Perché dopo il Covid aumenteranno vegetariani e vegani
by Massimiliano Di GiorgioUna necessaria premessa, che per qualcuno forse suonerà inutile: vegetariani e vegani, crudisti e frugivori, pescetariani, macrobiotici e flexitariani, possono ammalarsi di Covid-19 come un onnivoro qualsiasi. Non c’è nessuno studio che indichi il contrario.
Probabilmente i vegetariani hanno minori rischi di malattie cardiache - lo indicava a settembre 2019 una ricerca dell’Università di Oxford - ma in compenso per loro aumenterebbero i rischi di ictus. Poi, ovviamente dipende da quanto tempo una persona ha abbracciato un sistema regime alimentare senza o con poca carne (e derivati), da quali patologie soffra, dalla sua età. Ma il vegano (o il vegetariano) “immune” non esiste, per la semplice ragione che il virus si trasmette anche tra gli esseri umani: non soltanto da altri animali a persone e solo in casi sporadici.
Ma è proprio l’origine in altri animali di certi virus, le cosiddette zoonosi, che sembra contribuire all’aumento di coloro che non vogliono più consumare carne. E alcuni segnali economici già si registrano.
In Cina - che pure è il principale allevatore mondiale di suini, tra i principali esportatori di pollame e dove, soprattutto nel sud, c’è una cultura del consumo di carne “esotica” - c’è un boom nella vendita di cibi con proteine vegetali e non più animali, indicava a fine aprile un reportage dell’agenzia Reuters.
E l’India, scrive l’agenzia Afp, registra un forte incremento di domanda anche estera per il cosiddetto jackfruit - o giaca - un grosso frutto molto diffuso nel Sudest asiatico (e in genere ai Tropici) che ha un odore pungente ma che è molto nutriente e considerato nelle diete un possibile sostituto della carne. La ragione di questi cambiamenti almeno momentanei di abitudini alimentari sta proprio nella paura del virus.
Nel 2018, secondo lo Ipsos MORI Global Advisor Survey, i vegetariani erano il 5% della popolazione, mondiale, i vegani il 3%, come i pescetariani, mentre i flexitariani (cioè coloro che normalmente sono vegetariani ma di tanto in tanto consumano carne o pesce) erano il 14%. Le donne sono più “veggie” degli uomini, i giovani degli anziani. La maggior parte delle persone, in Occidente, segue diete senza carne per questione di salute, più che per la preoccupazione per gli altri animali. Soltanto per parlare dell’Europa, a far aumentare il numero dei vegetariani sono state certamente vicende come quelli dei “polli alla diossina” o della “mucca pazza”.
Tra Covid e consumo della carne non c’è un legame direttissimo. Ma la combinazione dello sfruttamento massiccio degli ecosistemi, come la riduzione delle foreste selvagge, e degli allevamenti intensivi di animali da carne (e latte), nonché della maggiore mobilità internazionale, aiuta certamente la diffusione dei virus.
Ecco perché diversi esperti invitano a ripensare il sistema dei consumi, gli stili di vita, imponendo subito standard di sicurezza più elevati ai mercati della carne. Senza dimenticare quanto pesa il sistema degli allevamenti sia sulle risorse alimentari vegetali (è il vecchio ma sempre valido discorso di quanto terreno, acqua, sementi etc si sprecano per dar da mangiare ad animali e che invece potrebbero essere impiegati per produrre direttamente cibo per gli umani) che sulle emissioni di gas a effetto serra.