Red Dead Redemption 2: Il cecchino – Racconti dalla frontiera

In questo primo appuntamento di Racconti dalla frontiera, nuova rubrica incentrata sul mondo di Red Dead Redemption 2, vi narriamo le vicissitudini di un fantomatico cecchino della guerra civile americana

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Negli ultimi mesi vi abbiamo proposto una serie di articoli riguardanti il mondo della fotografia virtuale.
Attraverso "Un viaggio per immagini" abbiamo (ri)esplorato i mondi di Days Gone, Shadow of the Colossus, Death Stranding. Oggi, però, vogliamo portare la rubrica al livello successivo.
Qualche mese fa è stata rilasciata la modalità fotografica all'interno di Red Dead Redemption 2, acclamatissimo titolo di casa Rockstar Games.
Una cosa colpisce sin da subito all'interno di questo videogioco: l'estrema malleabilità visiva del nostro alter ego, Arthur Morgan.
Pur essendo un personaggio ben definito e caratterizzato, viene comunque offerta la possibilità di creare "il proprio Arthur". Con pochi dettagli, piccole sfumature visive, si può trasformare il protagonista facendolo diventare ciò che si vuole (almeno a livello estetico). Prerogativa, quest'ultima, non solo del titolo Rockstar, ovviamente. Tuttavia, è stato questo giusto mix di elementi (personalizzazione, modalità fotografica, dettaglio grafico, estetica ecc.) a spingerci a sperimentare.

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E proprio da questa malleabilità nasce l'idea di Racconti dalla frontiera, una nuova rubrica all'interno della quale vi proponiamo brevi storie costruite attorno al solo aspetto esteriore del personaggio principale di Red Dead Redemption 2. Il tutto, ovviamente, scandito dalle immagini catturate in concomitanza con la nostra partita, durante la quale abbiamo riprodotto e, al contempo, creato la nostra storia.
Per iniziare, vi racconteremo le vicissitudini di un tiratore scelto della guerra di secessione americana, tornato dopo tanti anni dalla fine dei conflitti in un luogo che ha segnato per sempre la sua esistenza.

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Il seguente articolo contiene spoiler visivi riguardanti la storia principale di Red Dead Redemption 2. Si consiglia di non continuare nella lettura se non avete raggiunto almeno l'epilogo del gioco.

Sguardi persi

Lo scalpitio degli zoccoli si perde nel mare di fango che invade la larga strada principale di Valentine. Ha smesso di piovere da qualche minuto quando Gregory Jacobs decide di mettersi in viaggio in sella al suo destriero.
Le nuvole iniziano a diradarsi. Alcune si dirigono verso i picchi innevati di Grizzlies, altre scompaiono, lasciando spazio al sereno cielo primaverile. I canti degli uccelli si confondono con quelli provenienti dal saloon, già vivace alle prime luci del mattino. Nonostante ciò, le strade sono vuote, cosa molto strana per una cittadina commerciale del New Hanover.
Il cavaliere solitario si dirige fuori dalla città. Lungo la via, nota una folla radunata attorno al patibolo. C'è uno strano silenzio, interrotto solo dalla voce dello sceriffo e dal pianto di una donna.

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La corda cinge il collo di un uomo anziano. Il suo volto, segnato dal tempo e dalla polvere dei campi nei quali lavora, è privo di emozioni. Guarda avanti a sé, senza battere ciglio. Gregory si volta verso l'uomo; le braccia appoggiate sul corno della sella.
Riconosce quello sguardo. È lo sguardo di chi ha già accolto la morte. Lo vedeva ogni giorno sul volto dei suoi compagni d'armi, durante quella sanguinosa guerra di secessione che fin troppi ha portato via con sé.
Lo sceriffo chiede al condannato quali sono le sue ultime parole, ma l'uomo non risponde. Il vento che ha portato lontano le cupe nubi, ora fa ondeggiare delicatamente gli sporchi capelli dell'anziano, che talvolta gli vanno a coprire gli occhi.
Lo sceriffo guarda il suo vice, innalzato a boia, e gli fa un cenno col capo. L'uomo di legge, la mano salda, tira verso di sé la vecchia leva di legno. La botola si apre sotto i piedi dell'anziano. Un suono secco, deciso, che trapassa la carne e affligge le ossa.

