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Seguendo la bussola arriverai in Siberia

Il polo nord magnetico si sposta verso Est a velocità crescente e il suo campo s’indebolisce. Lo dicono i dati dei satelliti Swarm. Addio allo scudo che ci difende dai raggi cosmici? Come vivremmo se la Terra fosse piatta, cubica o a forma di ciambella

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Il Polo Nord magnetico, quello su cui punta l’ago della bussola, è vagabondo. Lo sappiamo dal 1831, quando per la prima volta la sua posizione fu determinata con precisione. Ma adesso sta esagerando. Abbandonate le lande ghiacciate del Canada, sta attraversando il mar Glaciale Artico e fa rotta verso la Siberia alla velocità di 50-60 chilometri l’anno (disegno). Fino al 1990 lo spostamento annuo era sei volte più lento. L'accelerazione non accenna a diminuire. Di questo passo, nel 2040 il polo nord magnetico finirà, per così dire, sotto il governo di Putin (vuoi vedere che sarà ancora lì?).

Tiro alla fune tra zone magnetiche

Le ultime misure, pubblicate su “Nature Geoscience”, ci vengono dai satelliti Swarm dell’Agenzia spaziale europea, una flotta di tre sonde lanciate nel 2013. I nuovi dati confermano che la posizione del polo magnetico dipende dal “tiro alla fune” tra due zone di flusso magnetico negativo che si trovano sotto la crosta (o litosfera) del Canada, confinate tra il “mantello” e il nucleo fuso della Terra. Costituito da silicati contenenti ferro e magnesio, spesso 2900 chilometri, il mantello è lo strato parzialmente fluido che sta tra il nucleo e la crosta terrestre. La sua relativa fluidità agevola lo spostamento delle regioni magnetiche scoperte in profondità, spostamento che sembra destinato a continuare, o addirittura preludere a un rovesciamento nord-sud della polarità magnetica del nostro pianeta, evento che si ripete più o meno ogni trecentomila anni.

Anomalia del Sud Atlantico

Con l’arrivo dei satelliti di navigazione GPS, poli magnetici e bussola sono finiti nell’antiquariato. Dunque nessuna preoccupazione. C’è invece qualche ansia per un altro fenomeno: il campo magnetico della Terra, che ci protegge dalle tempeste solari e dai raggi cosmici galattici ad alta energia, sta lentamente svaporando. Negli ultimi 200 anni ha perso il 9 per cento della sua forza. L’indebolimento più vistoso è avvenuto tra l’Africa e il Sud America: per questo si parla di “anomalia del Sud Atlantico”. L’inversione dei poli magnetici comporta un temporaneo forte abbassamento della loro forza. Se avverrà l’inversione, per qualche centinaio di anni rischiamo di rimanere senza scudo contro le radiazioni cosmiche. Dai satelliti Swarm ricaviamo due indizi che, insieme, forse fanno una prova.

Il segreto della polodia

Di poco, soltanto qualche decina di metri, si spostano anche i poli geografici, che corrispondono ai due punti da dove esce idealmente l’asse di rotazione terrestre. La loro migrazione segue una spirale irregolare, occorrono circa 433 giorni perché il polo nord geografico completi una spira da diametro di una ventina di metri. Il lento piroettare dei poli geografici, detto “polodia” (in greco odòs significa strada, cammino), non è ancora del tutto spiegato. Lo causano spostamenti di masse interne al pianeta, correnti marine, grandi flussi atmosferici stagionali, slittamenti delle placche litosferiche, terremoti, maree, variazioni di estensione dei ghiacciai. Alcuni di questi fenomeni sono periodici, altri irregolari. Sovrapponendosi gli uni agli altri, è difficile stabilire con certezza quale causa prevalga nel determinare la polodia.

Se tutte le stelle venissero giù

Come si vede dal comportamento dei poli, la natura è complessa e fantasiosa. Ma l’immaginazione degli astrofisici supera persino la capacità di sorprenderci della natura. Lo dimostra il libro “Se tutte le stelle venissero giù” pubblicato da Rizzoli (215 pagine, 18 euro) e scritto da Filippo Bonaventura, Lorenzo Colombo e Matteo Miluzio, autori della pagina Facebook “Chi ha paura del buio?”. E’ davvero una lettura insolita e sono contento che tra gli autori ci sia Filippo Bonaventura che fu tra i miei collaboratori quando dirigevo il mensile “le Stelle” fondato da Corrado Lamberti e Margherita Hack, prima che finisse in cattive mani (e teste).

