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Un potos lungo quattro metri e mezzo e la sua proprietaria Gabrellen "Gabby" Pfarr, l'8 gennaio 2019; all'epoca Pfarr, malata di cancro, stava cercando qualcuno che adottasse la pianta dopo la sua morte – l'ha poi trovato (Dan Marschka/LNP/LancasterOnline via AP)

9 piante facili da tenere in casa

O meglio, difficili da uccidere: una guida per chi è principiante o proprio non ci sa fare

C’è chi ha piante in casa e chi non ne ha, e di questa seconda categoria di persone fanno parte: quelli completamente disinteressati alle piante, quelli che si sono convinti di non essere in grado di prendersene cura e quelli che si ripropongono da tempo di imparare a farlo, posticipando il momento in cui leggeranno una guida o si faranno consigliare da qualcuno di esperto.

Per queste persone e anche per chi pensa di essere uno che le piante le fa morire abbiamo cercato di capire quali siano le piante più facili da tenere in un appartamento, anche chiedendo consiglio a due esperti: Sebastiano Guarisco di Le Georgiche, un vivaio della provincia di Brescia che vende piante online anche su Amazon (e ha curatissimi profili su Instagram e YouTube pieni di video divulgativi sulla cura delle piante), e Mario Nobile di Offfi, un negozio di piante del quartiere Isola, a Milano, a sua volta con un profilo Instagram molto curato.


Sansevieria
Esistono moltissime specie all’interno di questo genere di piante, ma le caratteristiche principali sono le stesse per ognuna di esse, anche se i colori e le forme delle foglie possono variare. Hanno radici rizomatose, come quelle del bambù, e ogni foglia, spessa e dura, esce direttamente dal terreno, vicino alle altre. Sono originarie dell’Africa, del Madagascar e di alcune parti dell’Asia.

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Una Sansevieria trifasciata (Flickr/Marissa Anderson)

Secondo Sebastiano Guarisco è il genere di piante in assoluto più facile da tenere in casa perché non ha bisogno di tanta acqua (basta dargliene una volta al mese) e riesce a vivere anche in angoli senza molta luce. Per questo è soprannominata anche “pianta degli studenti”.

Se già vi state preoccupando per la questione dell’acqua – «ok, dargliene una volta al mese, ma quanta?» – ricordate che sia queste piante che tutte le altre adatte ai principianti non hanno bisogno di tanta acqua in generale ed è meglio dargliene poca, e poi al massimo aggiungerne un po’, piuttosto che dargliene troppa e farla ristagnare. Indicativamente un bicchiere va bene.

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Chlorophytum comosum
La seconda pianta più facile di cui prendersi cura secondo Guarisco è quella che in inglese viene chiamata “pianta ragno” per via delle sue lunghe foglie pendenti, del fatto che sta bene anche appesa e che dalle sue infiorescenze nascono nuove piccole piante. Le foglie sono variegate, con una striscia di colore bianco-crema.

Originaria dell’Africa tropicale e meridionale, si adatta bene anche alle zone poco luminose. Il terreno del vaso va tenuto umido (umido, non bagnato fradicio) ma bisogna fare attenzione a evitare i ristagni d’acqua.

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Una Chlorophytum comosum (Flickr/Jason Taellious)

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Zamioculcas zamiifolia
Un’altra pianta d’appartamento molto facile da tenere praticamente secondo chiunque è la Zamioculcas zamiifolia. Viene comunemente chiamata “zamia”, anche se è un nome improprio: le zamie sono un genere di piante americane con caratteristiche intermedie tra le palme e le felci e la Zamioculcas Zamiifolia, originaria della Tanzania, in Africa, è stata chiamata così perché la disposizione delle sue foglie assomiglia a quelle delle piante del genere Zamia.

È una pianta con diversi fusti carnosi che spuntano direttamente dal terreno e arrivano all’altezza massima di circa 60 centimetri; le sue foglie sono carnose e lucide. È sufficiente darle un bicchiere d’acqua una o due volte al mese. Jane Perrone, una giornalista britannica autrice del podcast sulla cura delle piante da appartamento On the Ledge, dice che «può essere lasciata per mesi in una credenza» senza morire. «È fantastica» ha detto al Post Mario Nobile.

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Esemplari di Zamioculcas zamiifolia all’aperto alle Hawaii (Flickr/Wendy Cutler)

È leggermente più difficile da tenere rispetto alla “pianta ragno” e alle Sansevieria perché è particolarmente sensibile all’eccesso d’acqua. In caso si esageri con l’acqua – e bisogna stare attenti a non farlo, perché vive bene all’asciutto – e si voglia tentare un salvataggio d’emergenza, si può rinvasare cambiando il terriccio, consiglia Guarisco, ma nell’operazione bisogna fare molta attenzione a non schiacciare i tuberi delle radici.

