Movida, si respira aria di lockdown: pronti ad arruolare i delatori di Stato
Lampi del pensiero di Diego Fusaro/ Torna a risuonare, allora, la domanda di sempre: cui prodest? A chi giova questo stato di terrore?
by Diego FusaroGli stregoni dell’informazione oggi non perdono un istante per ricordarci che la situazione sta degenerando. E che ciò accade per nostra irresponsabilità. Come eterni fanciulli, gli italiani non sanno rispettare gli ordini e le misure emergenziali: osano voler vivere e tornare alla normalità, con ciò commettendo la massima colpa, la violazione del nuovo ordine terapeuticamente corretto. Telegiornali e giornali (cartacei e digitali) fanno a gara a segnalare quanto siano colpevoli i giovani della “movida” e degli apericena, i giovani che proprio in questi giorni qualcuno s’è anche avventurato a etichettare come “assassini”.
Si rincorrono le scene di Roma e di Perugia, di Napoli e di Milano: scene di vita, che mostrano un sano desiderio di normalità. E che, per ciò stesso, debbono essere punite dalla nuova religione medica, fondata sulla colpevolizzazione permanente di chi osi vivere come se non fosse un malato. Insomma, sembra davvero che tutto proceda come da copione: si è passati dalla “fase 1” del lockdwon alla “fase 2” dell’allentamento delle restrizioni. Ma il popolo – ci spiegano con solerzia i “professionisti dell’informazione” – non sa utilizzare adeguatamente la libertà gentilmente concessa dall’alto.
E, dunque, tutto sembra portare nella direzione prevista di un nuovo lockdown, dovuto, appunto, all’irresponsabilità del popolo e non ad altro. Così “Il Giorno”: “Coronavirus in Lombardia, adesso il pericolo è la movida: ‘episodi gravi e inaccettabili’” (24.5.2020). Loro, i padroni, non vorrebbero che ciò accadesse: ma sono costretti a “chiudere tutto” (è una delle espressioni più ricorrenti) per via della volgare irresponsabilità di chi, là in basso, si comporta come un bambino indisciplinato, incapace di rispettare le indicazioni del padre padrone. Certo, capita poi che a Napoli la polizia stessa smentisca – ed è realmente accaduto – il circo mediatico e il clero giornalistico, spiegando che i tanto sbandierati assembramenti “criminali” della notte scorsa non sono, invero, stati registrati.
Torna a risuonare, allora, la domanda di sempre: cui prodest? A chi giova questo stato di terrore, artatamente creato da una narrazione che solo assai elasticamente – nella migliore delle ipotesi – corrisponde alla realtà? Così titolava “Il Fatto Quotidiano” ieri sera: “Lombardia senza tregua. Più infetti con meno test”. E non molto diversa era la narrazione, ad esempio, in Toscana, il cui Tgr Rai del 22 maggio così titolava: “La curva risale, casi positivi raddoppiati”. Data la situazione, non sorprende che vi sia chi già apertamente invoca il ritorno al lockdown o, comunque, a restrizioni massicce. Ad esempio in Lombardia: “Fontana annuncia nove restrizioni in Lombardia.
Il Presidente della Regione Lombardia pronto a chiudere tutto di nuovo” (“Quifinanza.it”, 24.5.2020). Addirittura il giornalista Andrea Scanzi, in una sua diretta Facebook, propone un vaticinio: “Altri tre giorni di ‘movida’ e torniamo alla fase1”. Dal canto suo, la regione Veneto investe in una pubblicità contro l’aperitivo, minacciando il ritorno al lockdown: “Regione Veneto, lo spot contro l’happy hour: ‘una svista e tutto tornerà a fermarsi’” (“La Repubblica”, 24.5.2020). Stupisce, inoltre, una notizia riportata in data odierna da più fonti. Ad esempio, “Il Messaggero”: “Fase 2, lo Stato assume 60 mila assistenti civici per vigilare sulle norme anticontagio da Coronavirus”.
In sostanza, il governo giallofucsia, che ha letteralmente lasciato andare in rovina lavoratori e imprese, “investe” ora sull’arruolamento di “delatori” e “guardie”: il cui compito è, appunto, impedire i pericolosissimi assembramenti e garantire il rispetto della sacra norma del distanziamento sociale, in attesa che essa – alla stregua della mascherina, il marchio dello schiavo – sia introiettata come un nuovo imperativo categorico e non vi sia più bisogno dell’autorità. Ancora una volta, scene di questo genere – è inutile negarlo – ricordano il Cile degli anni Settanta assai più di una qualsivoglia democrazia parlamentare.
Diego Fusaro (Torino 1983) insegna storia della filosofia presso lo IASSP di Milano (Istituto Alti Studi Strategici e Politici) ed è fondatore dell'associazione Interesse Nazionale (www.interessenazionale.net). Tra i suoi libri più fortunati, "Bentornato Marx!" (Bompiani 2009), "Il futuro è nostro" (Bompiani 2009), "Pensare altrimenti" (Einaudi 2017).