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Un urlo disperato. La donna, che poco prima piangeva in cerca di una scappatoia, di una via di fuga, ora non può più sfuggire alla realtà. Il braccio alzato, le gambe che cedono, il respiro assente. In pochi secondi si ritrova in ginocchio, nel fango. Il figlio cerca di consolarla, ma lei lo allontana. Ormai è chiusa in se stessa.
Nel giro di pochi minuti il terreno introno al patibolo si svuota. Rimane solo la donna, rannicchiata a terra, e il corpo esanime di suo padre, mosso dalla leggera brezza.
Gregory è ancora lì, sul limitare della strada. La guarda. Vede la sua disperazione, ma rimane immobile. Sa che non c'è nulla che possa fare per far sparire quel dolore. L'unica medicina è il tempo.

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Deserto rosso

Il sole è ormai alto. Il fango ha lasciato spazio alla polvere. Gregory entra al trotto nella piccola cittadina di Rhodes. Supera con cautela un uomo che sta trasportando una lunga asse di legno sulla spalla. Sedute a una panchina, due donne parlano sottovoce, guardando con la coda dell'occhio il forestiero. Le campane di una chiesa bianca come il latte, presenza immacolata in un luogo usurato dal tempo, risaltano nella quiete della sommessa vita cittadina.

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Al centro di un incrocio si erge una scultura dedicata ai caduti della guerra civile. Sembra passata un'eternità dalla fine di quell'infame conflitto, eppure quella generazione si trova ancora a vagare senza meta in un mondo che non riesce più a comprendere.

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La via principale è quasi vuota. Sotto le verande si trovano solo un paio di individui poco raccomandabili e qualche cortigiana, che si voltano man mano che il signor Jacobs procede lungo la strada. In lontananza, arrivano delle risate. Provengono dal saloon.

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Gregory smonta dalla sella e lega la sua cavalcatura fuori dall'edificio. Quando varca la soglia, nota che il locale è frequentato praticamente da sole donne dell'alta società. Si chiede da dove possano arrivare tutte quelle signore così ben vestite, dato che la cittadina sembra proporre soltanto polvere e degrado.
Il rumore degli speroni a contatto con il raffinato quanto usurato pavimento in legno attirano l'attenzione di alcune di quelle dame. Il pianista continua a suonare spensierato un'allegra melodia.

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Tutto d'un pezzo

Gregory si avvicina al bancone e vi ci si appoggia, chiedendo un whiskey al locandiere. Una donna con in mano un ventaglio si volta verso l'uomo. Lo scruta da cima a fondo. Il suo abbigliamento stravagante la diverte. Prendendo il bicchierino di whiskey, la giacca di Gregory si sposta leggermente, lasciando intravedere una pistola d'oro, sulla quale si posano i decisi raggi solari provenienti da una finestra. Come presa da un forte sussulto, la donna distoglie subito lo sguardo.

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Quella non la farei vedere troppo in giro, se fossi in lei...

Gregory non si scompone.

Ah, immagino lei sia uno di quegli uomini tutti d'un pezzo che vengono qui alla ricerca di qualcosa e tornano sempre a casa con un proiettile in corpo.

Il forestiero continua a fissare il bicchiere di whiskey vuoto, ma dopo qualche secondo fa una domanda al locandiere.

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Dove posso trovare questo proiettile con il mio nome inciso sopra?

Il barista rimane attonito. Si avvicina al soldato, parlandogli a bassa voce.

Se sono problemi quelli che stai cercando, allora li troverai a Shady Belle, nelle paludi poco più a sud di qui.

Gregory fa un cenno col capo al locandiere e lascia qualche banconota sul bancone. Mentre esce, guarda la donna che prima lo stava scrutando, ora sempre più tendente ad allontanarsi con il corpo dall'uomo dai vestiti stravaganti e il revolver d'oro. Porge anche a lei un cenno con il cappello.
Il deciso rumore dei passi, accompagnati dal tintinnio del metallo, si contrappongono alle note suonate dal pianista, ancora intento a dimostrare il suo estro in cambio di qualche moneta.
Uscito dal saloon, l'uomo si dirige verso il suo fedele destriero, ancora legato, intento a dissetarsi presso l'abbeveratoio adiacente. Gregory scioglie le redini e monta nuovamente in sella, diretto verso un luogo che conosce molto bene. Un luogo dove sperava di non dover mettere mai più piede.

