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Ilva, l’addio di ArcelorMittal e il futuro degli stabilimenti: tutti i nodi sul tavolo del governo

Oggi il vertice dell’esecutivo con proprietà, commissari e sindacati. Scontato l’addio degli indiani

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«Non abbiamo nessun ritorno da parte del governo; non sappiamo se lo Stato entra come detto, quando lo farà e con quali quote. Non sappiamo i motivi della richiesta di cassa integrazione da parte di ArcelorMittal che ha chiesto ai lavoratori di lavorare durante il periodo di Covid e adesso li mette tutti in cassa integrazione. Se c'è un tema che riguarda il mercato. Non sappiamo nulla». Così venerdì scorso (22 maggio) la numero della Fiom, Francesca Re David, sintetizzava con Adn Kronos le molte domande aperte su Ilva in vista della convocazione di azienda, proprietà e sindacati da parte del governo per oggi, 25 maggio, alle 11 in videoconferenza. 

L’esecutivo, con i ministri Stefano Patuanelli (Sviluppo economico) e Nunzia Catalfo (Lavoro), riapre il dossier acciaio a distanza di qualche mese. Primo punto da chierire: l’uscita di ArcelorMittal da Ilva, ormai data per scontata dopo due anni di pesanti incertezze e polemiche. Si fa strada l'ipotesi di un nuovo piano basato sull'intervento dei siderurgici italiani con un forte ruolo dello Stato e quindi sulla definitiva uscita di ArcelorMittal.

L’ultimo accordo risale al 4 marzo scorso.Dopo un lungo confronto legale, ArcelorMittal e Ilva in amministrazione straordinaria hanno trovato un accordo in tribunale a Milano, basato su un percorso che prevedeva per novembre 2020 nuova compagine con la partecipazione dello Stato e la ridefinizione dell'assetto produttivo. Col debutto a Taranto del forno elettrico, alimentato da rottame e preridotto di ferro, accanto agli altiforni tradizionali, che producono la ghisa dalla fusione dei minerali. Percorso da costruire nei mesi successivi a marzo, con un primo step importante a maggio sulla forza lavoro da impiegare sia nel transitorio che a regime.

L’emergenza Covid ha però rimesso tutto in discussione. Nessuna trattativa ulteriore dopo la prima intesa di marzo, niente step occupazionale a maggio, nessun nuovo piano industriale da parte di ArcelorMittal, che nel frattempo non paga nemmeno l'ultima rata trimestrale del canone di affitto all’amministrazione straordinarioa, benché la rata sia stata dimezzata rispetto ai 45 milioni iniziali. C'è invece nuova, massiccia cassa integrazione. A Taranto viene chiesta per 8175 dipendenti ed attuata per oltre 3200. Sempre a Taranto viene fermato un altoforno, il 2: si scende a soli due altiforni accesi, l'1 e il 4, mentre la produzione crolla al minimo storico (7mila tonnellate di ghisa al giorno). Inoltre, gli ordini non ci sono e l'azienda prima annuncia la ripartenza di alcuni impianti, dichiarando che per un periodo compreso tra le 3 e le 7 settimane rientreranno in fabbrica dalla cassa circa 630 addetti, e poi, nel giro di appena qualche giorno, fa retromarcia e blocca tutto. »​​​​​​Intanto la capogruppo ArcelorMittal non se la passa certo meglio e chiude il primo trimestre 2020 con una perdita di 1,1 miliardi di dollari. 

I sindacati hanno indetto anche uno sciopero di quattro ore – sempre per oggi, lunedì 25 maggio – in tutto il gruppo ArcelorMittal, che però a Taranto sarà di otto ore tra primo e secondo turno e coinvolgerà anche i lavoratori delle imprese. Intanto, il 21 maggio a Genova si è protestato di nuovo con uno sciopero articolato in stabilimento. Sciopero arrivato dopo la prima iniziativa di lunedi' 18 maggio quando un corteo di 500 lavoratori (ma i sindacati non l'hanno chiamato così, stante i divieti di manifestazioni causa Covid-19) si è mosso dalla fabbrica alla Prefettura di Genova dove poi nel pomeriggio c'è stata una call conference con l'azienda, chiusasi pero' con un nulla di fatto rispetto alla proposta sindacale e istituzionale di ritirare la cassa integrazione aggiuntiva.

L'insofferenza e la protesta di lavoratori e sindacati verso ArcelorMittal è ormai molto evidente. Patuanelli ha detto che i segnali di abbandono di ArcelorMittal sono espliciti. L'azienda ha cercato nelle ultime settimane di avere un prestito di 400 milioni garantito dallo Stato - sfruttando le misure pianificate per l'emergenza Covid - ma il Governo ha detto no. E l'ipotesi di una penale da un miliardo che verrebbe chiesta ad ArcelorMittal in caso di abbandono, pure circolata in questi giorni, è però smentita dal Mef.