Mediazione immobiliare: disciplina e norme

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L’incarico di vendita è l’atto con cui generalmente si instaura un rapporto di mediazione. Anche se la forma scritta non rileva ai fini della validità ed efficacia del contratto, è ormai consolidata prassi commerciale, di avvalersi di modelli prestampati. Detta modalità di conferimento dell’incarico, rappresenta il modus procedendi per i soggetti che esercitano la mediazione immobiliare.

In detti moduli o formulari, vengono inseriti alcuni dati relativi alla vendita, compilando i campi a disposizione. In particolare, vengono indicati: proprietario, immobile, condizioni e modalità di pagamento, termini per la stipula del preliminare e del rogito. Inoltre, vengono pattuiti anche aspetti complementari alla compravendita quali: riconoscimento di provvigioni e di rimborsi spese, penali per recessi senza giusta causa, recesso, esclusività dell’incarico etc…Requisito di validità del modello prestampato è rappresentato dalla indicazione del legale rappresentante e della sua iscrizione al ruolo degli agenti immobiliari.

Disciplina della mediazione immobiliare

A disciplinare la materia della mediazione sono intervenuti il DM n. 452/90 e la legge 39/89. Essi sono intervenuti ancor prima della emanazione della legge a tutela dei Consumatori, (L. 52/96) e quindi del Codice del Consumo (d.lgs. 206/05). Le predette, introdussero importanti regole a garanzia degli utenti del servizio di mediazione. Tra queste è bene ricordare: –  l’art. 5, comma 4 L. 39/89 che prevedeva, in caso di uso di formulari o moduli, il preventivo deposito degli stessi presso la Commissione delle iscrizioni e ruolo e della tenuta degli albi; – l’art. 17 del DM 452/90 che prevede ed impone una formulazione “chiara e facilmente comprensibile, ispirata ai principi della buona fede contrattuale”.

Inoltre, nel formulario devono essere riportati gli estremi dell’iscrizione a ruolo dell’agente o del legale rappresentante o del preposto in caso di società; – l’art. 18 DM 452/90 che prevede le sanzioni disciplinari per la violazione degli obblighi imposti dalla legge. Successivamente, con l’entrata in vigore del Codice del Consumo, si sono aperte nuove questioni, soprattutto, in ordine alla vessatorietà delle clausole inserite negli incarichi di vendita. La vessatorietà, fin dall’inizio, ha riguardato ipotesi di clausole predisposte dal professionista prescriventi: l’irrevocabilità dell’incarico; una previsione di penale in caso di recesso del promittente venditore.

E, ancora, l’esclusività dell’incarico e la deroga al foro competente.

Per quanto concerne: patti di esclusiva, previsione di una penale, irrevocabilità ed esclusiva dell’incarico, l’iniziale qualificazione di vessatorietà, è stata, poi, contraddetta da numerose pronunce. Infatti, si è reputato che dette previsioni rientrassero nell’ambito dell’autonomia contrattuale, quindi nella libera determinabilità delle parti ad assumere obblighi relativi al contratto.

Si è parlato, infatti, a riguardo di mediazione atipica. Le clausole presunte come vessatorie, di cui all’art. 33 del Cod. Cons. possono preservare efficacia/validità solo se soggette a trattativa individuale. L’onere della prova relativo alla sussistenza della trattativa ricade sul professionista, presumendosi altrimenti la vessatorietà. In ogni caso, la giurisprudenza più recente ha concluso valorizzando il concetto di significativo squilibrio. Così, concludendo per la vessatorietà delle clausole su indicate, se di fatto, integranti in danno del consumatore una posizione sproporzionata rispetto a quella del professionista. Di conseguenza, valorizzando l’approccio della valutazione in concreto, si è finito per dichiarare nulle le clausole che, complessivamente, fossero effettivamente dannose per il consumatore. Ciò, comportando, in una valutazione comparativa, un vantaggio per il solo professionista.