Guerra e pace a Ostia, terra di nessuno. Il patto tra clan mafiosi: "Una tregua conviene a tutti"

Dall'ordinanza di arresto dei garanti dei clan Spada e Esposito, il quadro di una città in balìa della criminalità. Il ruolo di Salvatore Casamonica e di Diabolik, poi freddato in un parco romano

by
https://img.huffingtonpost.com/asset/5e46c99125000033004758b1.jpeg?cache=GBO4VOYDuq&ops=scalefit_630_noupscale
Un frame dell'operazione Tom Hagen, un'immagine del lungomare di Ostia, Fabrizio Piscitelli, detto DIabolik

Era il 13 dicembre 2017. Seduti al tavolo di un ristorante di Grottaferrata almeno tre commensali: Salvatore Casamonica, Fabrizio Piscitelli meglio conosciuto come Diabolik e Lucia Gargano, avvocato penalista del foro di Roma. Non era un incontro qualunque, ma una riunione - segreta - per trattare la pace tra il clan Spada di Ostia e la banda rivale, quella di Marco Esposito, detto Barboncino.

Casamonica, finito poi al 41 bis, insieme all’avvocato, sosteneva gli interessi degli Spada. Per i loro rivali c’era Diabolik, ucciso al parco degli Acquedotti nell’agosto 2019, noto per essere stato capo ultrà della Lazio, nonché al vertice di un’organizzazione criminale che si occupava di spaccio, sgominata dopo la sua morte. Tra Piscitelli e gli Esposito l’intreccio era tale che Diabolik parlava di “Barboncino” e dei suoi sodali definendoli “i miei”.

Il momento scelto per questo vertice occulto non era casuale. Carmine Spada, detto Romoletto, era sottoposto all’obbligo di dimora e tutto il suo clan era in difficoltà dopo l’arresto di Ottavio, detto Marco, e di Roberto, che aveva colpito con una testata il giornalista Rai Daniele Piervincenzi. I rivali degli Spada stavano approfittando della situazione per prendere il controllo del territorio. In tre giorni, tre atti intimidatori indirizzati a soggetti vicini agli Spada: il 23 novembre del 2017 vengono gambizzati Alessandro Bruno e Alessio Ferreri, quest’ultimo fratello del cognato di Ottavio Spada; il 25 novembre, invece, vengono esplosi colpi di pistola contro la vetrina del bar ‘Music’ di Ostia, di Roberto Spada, e contro la porta di casa di Silvano, nipote di Romoletto.

Ed è da quella riunione al ristorante, definito “il summit di Grottaferrata”, che sono partiti gli inquirenti che questa mattina hanno disposto la custodia cautelare in carcere per Casamonica (che, però, è già recluso) e gli arresti domiciliari per l’avvocato Lucia Gargano. Sono entrambi accusati, nell’inchiesta denominata “Tom Hagen” di concorso esterno in associazione mafiosa. Ma torniamo a quell’incontro, che per gli inquirenti fu il presupposto per l’acquietarsi delle ostilità tra clan. Gli attacchi nei confronti degli Spada, dicono inquirenti ed investigatori, avevano “turbato” Ottavio. Il rischio era che partisse una vera e propria guerra di mafia. Rischio che, evidentemente, voleva essere scongiurato: “Sì sì vabbé dai risolviamo questa cosa! anche perché poi... non conviene a nessuno penso io no Fabrì? - dice Casamonica a Diabolik, intercettato dalle forze dell’ordine - però poi devono fare i bravi davvero. Ti ripeto Fabrizio, sappi che io e te ci stiamo mettendo in mezzo per fare da garanti”. Piscitelli tranquillizza l’interlocutore: “Sui miei ti metto tutte e due le mani sul fuoco Il si’ deve essere si’ e il no deve essere no!”. “Mo si stanno ammazzando”, aggiunge, facendo riferimento alla situazione di quei giorni.

Entrambi decidono di utilizzare l’avvocato da tramite per raggiungere Ottavio Spada in carcere. C’era bisogno del su via libera alla pace. Casamonica e Piscitelli dettano quindi alla Gargano - che da avvocato degli Spada poteva accedere alla struttura detentiva - una lettera che gli dovrà consegnare nei giorni successivi. Queste operazioni di misero effettivamente fine alle ostilità, segno che il destinatario del messaggio aveva acconsentito alla pace. E l’accordo tra Spada ed Esposito, si legge nelle carte degli inquirenti, “veniva rispettato anche dopo il 25 gennaio 2018, quando il clan Spada subiva un nuovo e durissimo colpo a causa dell’arresto dei capi e di numerosi sodali”.

La “missione” portata a termine da Casamonica e Diabolik non è passata inosservata. Si trovano tracce di commenti in un’importante inchiesta degli ultimi anni sulla criminalità organizzata romana. È la stessa Lucia Gargano a leggere, preoccupata, a un suo conoscente le pagine dell’ordinanza di custodia cautelare relativa all’operazione “Maverik”, del 2018. In quei fogli erano messe nero su bianco alcune frasi di uno degli indagati. Fabio Di Francesco, parlando di Esposito, raccontava come solo l’intervento di Diabolik avesse potuto mettere fine ad una faida: “Romoletto gliel’hanno apparato Diabolik e Fabietti (il broker considerato, insieme con Diabolik, al vertice di un’organizzazione dedita allo spaccio messa in luce dall’operazione Grande raccordo criminale, ndr). Perché (Marco Esposito) se stava a cacà in mano”. Leggendo questo stralcio la Gargano si agita. Capisce che gli inquirenti sono sulle tracce di quel summit: “Mo riarresteranno pure il mio povero diabolik!”, dice. E, consapevole del ruolo avuto nella costruzione della pax mafiosa chiede all’interlocutore: “Secondo te mi arrestano? Sicuramente mi indagano”. I suoi timori erano più che fondati.

Leggi anche...