesa di leggere cosa ci sarà sugli Assistenti civici? No a improvvisazioni, sì a un servizio civile nuovo, più strutturato e con più risorse. Quello che per ora sappiamo dalle anticipazioni dei giornali è che gli “assistenti civici” non percepiranno alcuno stipendio, verranno dislocati nelle strade, nelle piazze e nei parchi e avranno il compito di ricordare “con gentilezza” l’uso delle mascherine, il mantenimento delle distanze di sicurezza e il divieto di assembramenti. Potranno essere impiegati per dare sostegno alle fasce più deboli della popolazione, anche se non è chiaro esattamente come.
Se dovesse trattarsi di distribuire spesa o medicinali a domicilio, già in queste settimane moltissimi enti no profit, associazioni del terzo settore ecc, hanno svolto esattamente questo utile servizio, oltre ad altri che le regole sul distanziamento fisico hanno consentito, anche coinvolgendo cittadine e cittadini che hanno voluto, con tutte le necessarie precauzioni, mettersi a disposizione evitando però improvvisazioni e sempre seguendo le indicazioni di chi, proprio perché formato a farlo, ha già esperienza sul campo e ha potuto trasmetterla.
Il limite e il rischio che intravedo nella proposta attuale è che senza formazione e protocolli specifici anche un’iniziativa dettata da scopi meritori possa limitarsi a sostanziarsi quasi esclusivamente in una sorta di controllo sociale sui comportamenti delle persone con il rischio, peraltro, che siano commessi errori di valutazione dettati da deficit di preparazione, di competenza e anche di esperienza.
Ecco perché, già nei giorni scorsi, con una lettera pubblicata su Avvenire, insieme a Gianni Pittella mi sono fatta portavoce di una proposta per ampliare, dopo una specifica formazione, gli ambiti di intervento di un “servizio civile nuovo”, per dare maggiore autonomia alla struttura dipartimentale che lo governa e un carattere di maggiore continuità temporale e funzionale ai progetti che lo regolano anche con ulteriori e necessarie risorse per consolidare nel tempo le esperienze e l’organizzazione e non precarizzarle con bandi e progetti annuali.
Oggi più che mai abbiamo bisogno di rendere strutturale questa dimensione di impegno civile, di aumentare la presenza sul territorio di persone in grado di mettere le proprie competenze e il proprio tempo a disposizione della collettività non come risposta emergenziale alla crisi dettata dalla pandemia ma come scelta strategica per rafforzare gli argini rispetto al rischio di derive protezionistiche, di chiusura che indebolirebbero ancora di più gli strati più fragili della popolazione.
Penso per esempio alla scuola, a quanto sarebbe utile formare e poter contare su volontari in grado di dare supporto scolastico alle ragazze e ai ragazzi che a causa del Covid-19 non hanno potuto fruire della didattica a distanza e sentirsi pienamente inclusi nella propria comunità scolastica con un inevitabile aumento delle disuguaglianze e della dispersione.
Ed è proprio al fine di potenziare il servizio civile universale, anche quale strumento di tutela dei territori e di sostegno alle comunità (come richiesto dai sindaci attraverso l’Anci che si è fatta promotrice della proposta degli “assistenti civici”) che presenteremo degli emendamenti al Decreto Rilancio da una parte per ampliare appunto gli ambiti di intervento dall’altra per stabilizzare il contingente complessivo di operatori volontari da avviare al servizio civile universale attraverso un incremento del Fondo nazionale per il servizio civile di oltre 371 milioni di euro fino al 2022 e di 270 milioni a decorrere dal 2023.
Mi auguro ci sia la possibilità di discuterne, soprattutto ascoltando e coinvolgendo quelle realtà e associazioni che da anni operano sul campo in modo qualificato (e quindi anche rilanciando la Consulta Nazionale per il Servizio civile) e di trovare la più ampia convergenza possibile per mettere in campo interventi strutturali e non pasticciati, offrire risposte concrete, serie, affidabili a problemi e bisogni altrettanto seri e complessi senza rischi per la coesione sociale, evitando un’inutile quanto pericolosa contrapposizione tra cittadini “controllori” e cittadini “controllati” ma anzi rafforzando quel senso di fiducia reciproca tanto necessaria in questo momento per far sentire tutti partecipi della ripartenza.