Casistica dell’impossibile

Che cosa succederebbe se la Terra fosse un disco piatto come sostengono i pochi ma rumorosi iscritti alla Flat Earth Society? E se al posto del Sole ci fosse un buco nero? Ancora: potremmo vivere su una Terra cubica o fatta ciambella? Sfogliando il libro di Bonaventura, Colombo e Milizio, passiamo in rassegna un po’ di questa casistica dell’impossibile, peraltro in perfetto accordo scientifico con le leggi della fisica.

Come camminare in salita

Manteniamo fissa la massa della Terra. Se questa massa costituisse un disco piatto largo 20 mila chilometri e spesso 3500, al centro peseremmo due terzi di quanto segna ora la bilancia. Buona cosa per i grassoni. Camminando verso il bordo, aumenterebbe l’attrazione gravitazionale della porzione di disco che ci lasciamo alle spalle e avremmo l’impressione, quanto allo sforzo muscolare, di camminare su una pianura in salita (!) progressivamente più ripida. Raggiunto l’orlo, non cadremmo giù perché ci tratterrebbe una gravità pari a quella attuale diretta verso il centro del disco. La Luna e i satelliti geostazionari manterrebbero all’incirca le loro orbite. La parte sottostante del disco rimarrebbe inaccessibile.

La Cuboterra

Se la Terra fosse un cubo, avrebbe sei facce con lato di 10.270 chilometri. La gravità sarebbe più o meno normale al centro delle facce ma camminando verso gli spigoli ci sembrerebbe di andare in salita. Sarebbe impossibile passare da una faccia all’altra perché dovremmo uscire dall’atmosfera, che si accumulerebbe intorno al centro di ognuna delle sei facce. Ogni faccia avrebbe una sua specifica biosfera. In miliardi di anni, la Cuboterra tenderebbe ad arrotondarsi fino ad assumere la forma della Terra attuale.

Due equatori e poli fatti a cerchio

Ancora più curiosa sarebbe la Terra fatta a ciambella. Per stabilizzare la sua forma, dovrebbe ruotare su sé stessa in 2 ore e 50 minuti e avere in ogni sua parte la stessa densità: qualsiasi accumulo di massa ne causerebbe la disintegrazione. Il diametro interno della ciambella sarebbe a 1300 chilometri dal centro geometrico del “buco”, quello esterno a 10.600. Ci sarebbero due equatori e due poli, che però non sarebbero dei punti ma dei cerchi. Sugli equatori la gravità sarebbe un terzo di quella a cui siamo abituati, ai poli il doppio, cioè due terzi. Complicati sarebbero tramonti, albe, orbite di satelliti. Alcuni potrebbero attraversare anche il buco della ciambella.

Se la Terra di colpo smettesse di girare

Se la Terra smettesse di colpo di ruotare su sé stessa, la morte sarebbe certa e istantanea, perché tutto ciò che non è saldamente connesso con la sfera terrestre subirebbe una improvvisa terribile frenata e si schianterebbe come in uno scontro frontale tra due auto. La velocità dell’impatto sarebbe di 1200 chilometri l’ora alla latitudine dell’Italia e di 1600 all’equatore. Gli oceani si solleverebbero in un immenso muro di acqua e l’atmosfera, che per inerzia continuerebbe a girare, produrrebbe venti a più di mille chilometri orari.

Scontro tra galassie

Sono un centinaio i paradossi che Bonaventura, Colombo e Miluzio presentano nel loro libro dopo la particella ipotetica “Se”. Per esempio, se il Sole fosse un buco nero con la stessa massa, ci troveremmo ovviamente al buio, ma l’orbita terrestre rimarrebbe inalterata. Se, come in effetti accadrà tra miliardi di anni, la galassia di Andromeda e la Via Lattea si scontrassero, ne deriverebbe un grandioso ma lentissimo spettacolo cosmico, ma non sarebbe distruttivo né per il Sole né per la Terra. Se cercassimo di spegnere il Sole con getti di acqua l’unico risultato che otterremmo sarebbe quello di farlo diventare più massiccio e più caldo perché l’idrogeno dell’acqua, separato dall’ossigeno e aiutato da un aumento della gravità solare, incrementerebbe le reazioni termonucleari che generano la sua energia.

Insomma il gioco dei “se” è divertente, ma è meglio che i “se” rimangano tali.