Il bilancio non torna: in Ue si prepara lo scontro tra istituzioni
Il presidente Michel propone un tetto pari a 1,074% del Reddito Nazionale Lordo. Sconcerto all'Eurocamera che chiede quasi 240 miliardi in più. Sassoli: "Proposta insoddisfacente". Giovedì si prevede fumata nera al summit dei leader
by By Angela Mauro, Angela MauroSul bilancio pluriennale dell’Unione Europea per il periodo 2021-27 si paventa uno scontro tra il Consiglio europeo, cioè i paesi membri, e l’Europarlamento, la Camera dei rappresentanti eletti direttamente dai cittadini dell’Unione. Un po’ come è avvenuto, per contenuti e motivazioni diverse, al momento del voto sui candidati per la nuova Commissione europea: come si sa, l’Europarlamento ne ha bocciati tre. Ora sul bilancio rischia di ripetersi la stessa scena con ripercussioni ben più pesanti che potrebbero riguardare anche gli stanziamenti per il Green deal, la ‘bandiera’ di questa nuova legislatura europea.
Oggi il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha reso nota la sua proposta, elaborata al termine di un giro di consultazioni con i leader dei paesi membri. Ebbene, in vista del vertice straordinario di giovedì a Bruxelles dove la proposta verrà discussa, Michel mette sul piatto un tetto che, paragonato alla proposta dell’Europarlamento, è davvero esiguo: 1,074% del Reddito Nazionale Lordo europeo, pari a 1.094,8 miliardi di euro. La proposta è di poco superiore a quella presentata a dicembre dalla presidenza di turno finlandese (1,07 per cento), criticata dal Parlamento, e resta inferiore a quanto proposto dalla stessa Commissione europea (1,11 per cento). Ma soprattutto è molto lontana da quanto richiesto dall’Eurocamera: 1,30 per cento.
“Proposta insoddisfacente”, commenta il presidente del Parlamento europeo David Sassoli, “il Parlamento è pronto a negoziare ma non a ogni costo”.
Ecco la nota di Sassoli:
La proposta di Michel ”è molto lontana dalle reali necessità per finanziare adeguatamente i vecchi e i nuovi programmi dell’Unione europea. Siamo a cifre che non si discostano dalla proposta della presidenza finlandese sulle quali il Parlamento europeo si è già espresso con chiarezza e a larghissima maggioranza. E’ una proposta che contraddice le proclamate ambizioni su tre priorità che gli Stati membri – non il Parlamento – hanno posto al centro della loro azione: il clima, il digitale e la dimensione geopolitica. E’ una proposta che rischia di lasciare indietro l’Europa non solo rispetto ai suoi propri obiettivi, ma anche ad altri attori sulla scena internazionale come la Cina e gli Stati Uniti.
E’ una proposta che va nella direzione di quelli che pensano che la Brexit significhi ‘meno Europa’ - e quindi ‘meno budget’. Ma davanti alle sfide odierne non abbiamo bisogno di meno Europa, abbiamo di un’Europa più forte con un bilancio forte nell’interesse dei cittadini. Apprezziamo naturalmente le proposte per introdurre delle nuove risorse proprie dell’UE per un finanziamento del bilancio che non dipenda principalmente dai trasferimenti dai bilanci nazionali, e valuteremo le implicazioni di un potenziamento delle capacità della Bei per svolgere un ruolo significativo negli investimenti. Il Parlamento è cosciente dell’importanza di un accordo in tempi brevi - siamo pronti a negoziare dal novembre 2018 - ma non è disposto a sostenere un accordo ad ogni costo.
La proposta oggi sul tavolo non è una base soddisfacente per avviare i negoziati, nè per arrivare ad un bilancio adeguato agli impegni assunti con l’avvio della legislatura. Invito quindi i Capi di stato e di governo a fare ogni sforzo utile per consentire al Parlamento di accettarla”.
All’Europarlamento c’è sorpresa e anche rabbia rispetto alla proposta di Michel che non tiene conto della posizione degli eurodeputati, se non in alcune voci. Per esempio, il piano del Consiglio aumenta i fondi per l’Erasmus che passano da 13,9 miliardi del bilancio attuale a 21,2 miliardi. E poi è considerata positiva la nuova voce in bilancio sul ‘Just transition mechanism’, il fondo del Green deal che dovrà sostenere le aree più indietro nella riconversione ambientale: 7,5 miliardi, cui si potrebbero aggiungere 500 miliardi di investimenti ulteriori che verrebbero mobilitati dalla Banca di investimenti europea (Bei). Aumentano anche i fondi destinati al mercato unico, innovazione e digitale: passano da 116,4 miliardi a 149,5.
