Enrico letta: l’unione europea metta direttamente i soldi nelle tasche di imprese e cittadini
“L’UNIONE EUROPEA METTA DIRETTAMENTE I SOLDI NELLE TASCHE DI IMPRESE E CITTADINI” - ENRICO SOTTI-LETTA BUSSA A DENARI ALL’UE: “CI VUOLE UNO SFORZO DELLA BUROCRAZIA EUROPEA, CHE NON È PEGGIO DI QUELLA ITALIANA - AUSTRIA, DANIMARCA, OLANDA E SVEZIA? LA LORO PROPOSTA È UN MODO PER NON SEDERSI NEMMENO A TRATTARE. DEVONO ESSERE CONSAPEVOLI DELLE LORO DIMENSIONI: SOLO DUE - AUSTRIA E OLANDA - SONO NELL'EURO. NON SI PUÒ FERMARE TUTTO PER L'AVARIZIA DI DUE PAESI…”
Francesca Schianchi per “la Stampa”
«È stato bello tornare a messa, nella parrocchia dei Salesiani di Testaccio. Anche se con la mascherina e distanziati, è un' abitudine che riprende». L'ex premier Enrico Letta ha trascorso il lockdown a Roma. Professore alla facoltà di Sciences Po, ha lasciato Parigi a metà marzo, poche ore prima che il presidente Macron chiudesse le frontiere. Ora, pian piano, si torna alla normalità, «ma percepisco in giro ancora tensione, troppi sguardi in cagnesco». E troppo «euroscetticismo»: per questo, lancia una proposta che provi a cambiare il sentimento dell' opinione pubblica verso la Ue: «I fondi che si stanno negoziando in Europa non vengano distribuiti dai singoli Stati: sia direttamente Bruxelles a metterli nelle tasche di cittadini e imprese».
Cosa cambia?
«C' è uno scarto impressionante tra quello che sta facendo l' Europa e la percezione dei cittadini: secondo i sondaggi, molti credono che ci stiano aiutando più Cina e Russia, con qualche milione di euro, dell' Unione europea che sta mettendo miliardi. La gente deve percepire che le risorse che ci aiuteranno a ripartire sono targate Ue».
Se sono gli Stati nazionali a distribuire i fondi Ue questa percezione non passa?
«Rischia di non passare, e che anzi l'Europa ne abbia un danno di immagine. I politici nazionali si intesteranno i meriti, e faranno il solito gioco di individuare nell' Europa il capro espiatorio. "Vi avremmo dato di più, ma non possiamo per colpa della Ue": scopriamo questo bluff».
Non sembra facile costruire un meccanismo per cui Bruxelles possa erogare fondi direttamente all' albergatore portoghese come al lavoratore italiano
«Non è facile ma si può fare. Ci vuole uno sforzo della burocrazia europea, che non è peggio di quella italiana. Bisogna costruire un meccanismo per la gestione dei fondi come fu l' Erasmus per lo studio: evoca l' Europa appena se ne pronuncia il nome».
I cosiddetti Paesi frugali chiedono di concedere solo prestiti brevi e condizionati a riforme. Cosa ne pensa?
«Il termine frugale ha un' accezione positiva. Preferisco come vengono chiamati in Francia: Paesi radins».
I Paesi «tirchi».
«La loro proposta non si può definire tale, è un modo per non sedersi nemmeno a trattare. È la premessa per arrivare all'opting out inaugurata dall'Inghilterra: quando si contrapponeva talmente a qualunque forma di avanzamento dell'integrazione europea da far passare l'idea che gli altri andassero avanti a negoziare mentre loro si tenevano fuori. Lo hanno fatto in varie occasioni, con l'euro, con Schengen».
Austria, Danimarca, Olanda e Svezia tentano la stessa strategia?
«Sì, ma devono essere consapevoli delle loro dimensioni: solo due - Austria e Olanda -sono nell' euro, e due su 19 sono una piccola minoranza. Non si può fermare tutto per l'avarizia di due Paesi».
Mercoledì la presidente Von der Leyen farà la sua proposta. Cosa pensa di quella franco-tedesca da 500 miliardi?
«Quel piano è fondamentale nel metodo: si creano gli eurobond senza chiamarli così.
Quando la Germania dà il via libera a bond garantiti dalla Commissione, si mutualizza il debito futuro. È un passo avanti della Merkel gigantesco. E c'è un altro aspetto innovativo».
Quale?
«Si esce dalla logica del "prima gli italiani" o "prima i tedeschi" e si sostituisce con "prima chi ha bisogno". Così nasce l' Europa sociale di Delors e poi Prodi, bloccata per anni dal veto inglese. Recovery Fund, Sure e Mes sanitario fanno nascere una nuova Europa. E non è un caso che avvenga tre mesi dopo l' uscita dell' Inghilterra: forse la Brexit non è stata solo negativa».
Lei si è detto favorevole a usare il Mes, purché lo facciano anche gli altri. Ma Spagna e Francia non sembrano dell' idea
«Bisogna fare di tutto per convincerli. A noi serve, la sanità ha bisogno di investimenti, e il rischio è che, passata l' emergenza sanitaria, ci si occupi solo di economia».
Nella maggioranza ci sono forti resistenze: alla fine l' Italia dirà sì?
«Non lo so, mi sembra una scelta in bilico. Ma sarebbe un errore non usarlo».
Nelle settimane scorse ha predicato unità nella classe politica. Che impressione le ha fatto la rissa di giovedì scorso alla Camera?
«La situazione sta peggiorando sia tra maggioranza e opposizione che all' interno della maggioranza: dalla scuola alle concessioni autostradali, è una lite continua. È molto preoccupante, perché in questo momento non ci sono margini di errore. E non è una frase fatta».
Lei fa il prof in Francia, dove le scuole hanno riaperto, almeno in parte. Qui no. Abbiamo fatto bene noi o loro?
«In Francia il calendario è diverso, le scuole proseguono fino a fine giugno. Qui si è fatto bene a non riaprire per poche settimane, correndo dei rischi. Ora il tema è però quello di aiutare i ragazzi che vivono un disagio: la didattica a distanza non consente di stare loro vicini. A settembre bisogna fare di tutto perché la parte in presenza sia estesa il più possibile».
Gira il suo nome come candidato sindaco di Roma. È un' ipotesi reale?
«No, non sarò io».