la Repubblica
Sono otto milioni. Ma la vera sfida comincia adesso
by MARIANO CORSO *Nel 2019, prima che l'esperienza Covid-19 sconvolgesse il nostro modo di vivere e lavorare, lo Smart Working riguardava, secondo le stime dell'Osservatorio del Politecnico di Milano, 570.000 lavoratori, il 20% in più dell'anno precedente. Erano soprattutto le grandi imprese ad applicarlo (58%), mentre restava bassa la percentuale di adozione nelle PMI (12%) e nelle Pubbliche Amministrazioni (16%). Anche per gli Smart Worker l'utilizzo di lavoro da remoto restava minoritario, limitato in media a un giorno alla settimana e prevalentemente riservato ad attività di lavoro individuale.
L'emergenza Covid-19 ha costituito un radicale punto di svolta: lo Smart Working è stato adottato come modalità preferibile o addirittura obbligatoria di lavoro in quanto il lavoro da remoto si è rilevata una soluzione, forse l'unica possibile, per conciliare le limitazioni dovute all'emergenza sanitaria con la necessità di assicurare la continuità del business. L'impatto è stato quindi travolgente, il numero di lavoratori "da remoto" è improvvisamente schizzato ad una cifra vicina agli 8 milioni. Le aziende e i lavoratori che già in precedenza avevano sperimentato modelli di Smart Working si sono trovati indiscutibilmente avvantaggiati perché tecnologicamente, culturalmente, e organizzativamente preparati. Il cambiamento tuttavia è stato radicale per tutti, le persone si sono trovate a dover svolgere da remoto ogni attività, comprese quelle di collaborazione e relazione interpersonale che in precedenza avevano sempre assunto richiedessero una copresenza fisica in ufficio.
Quello che in molti si sono trovati a sperimentare, spesso in maniera improvvisata, non è però il "vero" Smart Working, ma una forma di lavoro da remoto spinto e vincolato nella quale mancano quei presupposti di volontarietà e flessibilità che sono alla base dello scambio tra autonomia nella scelta delle modalità di lavoro e responsabilizzazione sui risultati su cui si dovrebbe fondare ogni accordo di Smart Working. Le persone non hanno potuto esercitare alcuna scelta perché sono state nei fatti vincolate a lavorare da casa, spesso senza quelle condizioni di autonomia ed empowerment la cui costruzione richiede tempo e maturità organizzativa.
Questa situazione ha portato con sé alcune criticità tipiche del telelavoro, come senso di isolamento, difficoltà a disconnettersi e a mantenere un equilibrio tra vita privata e professionale. Al netto di questo queste forzature, tuttavia, l'applicazione dello Smart Working in emergenza ha non soltanto il merito di avere ridotto i danni economici e sanitari della pandemia, ma di aver abbattuto barriere e pregiudizi segnando un punto irreversibile di svolta nell'organizzazione del lavoro. Un'esperienza preziosa che ha permesso di fare in pochi mesi un percorso di apprendimento e crescita di consapevolezza che in condizioni normali avrebbe richiesto anni. Le persone hanno imparato ad usare strumenti digitali innovativi e a relazionarsi efficacemente in team virtuali. Molte organizzazioni alla luce dei risparmi e dell'aumento di produttività dichiarano oggi di voler proseguire su questa strada. La larga maggioranza dei lavoratori dichiara di aver apprezzato i vantaggi dello Smart Working e di voler continuare a praticarlo anche a regime.
La Fase 2 della gestione dell'emergenza rappresenta oggi per aziende e lavoratori una sfida ancora più importante e in grado di determinare i futuri rapporti di forza e vantaggi competitivi. L'esigenza di distanziamento permane e suggerisce di non abbandonare, ma portare piuttosto ad una condizione di sicurezza e sostenibilità le modalità di lavoro da remoto avviate nella fase emergenziale. Per chi saprà sfruttarla si tratta di un'imperdibile occasione di sperimentazione che durerà abbastanza a lungo per resettare le nostre abitudini e consolidare nuovi modi di lavorare che risulteranno preziosi una volta tornati a poter scegliere tra lavoro remoto o in ufficio in funzione delle diverse necessità e preferenze.
* Docente del Politecnico di Milano e Responsabile Scientifico degli Osservatori Smart Working e Cloud Transformation