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La battaglia del Grants

L’azionario occidentale è riuscito a portare a casa una settimana ampiamente positiva, dopo le incertezze di quella precedente.

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L’azionario occidentale è riuscito a portare a casa una settimana ampiamente positiva, dopo le incertezze di quella precedente. Oltre 3 punti di rialzo per gli indici USA ed addirittura quasi 5 per l’Eurostoxx50 e quasi 6 per il tedesco Dax. Ma per il risultato ottenuto deve ringraziare esclusivamente la seduta di lunedì scorso, che ha messo in cascina praticamente tutto il fieno della settimana, che le sedute successive non sono riuscite ad incrementare. Infatti la chiusura di venerdì scorso per l’indice più importante del mondo, l’americano SP500, è stata leggermente più bassa della chiusura del lunedì precedente. Stessa cosa per Eurostoxx50.

All’euforico lunedì sono seguite 4 sedute decisamente laterali, condizionate dal progressivo aumento delle tensioni geopolitiche tra USA e Cina. Sono culminate venerdì con lo strappo attuato dal Parlamento cinese, che ha approvato nuove misure repressive nella città-stato di Hong Kong per riportare sotto controllo la protesta della parte più giovane della popolazione, che da parecchi mesi impegna la polizia locale in dure operazioni di guerriglia urbana ed un battaglione dell’esercito di Pechino schierato e pronto ad intervenire.

Trump risponde con una lettera inviata al Congresso in cui annuncia una nuova fase della politica americana verso la Cina, basata su maggior competizione e un aumento delle frizioni. Intanto intensifica gli ostacoli all’operatività in USA dei big tecnologici cinesi.

Si tratta di scaramucce che non favoriscono certo quella inversione a V che i principali indici USA continuano a scontare, anche se con meno entusiasmo di un mese fa.

Anche in Europa lo scenario politico si sta ingarbugliando, dopo l’entusiasmo suscitato sui mercati dalla proposta Merkel-Macron sul Recovery Fund, che ha consegnato una traccia da seguire ad Ursula Von der Leyen, che deve presentare entro mercoledì ai Capi di Stato e di Governo europei del Consiglio d’Europa, il Piano per il Recovery Fund. La proposta franco-tedesca riguarda un piano da 500 miliardi di euro di finanziamenti, in buona parte a fondo perduto, a favore dei paesi più colpiti dal coronavirus. Un assist che sembrava fatto apposta per accontentare Italia e Spagna, che per la verità chiedevano una cifra almeno doppia. Ma il sì di Merkel al principio del “grants”, come si chiama in inglese una concessione a fondo perduto, era parso un enorme passo avanti verso una Unione Europea che finalmente mette la solidarietà al centro della sua politica e concede qualche pasto gratis ai suoi anelli più deboli.

Ma i mercati avevano fatto i conti senza i “Frugal Four”. E’ stato battezzato così il club dei 4 paesi europei paladini del rigore (Austria, Olanda, Danimarca e Svezia), da sempre ostili per principio dei pasti gratis, che già venerdì hanno reagito stizziti e nel week end hanno presentato ufficialmente un contro-piano basato sul principio opposto. Niente a fondo perduto a nessuno, ma solo finanziamenti una tantum ai governi, da restituire due anni dopo. Inoltre no a significativi aumenti dei contributi al bilancio comunitario. I soldi da prestare dovrebbero essere trovati dalla Commissione Europea sul mercato finanziario ed a sua volta prestati ai governi più in difficoltà. Però dovrebbero essere chiesti in cambio impegni precisi per riforme da attuare e rispetto delle regole di stabilità.

E’ abbastanza evidente che la distanza che separa i due diversi piani è notevole e che il compito della Commissione europea, che deve trovare l’unanimità dei paesi europei su una proposta condivisa, si presenta assai difficile.

Questa settimana la battaglia entrerà nel vivo e mercoledì vedremo la proposta di Ursula.

La posta in palio è notevole, perché la battaglia del grants rischia di far saltare l’Europa.

Il prestigio di Merkel deve riuscire a far piegare la testa ai frugali. Italia e Spagna hanno chiesto molto all’Europa. Non possono portare a casa quasi nulla, pena la caduta dei governi Sanchez e Conte.