Covida, spiagge, parchi e anche case: è l’Italia che non si teneva prima che non si tiene adesso
by Alessandro CamilliROMA – Covida, spiagge, parchi e anche case: c’è un’Italia che non si tiene. Non alle regole né alla prudenza, tanto meno alla ragionevolezza e responsabilità. E’ la stessa Italia che non si teneva neanche prima, prima del coronavirus.
E’ un’Italia che neanche concepisce una qualche forma di interesse collettivo che vada oltre, non sia mai contro, il suo interesse o bisogno immediato.
E’ l’Italia detta sociologicamente “signorile e di massa”, cioè una umanità che si ritiene in diritto di esercitare proprietà individuale o familiare su ogni cosa sia pubblica o a disposizione della collettività.
E’ l’Italia che prima non si teneva quella che oggi non si tiene. Incontinente nella volizione ed uso, incompetente per scelta e con orgoglio di ogni nozione civica, incosciente come abito culturale liberamente indossato.
Una retorica tanto massiccia quanto infondata ha raccontato per mesi la sparizione di questa Italia che non si tiene. Ogni Palazzo di governo e di opposizione, ogni giornale e ogni televisione hanno battezzato eccezionale con tre Z il comportamento degli italiani tutti durante lockdown e nei dintorni del lockdown.
E sempre grande, arrotando la R ad irrobustirla, è stato definito il paese tutto, perfino negli spot pubblicitari.
Beh, semplicemente non era vero. Non era vero, l’Italia che non si tiene non era sparita. Si faceva finta di non vederla ma c’era, eccome se c’era, anche durante il lockdown.
C’era: si conteggiavano le multe e si diceva solo il 3 o 4 per cento degli italiani non si tiene. Bugia: si sarebbero dovute conteggiare non le multe ma le volte in cui gli italiani non si tenevano. Almeno cento, forse mille per ogni multa fatta.
Ora l’Italia che non si tiene la si vede eccome: davanti a molti bar e pub in città grandi e piccole e per lei è stato coniato il neologismo Covida.
La si vede sulle spiagge dalla Sicilia alla Liguria, sui lungomare e lungo fiume da Napoli a Roma a Torino, nelle piazze di Perugia o Bari, nelle notti alcoliche del primo sabato sera di libertà e licenza, nelle risse da strada, nella prepotenza già violenta con cui l’Italia che non si tiene si prende di fronte perfino ai poliziotti il diritto a non tenersi. Persino nelle case non si tiene: è già tempo di feste, ognun lo sa, nessun lo dice.
L’Italia che non si tiene oggi e che ieri non si teneva è stata sottovalutata e sottostimata nella narrazione di questi mesi. In nome di un buonismo, questo sì, declinato in maniera perfino grottesca nella sua improbabilità. Un buonismo verso noi stessi, una presunzione di innocenza di popolo, un popolo raccontato come investito da un soprassalto di civiltà e civile convivenza, un popolo eccezionale.
Non siamo un popolo eccezionale, li si è visto con chiarezza a cancelli aperti. Siamo gente, popol normale.
Con la normale quota di chi se ne fotte, di tutto che non sia se stesso.
Con la normale quota di chi ne approfitta (si conteggeranno un giorno i casi di Cassa Integrazione mentre pure si lavora, di fallimento aziendale subito dopo aver preso i prestiti, di fatturati 2019 tenuti troppo bassi rispetto alle perdite e guadagni reali…?).
Con la normale quota di chi non capisce.
Con la normale quota di svitati.
Con la normale quota di ignoranti.
Con la normale quota di praticanti e teorici dello “attimino” e del “che vuoi che sia”.
Tutte quote che sommate insieme fanno una discreta quota, la quota dell’Italia che non si tiene. Quota imponente, quota innegabile.
Quota che ha i suoi cantori: incredibilmente (ma non tanto) la stampa di destra e super destra fieramente schierata con la trasgressione e l’incoscienza fino a chiamare “spioni” e “sceriffi da strada” gli eventuali, molto eventuali controllori. Ma la destra non era sinonimo di legge e ordine? Una volta…Ora la destra è sempre più anti Stato, anti regola, rivolta e non ordine.
Quota imponente quella dell’Italia che non si tiene che ha anche i suoi avvocati d’ufficio nella stampa e nel pensiero liberal-progressista. Si leggono ovunque versioni aggiornate degli antichi compagni che sbagliano, adesso sono ragazzi che sbagliano. Da comprendere in nome della libertà.
Ragazzi che sbagliano, famiglie che sbagliano, bagnanti che sbagliano, sobri che sbagliano, distratti che sbagliano, prepotenti che sbagliano, lavoratori e clienti che sbagliano…tutta brava gente che sbaglia ci raccontano firme e articoli liberal-progressisti.
Ci raccontano, loro con la parabola della gente buona anzi eccezionale e la stampa e opinione di destra con il feroce sermone della gente libera, che l’Italia che non si tiene è in fondo l’Italia normale.
Giusto, è l’Italia normale. Ma non c’è nulla di non normale nel non farsi stare troppo simpatici quelli, tanti, che, con quello che fanno quest’estate, possono rimetterci in gabbia e in casa questo autunno. A proposito di libertà.