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Pothos (Epipremnum aureum)
Forse non sapete che si chiama così, ma è molto probabile che ne abbiate visto degli esemplari in case d’altri: è una delle piante d’appartamento più diffuse. È una pianta rampicante, originaria della Polinesia francese ma oggi presente in tutto il sud-est asiatico, oltre che in tantissime case. Ha foglie lucide, verdi e variegate di giallo, e radici aeree con cui, in natura, si arrampica sulle piante ospiti. Un tempo venivano vendute arrampicate su un supporto cilindrico di muschio e davano l’idea di un’edera da interno.

È molto resistente e, in particolare, non ha bisogno di molta luce. Ha bisogno di acqua solo quando il terriccio nel vaso è completamente asciutto.

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Foglie di pothos (Flickr/Forest and Kim Starr)

Mario Nobile la consiglia in particolare a chi ha voglia di «sentirsi Madre Natura»: perché non ci vuole molto per farla sopravvivere, ma anche perché è molto facile replicarla, ottenere da una pothos una seconda pothos. Infatti prendendone un rametto (cioè facendo una talea) e mettendolo in un vasetto con l’acqua, si ottengono in breve tempo delle radici e poi si può procedere con la messa in vaso. Se però si riesce a far morire anche questo tipo di pianta, consiglia Nobile, è meglio rinunciare all’idea di tenerne in casa.

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Beaucarnea recurvata, o “pianta mangiafumo” 
Si presenta come piccolo alberello con lunghe foglie e il tronco a forma di bottiglia, panciuto, ed è originaria del Messico: immagazzina molta acqua nel tronco e per questo può sopravvivere a lungo anche se trascurata, ragione per cui è considerata una “pianta da abbandono”. Gli va data poca acqua, quando il terreno è asciutto e non c’è granché altro da dire, se non che in natura può diventare un albero alto quasi cinque metri. Ne ha una anche il peraltro vicedirettore del Post Francesco Costa.

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Una Beaucarnea recurvata, al centro (Flickr/Kentr Wang)

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Pilea peperomioides, o “pianta delle monete cinesi”
Va piuttosto di moda negli ultimi anni, è una succulenta – cioè una pianta grassa – di origine cinese. Ha foglie tonde che ricordano delle monete appunto, con un lungo picciolo. Cresce in fretta, ma non più di tanto e dopo l’inverno può essere tenuta anche all’aperto. Come il pothos inoltre si può riprodurre per talea: bisogna staccarne un rametto e metterlo in un vasetto con del terriccio. Sebastiano Guarisco la consiglia perché è molto facile prendersene cura, ma bisogna ricordarsi di mantenere il terreno umido.

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Una Pilea peperomioides (Flickr/Maja Dumat)

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L’aspidistra
Chiamata anche “pianta di ferro” per le sue capacità di sopravvivenza, è originaria dell’Asia orientale e dell’Africa e può raggiungere un’altezza di circa 70 centimetri. Ha foglie larghe di colore verde intenso e lucide, striate di bianco in alcune specie, che però sono più delicate. Se l’avete già sentita nominare ma non sapete che forma abbia, può darsi che sia per via del romanzo di George Orwell Fiorirà l’aspidistra (Keep the aspidistras flying, in originale), in cui questa pianta è un simbolo della classe media ma anche oggetto di maltrattamento da parte del protagonista.

È una pianta che si vede tipicamente nelle scale dei condomini o all’esterno piuttosto che all’interno perché «ha bisogno d’aria», spiega Nobile, mentre tenerla in un interno con il riscaldamento acceso d’inverno non è il massimo. Ma la si può prendere in considerazione come pianta facile da curare su un balcone.

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Un’Aspidistra elatior (Vivai Le Georgiche)

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Lo spatifillo
O meglio le piante del genere Spathiphyllum. Sono facili da tenere in vita, anche se meno delle piante citate finora, perché sono piante che fioriscono. Il fiore assomiglia vagamente a quello di una calla, le foglie sono color verde scuro, grandi e lucide, leggermente arcuate e appuntite. Guarisco segnala che può dare alcuni problemi – ad esempio le foglie possono ingiallire, cosa che si può risolvere con un uso corretto del concime – e che avendo dei fiori c’è una difficoltà in più. Se si vuole farla rifiorire è necessario concimarla regolarmente, due volte al mese, con il concime per piante verdi.

Una redattrice del Post ne ha una e segnala una sua caratteristica che l’ha molto colpita, da persona inesperta di piante, e che gliel’ha fatta soprannominare “pianta melodrammatica”: se ci si dimentica di innaffiarla per troppi giorni, le sue foglie si ammosciano a tal punto da darla ormai per morta, ma dandole anche solo un bicchiere d’acqua (due ancora meglio) si riprende in pochissimo tempo, tornando come prima.