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Fantasmi del passato

Una fitta nebbia inizia ad alzarsi. Il terreno diventa nuovamente fangoso, anche se il colore rimane invariato. In lontananza si intravedono i corpi senza vita di alberi martoriati. A terra, legno e ferro iniziano a confondersi con il paesaggio naturale. Sono i resti di un campo di battaglia.
Sembra che sia stato abbandonato in fretta e furia dai soldati solo da qualche ora, ma quel cimitero si trova lì da fin troppi anni. Come un tumore, la guerra è rimasta ancorata a quel terreno, lacerato dalla morte e dalla desolazione.

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Gregory smonta e inizia a condurre il cavallo per le redini. La foschia si dirada. Ora è possibile vedere la devastante portata di quel conflitto mai concluso.
Il soldato si guarda intorno, ma sembra non provare alcun tipo di emozione per quanto sta vedendo. Eppure, lui lì ci ha combattuto. In quel luogo maledetto sono caduti molti dei suoi compagni. Persone che conosceva da quando era sotto il comando di Hiram Berdan. Tutti tiratori eccezionali, macchine da guerra addestrate per non mancare neanche un colpo. E, in effetti, non ne hanno mancato nessuno, neanche quello riservato a loro.

Continuando a procedere, Gregory si avvicina a una chiesa diroccata, un luogo a lui estremamente familiare, in quanto punto strategico adottato dai nemici per decimare i suoi compagni. Sente delle voci provenire proprio da quella direzione. Si ferma di colpo. Sembra indeciso. Si volta e dirige il cavallo verso lo scheletro di un albero con accanto un cespuglio abbastanza alto da coprire il destriero.

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Dalla sella estrae il suo fucile a canna rigata con mirino telescopico, raffinato nei dettagli, ma letalmente preciso anche a diverse centinaia di metri di distanza dal bersaglio.
Gregory, dopo aver esaminato con attenzione il fucile, si volta e si dirige verso un edificio malmesso sulla cima di una collina. Prima di entrare, estrae la pistola d'oro e la punta in direzione dell'entrata. Il rudere è sicuro.

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Senza esitazione, si apposta dietro una delle finestre che danno verso la chiesa. Sulla roccia è ancora visibile il solco creato dal suo fucile. È da lì che Gregory eliminò i tiratori scelti nemici, permettendo ai suoi uomini di avanzare e di vincere quella cruenta battaglia che sembrava perduta.
Si prepara con cautela. Sistema il mirino, carica il colpo in canna, prende la mira, respira profondamente. Poi lo sparo. L'uomo in cima alla chiesa precipita, schiantandosi davanti agli occhi increduli dei suoi compagni.
Questi si guardano attorno spaventati, armi in pugno, insicuri riguardo la provenienza dello sparo. Un altro colpo. Un sibilo e un corpo che casca al suolo. Poi un altro. E un altro ancora. Cinque uomini, cinque colpi. Non hanno neanche avuto modo di scappare.
Gregory torna al suo cavallo e lo conduce oltre la vecchia chiesa. I corpi sono disposti in un cerchio quasi perfetto, lo stesso nel quale si erano raggruppati intorno al cadavere del loro amico. Sono le solitarie isole in uno scuro lago di sangue.

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Shady Belle

La palude si infittisce sempre più. Le nuvole iniziano a coprire la poca luce del sole che riesce a filtrare tra la vegetazione. Cadono le prime gocce di pioggia.
Gregory lega nuovamente il cavallo in un luogo sicuro e questa volta estrae un ulteriore fucile, sempre a canna rigata, ma senza mirino telescopico.
Armato fino ai denti, si dirige verso l'entrata della vecchia magione di Shady Belle.
Il luogo pullula di ex-soldati confederati, ora diventati criminali senza pietà. Non tutti sono riusciti ad abbandonare quel luogo infernale.

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Ancora una volta, il cecchino prende il suo fucile di precisione e si prepara a sparare. Scruta la zona; controlla quanti uomini ci sono. D'un tratto, s'irrigidisce. I suoi occhi iniziano a riempirsi di lacrime e rabbia. Si asciuga velocemente con la manica e torna a mirare. Questa volta, spara.
Uno a uno, i nemici iniziano a cadere al suolo. Tuttavia, sono troppi da gestire anche per un veterano come Jacobs. In poco tempo, sono su di lui.
Il fucile di precisione non è più la scelta ideale. Imbraccia l'altra arma a lunga gittata e si avvicina, iniziando a sparare ancora più serratamente, un colpo dopo l'altro, tutti precisi e mortali. Ma il fuoco nemico è troppo intenso. Si ritrova addosso una pioggia di fuoco.

