«Recovery fund da 500 miliardi, la maggior parte a fondo perduto»
Cinquecento miliardi di euro, la maggior parte in sovvenzioni a fondo perduto ai Paesi più colpiti dalla crisi, e un bilancio pluriennale da mille miliardi che continuerà ad assicurare gli sconti di cui godono alcuni Paesi, tra cui i cosiddetti 'frugali'. La Commissione europea sta lavorando agli ultimi dettagli della proposta del suo Recovery Plan che presenterà mercoledì al Parlamento Ue, ma l'impianto è già pronto. E contiene quasi tutte le richieste arrivate in queste settimane sia dal fronte del Nord che da quello del Sud, incastrate in un delicato equilibrio che dovrà reggere fino al vertice europeo del 18 giugno.
La contromossa di Austria, Svezia, Danimarca e Olanda, che nel weekend avevano presentato la loro alternativa alla proposta franco-tedesca, non ha sconvolto più di tanto i piani della Commissione. La presidente Ursula von der Leyen, da sempre attenta ai richiami di Berlino, aveva accolto con favore l'accordo Merkel-Macron che spianava la strada alla sua idea di aiutare i Paesi in difficoltà con mezzi e fondi innovativi. Tra i suoi commissari da mesi si è fatta strada la convinzione che se gli Stati membri soffrono e non riescono a rimettersi in piedi da soli, a soffrirne sarà tutto il mercato interno, con ripercussioni anche su chi è riuscito a uscire dalla crisi con le sue gambe.
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Un'Eurozona frammentata e un'Unione con disparità sempre maggiori può portare alla fine del progetto comune. Ed è questa paura che ha allineato tutti i commissari sulla proposta che distribuirà sovvenzioni a fondo perduto a chi ne ha più bisogno. L'ex braccio destro di Juncker, ora rappresentante della Commissione Ue a Vienna, Martin Selmayr, dà qualche anticipazione sulla proposta che per ora resta blindata nel gabinetto della von der Leyen. Il Recovery fund sarà da 500 miliardi di euro, come chiedevano Merkel e Macron. E tra il 60 e il 70% andrà in sovvenzioni a fondo perduto, mentre il 40 o 30% in prestiti. Fin qui, il Sud potrà festeggiare. Lo strumento principale attraverso cui verrà distribuito il 50% dei fondi sarà il Recovery and resilience facility. Lo aveva già descritto la stessa von der Leyen qualche settimana fa: è il mezzo che assicurerà il legame con le riforme strutturali e gli investimenti, perché i Paesi che vogliono i fondi dovranno presentare un piano di spesa a Bruxelles, basato sulle raccomandazioni che l'Ue ha indirizzato a ogni Paese la settimana scorsa, e che affrontano le debolezze di ciascuno. In questo modo la Commissione si assicura che i Governi investano in settori di reale utilità.
L'altra metà dei 500 miliardi andrà in tre diversi canali: nuovi fondi di coesione, fondo per la transizione equa (che aiuta i Paesi più indietro con la transizione green) e programma 'Invest EÙ, che sostiene investimenti strategici e dà sostegno alla liquidità per le imprese. Selmayr ha anche indicato quali sono le 'risorse propriè che la Commissione proporrà di guadagnare: oltre alla plastic tax e al sistema di scambio di emissioni, si penserà anche ad una tassa per le emissioni rivolta ai Paesi extra Ue, una web tax e una tassa per l'accesso al mercato interno pensata per le grandi multinazionali. Misure che potrebbero portare fino a 300 miliardi nelle casse Ue. Il Recovery fund durerà due anni, quindi fino al 2022. Per quanto riguarda invece il bilancio pluriennale, che dovrà coprire le spese fino al 2027, la Commissione punta alla cifra in discussione già a febbraio e bocciata dai 'frugalì, cioè poco sopra i mille miliardi. Ma per accontentare i quattro contrari proporrà che restino in vigore gli 'scontì sui contributi di cui godono ora alcuni Paesi, tra cui proprio Danimarca, Svezia e Olanda.