Italia Silicon Valley delle Pmi. Visione per l'impresa privata a costo zero
Favorire la nascita di migliaia di aziende, esattamente come successo negli Stati Uniti 30 anni fa e far diventare l'Italia 'la Silicon Valley delle Pmi'
di Arturo Artom, fondatore Confapri
Nel 1991 la crisi economica causò ondate di licenziamenti negli Stati Uniti. In quel periodo anche l'Ibm si trovò nella necessità di licenziare decine di migliaia di persone. Oggi è ormai assodato come da quella crisi nacque il miracolo della Silicon Valley: spinti dalla necessità di trovare nuove forme di reddito la maggior parte degli impiegati che persero il lavoro si reinventarono, mettendosi in proprio e diventando piccoli imprenditori, e diedero vita al miracolo digitale che ancora oggi guida il progresso economico globale.
Nella situazione attuale, come allora, occorre essere concreti, perché anticipare i problemi vuol dire iniziare a risolverli. A fine agosto, infatti, potranno ripartire i licenziamenti e contemporaneamente non ci saranno più risorse per 8-10 miliardi al mese per finanziare centinaia di milioni di ore di cassa integrazione.
Quello che ci attende quindi non sarà un autunno caldo, ma caldissimo. Da settembre in poi l'impatto della crisi economica emergerà in tutta la sua drammaticità.
Che fare? Sicuramente possiamo utilizzare la leva della domanda pubblica, come nel modello Genova, e dopo decenni finalmente riempire l'Italia di cantieri. Questo punto dovrà essere perseguito ma costerà ed andrà ad aumentare ulteriormente il già enorme rapporto debito/pil.
Occorre quindi considerare come, nel contesto attuale, sia necessaria anche una grande visione per l'impresa privata. Ad oggi infatti ben la metà dei dipendenti del settore privato è in cassa integrazione e genera quel numero spropositato di ore che lo stato fatica a elargire. A settembre una metà di questi, quindi all'incirca il 25% della forza lavoro privata, rischia di non ritrovare il proprio posto di lavoro. Questa è la situazione che abbiamo di fronte e nascondere la testa sotto la sabbia come gli struzzi non porterà ad alcuna soluzione.
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L'unica strada percorribile è puntare sullo spirito imprenditoriale - sulla entrepreneurship come dicono gli americani - di cui per nostra grande fortuna l'Italia è piena. L'abbiamo nel nostro DNA ed è un valore aggiunto impagabile. A mio parere quindi non dobbiamo perdere mesi di lavoro per riflettere su una visione industriale del Paese calata dall'alto, ma, esattamente all'opposto, partire dal basso e risvegliare, coltivare, innaffiare questo grande istinto imprenditoriale che ci contraddistingue.
Ora, per liberare questo potenziale occorre che per i prossimi 3/5 anni venga realizzata una grande zona franca italiana. La proposte è semplice, immediate e non solo a costo zero, ma addirittura a costo negativo: tassazione a zero per 3/5 anni per tutte le nuove partite IVA aperte dai lavoratori che verranno licenziati.
Diciamo la verità: la maggior parte di noi ritiene di possedere un talento maggiore rispetto al lavoro che è 'obbligato' a fare perchè deve portare lo stipendio a casa. A tutti quelli che verranno licenziati lo Stato quindi da un messaggio chiaro: "vi incentivo a perseguire finalmente il vostro talento". Migliaia, centinaia di migliaia di persone, tutte motivate da quest'obiettivo, insieme possono innescare una nuova crescita economica.
In questo modo avremo un duplice vantaggio dato che, grazie all'ingente stimolo fiscale, il neo imprenditore potrà in seguito assumere anche dei collaboratori, per i quali non sarà più necessario continuare a pagare un sussidio. È un impegno che lo Stato italiano deve prendere se vuole realmente favorire la nascita di migliaia di aziende, esattamente come successo negli Stati Uniti 30 anni fa e far diventare l'Italia 'la Silicon Valley delle Pmi'.