Cartabellotta dice che le Regioni non cercano malati per evitare nuove chiusure

"Tamponi? Siamo ancora fermi alla fase 1, speriamo nel caldo"

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Roma, 25 mag. (askanews) – “Il numero totale dei tamponi deve essere suddiviso in due macrocategorie: quelli diagnostici, che vanno a cercare nuovi casi in nuovi soggetti, e quelli di controllo. Dalla nostra ultima valutazione fatta la scorsa settimana, i tamponi di controllo rappresentano quasi il 40%. La media nazionale per 100mila abitanti è variabile, è di 61 tamponi diagnostici in Italia ma con grande variazione, dai 18 della Puglia ai 168 della Valle d’Aosta. Questo si chiama indice di propensione alla all’esecuzione dei tamponi, che ci spiega quanti tamponi stanno facendo ciascuna regione per andare a cercare nuovi casi”. Così Nino Cartabellotta, presidente fondazione Gimbe, ospite della trasmissione ‘Circo Massimo’ su Radio Capital.

“Ci sono – spiega – due strategie fondamentali in questa fase 2: quella attendista, che non va a cercare nuovi casi e monitora i ricoveri nelle terapie intensive, e quella interventista, che utilizza la tecnica dell tre T per cercare nuovi soggetti contagiati. È possibile che una regione scelga la prima strategia per evitare nuove chiusure. Ma il cosiddetto federalismo sanitario è stato legittimato dal governo nel monitoraggio delle regioni. Il decreto del 16 maggio ha detto che le regioni devono fare monitoraggio sull’epidemia e prendere decisioni su eventuali chiusure o allentamento, Ci troviamo così, aggiunge Cartabellotta, “in un paese con 21 sistemi di controllo differenti dove ognuno è controllore e controllato e non mi sembra una buona idea né per la salute pubblica né per il rilancio dell’economia”. Sulla strategia dei tamponi “sarebbe opportuno che lo stato definisca i criteri di monitoraggio”.

Sulla riapertura “la mia impressione è che ci sia stata una sorta di ritirata del governo per prevenire conflitti con le regioni, un compromesso politico. Non dimentichiamo che a esser colpite sono le regioni con la maggiore produzione di Pil, c’è un mix che ha influenzato compromessi politici” afferma Cartabellotta, che aggiunge: “Noi ad oggi seguiamo ancora e linee guida del ministero della fase 1 sui tamponi, cioè ai sintomatici, agli operatori e agli ospiti della case di riposo. Non sono state mai definite le linee guida per la fase 2. Io ad esempio mi sarei aspettato con la prima riapertura del 4 maggio che c’erano già dei sottogruppi di popolazione testabili in maniera mirata che durante il lockdown erano stati esposti, come cassieri di supermercati, autisti dei mezzi pubblici, tassisti. In quel momento si è un po sfilacciato il coordinamento Stato- Regioni”.

Tutto questo, conclude Cartabellotta “rischia di portare a un utilizzo opportunistico delle regioni in termini di strategia dei tamponi. Per questo sarebbe opportuno che lo stato definisca i criteri di monitoraggio. Siccome oggi la diagnosi è tampone-dipendente, quando mi trovo il 10% di tamponi positivi, significa che quella popolazione testata è la prevalenza attesa di positività, ma non si può diluire questa stima al numero totale perché dentro i ci sono anche i tamponi di controllo”.

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