In Cile il sistema sanitario è «molto vicino al limite» a causa del coronavirus
Lo ha detto il presidente cileno Sebastian Piñera, spiegando che c'è stato un notevole aumento di richieste di posti di terapia intensiva e di ventilatori polmonari
Domenica il presidente cileno Sebastian Piñera ha dichiarato che il sistema sanitario del suo paese è «molto vicino al limite» a seguito del notevole aumento dei casi di contagio da coronavirus negli ultimi giorni. Durante una visita a un ospedale della capitale, Santiago, che ha il numero più alto di infezioni confermate, Piñera ha spiegato che la sanità cilena rischia il collasso a causa di un notevole aumento di richieste di posti di terapia intensiva e di ventilatori polmonari.
La Società cilena di medicina intensiva il 23 maggio ha diffuso un rapporto secondo cui a quella data erano occupati 1750 posti in terapia intensiva sui 2.068 disponibili, circa l’85 per cento. Erano 1519 i pazienti sottoposti a ventilazione assistita di cui 1120 quelli intubati. Da inizio maggio sono stati creati più di 500 nuovi posti di terapia intensiva. La situazione però si è particolarmente aggravata dal 10 al 23 maggio quando i ricoverati in quei reparti sono passati da 1658 a 2068.
Il ministro della Salute ha detto che nelle ultime 24 ore ci sono stati 3.709 nuovi casi di contagio, portando il totale a 69.102. Il bilancio dei decessi è salito invece a 718. Nonostante la situazione emergenziale, il presidente Piñera ha detto che il paese si deve preparare a una riapertura e a una ripresa delle attività economiche, perché il Cile non può stare «perennemente in quarantena». Piñera ha anche annunciato l’apertura di un nuovo ospedale da campo a Santiago.
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Il primo caso di coronavirus in Cile è stato accertato agli inizi di marzo e un terzo dei circa 19 milioni di abitanti del paese è oggi in quarantena, soprattutto quelli dei grandi centri urbani. Venerdì scorso, quando il totale dei contagi stava raggiungendo i 50mila, il governo ha deciso di inasprire le misure di isolamento, con il blocco totale di alcune grandi città come la capitale Santiago. Contemporaneamente sono state approvate misure di sostegno al reddito: Piñera aveva annunciato che sarebbero stati erogati subito contributi per 1,8 milioni di persone ed entro il 10 giugno per altri 3 milioni. Questo “reddito di emergenza” sarà concesso per tre mesi.
Nonostante questi interventi ci sono state manifestazioni di protesta anche violente in diverse città del paese, soprattutto nei quartieri abitati dalla popolazione più povera che denuncia la carenza di cibo durante l’isolamento. A El Bosque, un quartiere povero alla periferia di Santiago, i manifestanti hanno eretto barricate e lanciato pietre contro la polizia, che ha risposto sparando gas lacrimogeni.
L’emergenza coronavirus ha riacceso le proteste contro il governo che in Cile vanno avanti dallo scorso ottobre, dopo l’approvazione di una legge che aumentava il prezzo del biglietto della metropolitana della capitale Santiago. Sono però proseguite su molti altri temi, tra cui le grandi ineguaglianze nel paese e la Costituzione cilena, redatta ai tempi della dittatura di Augusto Pinochet. A causa della pandemia, il referendum indetto per il 26 aprile per rivedere la Costituzione è stato posticipato al 25 ottobre.
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La situazione del Cile non è diversa da altri paesi sudamericani, dove sono sensibilmente aumentati i casi di coronavirus nelle ultime settimane, come il Brasile, che è oggi il secondo paese al mondo con più casi accertati di contagio (363.211), dietro soltanto agli Stati Uniti che ormai hanno superato il milione e mezzo di contagi.