Riparatosi dietro una struttura in legno, cerca di individuare i nemici attraverso le fessure che si sono create grazie al clima di quella zona paludosa. I proiettili fischiano tutt'intorno. Uno per poco non lo colpisce a un occhio mentre è intento ad analizzare la zona circostante.
Poco prima di distogliere lo sguardo, nota delle casse contenenti dinamite nei pressi dell'accampamento, proprio dove la maggior parte degli uomini si è radunata per contrastare l'intruso.
Chiude gli occhi per qualche secondo, respira. Con uno scatto fulmineo, esce dalla copertura, mira e spara un singolo colpo. L'ambiente si tinge di rosso. Il fuoco divampa e l'onda d'urto smuove le viscere di Gregory. La sparatoria si interrompe. Il silenzio avvolge la palude.

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Nessuna via di fuga

Il cecchino si alza lentamente. Sente delle urla provenire dal campo. Si avvicina con il fucile in una mano e la pistola nell'altra.
Sembra di essere tornati sul campo di battaglia. I corpi dilaniati costituiscono il macabro dipinto di un'artista della morte.
Senza battere ciglio, Gregory finisce i pochi che sono sopravvissuti all'esplosione, anch'essi pallidi resti degli uomini che erano fino a qualche secondo prima.
Il rumore di un ramo spezzato allerta il cecchino, che si volta di colpo e spara un colpo. Il proiettile colpisce un soldato in pieno petto. La giubba grigia di quest'ultimo, ingiallita dal tempo e sporcata dai massacri, accoglie una nuova, larga chiazza color cremisi. La pistola gli cade dalla mano, l'ultimo colpo in canna.
Come un sipario, la sagoma del cadavere che crolla al suolo svela altri due uomini, che cercano di scappare.
Gregory spara due colpi. Il primo si conficca tra le costole di un uomo mingherlino, che casca a terra istantaneamente, inerme. Il secondo colpisce il ginocchio di un altro uomo, più robusto, dai capelli corvini lunghi e unti.

L'urlo del ferito squarcia l'aria. Prova a sparare con il fucile, ma ha finito i colpi. Aiutandosi con l'arma da fuoco, inizia a strisciare per cercare di sfuggire al tiratore scelto, ma sa già che non c'è via di fuga.

Per favore, non mi uccidere. Non ce n'è bisogno. Ero solo uno sgherro. Hai ucciso il capo in quell'esplosione. Ti imploro, me ne andrò e...

Gregory continua ad avvicinarsi lentamente. La pioggia prima copriva il suo volto, ma ora che ha cessato di cadere è perfettamente riconoscibile.

Oddio, no! Per favore, no! Senti, Jacobs, non è stata colpa mia. Non ho fatto niente di male. Eravate miei amici. Però... io... non potevo morire, capisci? Dovevo badare alla mia famiglia... Eravamo in inferiorità numerica... Non sono stato io a fornire informazioni riguardo i nostri piani. Mi devi cr...

Uno sparo. Dalla bocca del revolver d'oro fuoriesce una sottile linea di fumo. Un rigolo di sangue sgorga dalla testa dell'uomo.
Gregory non muove un muscolo. I suoi occhi sono vuoti. Continua a guardare il cadavere dell'uomo. Rinfodera la pistola e torna dal suo cavallo.

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Dopo aver riposto attentamente i fucili, monta in sella e si allontana da Shady Belle. Passa di fianco al campo di battaglia senza neanche guardarlo. Con gli occhi fissi dinanzi a sé, supera le trincee e si immette nuovamente sulla strada. Conosceva lo sguardo sul volto di quell'anziano. Lo conosceva molto bene. Era lo sguardo di chi aveva già accolto la morte.

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Questo è stato il primo dei Racconti dalla frontiera. Speriamo vivamente che abbiate apprezzato l'idea e che la storia che vi abbiamo proposto vi abbia appassionato.
Fateci sapere cosa ne pensate qui sotto, nei commenti.