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Storie Maledette torna con il femminicidio di Dina Dore: uccisa su ordine del marito

Dina Dore, uccisa davanti alla figlioletta di otto mesi e nascosta nel bagagliaio della sua auto a Gavoi, in Sardegna. Questo il caso scelto da Franca Leosini per la prima puntata dell’edizione 2020 di Storie Maledette, lo storico format di interviste scritto e condotto dalla giornalista napoletana. A rispondere alle domande sarà Francesco Rocca, all’epoca marito della vittima, oggi condannato all’ergastolo.

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Dina Dore, uccisa davanti alla figlioletta di otto mesi e nascosta nel bagagliaio della sua auto a Gavoi, in Sardegna. Questo il caso scelto da Franca Leosini per la prima puntata dell'edizione 2020 di Storie Maledette, lo storico format di interviste scritto e condotto dalla giornalista napoletana. Sarà Francesco Rocca, all'epoca marito della vittima, a rispondere alle domande dell'intervista dal carcere dove è recluso dopo la condanna all'ergastolo confermata in Cassazione come mandante del delitto.

I fatti risalgono al 26 marzo 2008, quando a Gavoi, in Sardegna il dentista Francesco Rocca ha denunciato il sequestro di sua moglie Dina Dore, 37 anni. Sarà proprio lui a segnalare il ritrovamento del corpo senza vita della moglie nel bagagliaio della Punto rossa parcheggiata nel loro garage, a pochi metri dal seggiolino dove Dina aveva aveva sistemato la figlioletta Elisabetta, di otto mesi. Il corpo di dina era avvolto nello scotch, elemento che si rivelerà indispensabile per confermare le accuse nei confronti dei responsabili. Secondo la ricostruzione processuale a determinare il piano omicida da parte del Rocca, professionista stimato e figlio dell'ex sindaco di Gavoi, sarebbe stata la volontà di mettere fine al matrimonio evitando le conseguenze economiche di un divorzio.

A gettare luce sul caso è stata la testimonianza di Stefano Lai. L'uomo ha riferito di aver ricevuto da Pierpaolo Contu, operaio all'epoca dei fatti minorenne, una sorta di confessione: "L'ho uccisa io –  disse al Lai – Rocca mi ha pagato 250 mila euro per farlo". Proprio al giovane operaio apparteneva il DNA maschile trovato sullo scotch che avvolgeva il corpo della povera Dina.A spingere Rocca a commissionare l'assassinio della moglie, sarebbe stato l'amore per Anna Guiso, assistente nello studio dentistico. "Io ti amo da sempre – le avrebbe detto il dentista – di lei (sua moglie Dina, ndr) non mi è mai fregato niente, meritava la fine che ha fatto”. Alla sbarra dei testimoni al processo, Guiso racconta della breve relazione, a cui aveva messo fine lei stessa, con l'imputato. "Per un anno la nostra storia è andata avanti, ma poi mi sentivo oppressa e ad agosto 2009 (un anno dopo il delitto, ndr) mi sono licenziata. Da allora mi ritrovavo Francesco ovunque. Mi pedinava, mi mandava sms e bigliettini minacciosi. Quando mi vedeva sputava e mi faceva il gesto del dito in gola, qualche volta mi ha minacciato con la pistola. Avevo paura che mi uccidesse”. Il 21 settembre 2018 la Corte di Cassazione ha condannato in via definitiva Rocca come mandante dell'omicidio della moglie, confermando i due precedenti gradi di giudizio.