Ma escono sacrificati il fondo di coesione e quello per la politica agricola comune, importanti per il sud e l’est Europa: perdono a testa 50 miliardi (per il primo la spesa prevista è di 323,2 mld, per il secondo 329,1 mld). La proposta di Michel, inoltre, suggerisce di ricavare 14-15 miliardi dagli Ets (gli scambi delle quote di emissioni) e con una tassa sulla plastica non riciclabile.
E’ una proposta frutto delle pressioni dei paesi che, tra i diplomatici a Bruxelles, vengono definiti ‘frugali’. Vale a dire i paesi più ricchi del nord, i più restii a mettere risorse in campo per il bilancio dell’Unione. Ma nemmeno loro sarebbero contenti, a sentire il premier olandese Mark Rutte: “I Paesi Bassi ritengono che l’Ue debba concentrarsi di meno sui settori tradizionali come l’agricoltura e di più sulle sfide maggiori dei nostri tempi come il cambiamento climatico e le migrazioni. L’Ue dovrebbe tenere sotto stretto controllo le spese”.
Significa che giovedì l’Olanda e i paesi ‘frugali’ continueranno a tirare la corda: “C’è molto lavoro da fare” prima di arrivare a un accordo, dice Rutte.
Nei giorni scorsi, in attesa della proposta del presidente del Consiglio europeo, c’è stata grande agitazione a Strasburgo, dove il Parlamento si è riunito per la plenaria mensile. Mercoledì scorso, il presidente David Sassoli ha tenuto una apposita conferenza stampa per inviare una sorta di ‘avviso ai naviganti’. Della serie: se il Consiglio non si avvicinerà alla proposta del Parlamento, l’aula potrà respingere la sua proposta e non si tratterà di “incidente, bensì la dimostrazione di un giudizio negativo”. C’è uno scarto di “240 miliardi” tra la proposta del Parlamento e la proposta finlandese, che a dicembre fu di fatto abbandonata, al termine della presidenza di turno affidata al governo di Helsinki, è stato il ragionamento di Sassoli.
Sul bilancio pluriennale, sono le parole di Sassoli mercoledì scorso, si gioca “la partita più importante di avvio di legislatura. Serve un bilancio ambizioso. Si tratta di finanziare gli interventi e i programmi per affrontare le nuove sfide che ci attendono e di rifinanziare i programmi di maggior successo dell’Ue, rivolti alla crescita e all’uguaglianza. I governi nazionali sostengono questi obiettivi ma attualmente non stanno fornendo all’Ue i mezzi necessari per raggiungerli”. E ancora: “Ci teniamo a dire che un accordo in consiglio è molto importante ma se non sarà in linea con le posizioni del Parlamento, andremo in fondo e rifiuteremo la proposta. Il bilancio pluriennale non è un trasferimento di soldi ad entità astratte ma serve agli Stati membri per aumentare le loro capacità e questo ha conseguenze reali sulla vita di tutti gli europei. Come possiamo anche solo pensare di tagliare programmi di successo come l’Erasmus+ o misure progettate per proteggere i nostri confini?”
E sono stati chiarissimi anche i presidenti dei maggiori gruppi al Parlamento Europeo: Ppe, Socialisti&Democratici, Renew Europe e Verdi. In una lettera congiunta, esortano Michel a “non raggiungere alcun accordo in Consiglio che non rispetti la posizione del Parlamento e che impedisca quindi all’Unione di raggiungere i propri obiettivi”. Se succederà, il Parlamento “la respingerà. E questo causerà ulteriori ritardi”.
Oggi, Siegfried Muresan, vicepresidente dei Popolari, boccia la proposta di Michel: “Non tiene conto di tutte le richieste del Parlamento europeo. Non possiamo accettarla. Non soddisfa le esigenze di ricercatori, studenti, agricoltori e sicurezza dei cittadini. Non è nemmeno una base per i negoziati”.
Il punto è che, se non si raggiunge un accordo entro la primavera, si rischia di non averlo nemmeno per la fine dell’anno e di non avere un bilancio per l’anno prossimo e quelli a seguire fino al 2027. A luglio inizia la presidenza tedesca e la Germania vorrebbe trovarsi a gestirla con bilancio approvato, per non vanificare il suo turno alla guida dell’Unione. Ma i freni arrivano anche da Berlino. Dunque sembra assolutamente improbabile la firma di un’intesa già al vertice straordinario di giovedì a Bruxelles.
Anche la stessa Ursula von der Leyen si aspettava una proposta più ambiziosa. La presidente della Commissione europea ha anche provato ad avvertire Michel di non sfidare l’Europarlamento: dopo la bocciatura di tre candidati commissari e le difficoltà nella ricerca di una maggioranza per la sua nomina, von der Leyen ha inteso il messaggio. I paesi membri ancora no, evidentemente.
- Special correspondent on European affairs and political editor