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Il fiore di uno Spathiphyllum (Flickr/Peter Grima)

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L’aloe vera
Infine, una pianta abbastanza facile da far sopravvivere, sebbene un po’ meno rispetto alle altre citate finora, è l’aloe vera, nota anche per le caratteristiche che ne fanno un ingrediente di prodotti cosmetici e alimentari. Le bastano poche cure, poca acqua: la cosa importante è che la terra del vaso sia sempre asciutta.

Mario Nobile però non la consiglia come pianta da principianti: come tutte le succulente rischia di essere “annegata” da chi non ha molta dimestichezza con le piante. Le piante grasse dovrebbero essere le più facili da tenere in casa, ma «la gente non resiste alla tentazione di bagnarle» e così le fa morire, dice Nobile, che vende per la maggior parte piante grasse.

Non consiglia l’aloe vera nemmeno come pianta d’appartamento, in generale: dovrebbe essere una pianta da esterno alle latitudini italiane. Sempre la solita redattrice inesperta di piante si è stupita di questa informazione perché una volta aveva provato a mettere un’aloe vera che teneva in casa su un balcone e in poco tempo aveva visto le sue foglie diventare marroncine. Succede perché le foglie poco abituate a stare all’esterno reagiscono alla luce solare in modo simile alla nostra pelle: si scottano. Per spostare un’aloe vera – e anche altre piante – da uno spazio interno a uno esterno è bene farle seguire un processo di acclimatazione: la si fa stare fuori gradualmente, prima solo poche ore al giorno, poi sempre di più, per una settimana.

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Piante di aloe vera ai Caraibi (Flickr/Jan Hazevoet)

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Qualche altro consiglio in generale
Una cosa da tenere a mente prima di portarsi delle piante in casa è di non comprarne tante tutte insieme, presi dell’entusiasmo: è meglio cominciare con una o due per prenderci la mano e riuscire a tenerle d’occhio per accorgersi in fretta se c’è qualche problema.

La seconda cosa più importante è non esagerare con l’acqua. Sia secondo Guarisco che secondo Nobile, la più frequente causa di morte per le piante di appartamento non è quella per sete (da cui è facile riprendersi), ma quella per eccesso d’acqua (che comporta marcescenze e infezioni batteriche da cui è difficile che una pianta si riprenda).

Una buona regola da seguire è di non bagnare una pianta la cui terra è già umida. Se si è in dubbio che una pianta abbia ricevuto troppa o troppa poca acqua, meglio propendere per la prima e non innaffiarla di nuovo. Per chiarirsi le idee, consiglia Nobile, si può infilare un dito nel terriccio, come si fa con gli stuzzicadenti per vedere se una torta è pronta: se si sente terra umida non serve innaffiare. E quando lo si fa è bene evitare che si formino ristagni, anche nel sottovaso. Se mettere il dito nella terra non ha chiarito le idee, infine, bisogna osservare le foglie: una pianta che ha bisogno d’acqua le ha abbassate, avvizzite.

Molto spesso, se una pianta ha qualcosa che non va, è più facile che sia colpa della quantità di luce che riceve piuttosto che della quantità d’acqua – a meno che, appunto, presi dal panico, non la si sia innaffiata eccessivamente.

Sempre riguardo alla luce, il discorso sull’aloe vera si può fare anche per molte altre piante: le piante che si comprano nei vivai, nei negozi di fiori e nei supermercati non hanno mai vissuto all’esterno e quindi non sono abituate alla luce diretta del sole. Ma in natura ovviamente tutte le piante stanno all’aperto, quindi, fatta eccezione per quelle specie che crescono nelle foreste pluviali all’ombra di altre piante, possono ricevere raggi diretti se vengono abituate a farlo.

Un’altra cosa da ricordare sulla luce è che quella che filtra da tapparelle o imposte chiuse non è sufficiente per far sopravvivere una pianta: quando si va in vacanza d’estate bisogna lasciare le piante in un ambiente davvero luminoso; all’esterno se non si può fare altrimenti, ma in quel caso serve un plant-sitter oppure un sistema di irrigazione. E in condizioni normali bisogna sapere che anche una tenda limita la luce che arriva alle piante.

Per quanto riguarda il concime, Mario Nobile consiglia di non usarlo per non sbagliarsi a farlo e rischiare di «bruciare» le radici delle piante. Secondo Sebastiano Guarisco invece si può usare senza timore, per ottenere piante più belle, ma bisogna seguire in modo preciso quanto consigliato dall’etichetta del prodotto in questione o comunque non eccedere mai con le dosi e con la frequenza; per stare al sicuro si possono usare dosi dimezzate.

Il consiglio finale di Mario Nobile, per chi vuole cominciare a tenere piante in casa, è di non considerarle come «complementi d’arredo, ma più come cani», esseri viventi insomma: per farle vivere bene, suggerisce, ogni giorno bisogna dedicare un minuto a ciascuna pianta, guardarla, toccarla, cercare possibili segni di parassiti o scottature. In questo modo si può imparare a conoscerle e a prendersene cura.

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