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Martina Cipolla con la madre Barbara Corà 

la Repubblica

Martina, disabile campionessa di equitazione e nuoto: ma per l'Asl non è in grado di lavorare

A Sangano, nel Torinese, il caso denunciato dalla madre che lancia l'hashtag #iostoconmartina. La commissione l'ha giudicata "Non autonoma, con poca capacità di usare gambe e braccia"

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È campionessa regionale di equitazione, fa subacquea e nel nuoto ha vinto diverse medaglie con gli Special Olympics. Da quattro anni va a scuola in bus e partecipa a un progetto nazionale per l'autonomia coabitativa, un weekend al mese a Torino. Ma per la commissione che l'ha valutata non può lavorare, quindi non può beneficiare della legge sull'assunzione delle persone disabili.

A denunciarlo è la madre di Martina Cipolla, ragazza di 21 anni di Sangano, nel Torinese, affetta dalla sindrome di Down, che a giugno conseguirà la maturità. Su di lei nei mesi scorsi si è espressa negativamente la commissione che valuta le richieste "perché non è autonoma, anzi ha poca capacità dell'uso di gambe e braccia. Sono infuriata".

La madre Barbara Corà ha deciso di lanciare una campagna social a sostegno della figlia con l'hashtag #iostoconmartina, intanto ha annunciato la volontà di fare ricorso. "Le sono state poste solo quattro domande dalla commissione, niente più e basandosi su quello l'hanno valutata, senza voler leggere le relazioni stilate dai tecnici. I medici della struttura legale mi hanno fatto capire che avendo la sindrome di Down, deve essere accompagnata e quindi non può lavorare".

Per l'Asl To3, che sta seguendo la vicenda di Martina, "il giudizio è espresso da una commissione, composta da più figure professionali e da consulenze specialistiche. La valutazione di collocabilità o non collocabilità è dunque formulata collegialmente, non da un solo medico; inoltre ovviamente riguarda la singola persona, con l'utilizzo di parametri stabiliti dalla normativa vigente e senza relazioni "già compilate". Inoltre, il giudizio non è definitivo, ma fotografa lo "stato attuale", lasciando aperta la possibilità di una rivalutazione".

"Hanno giudicato mia figlia in 20 minuti - ribatte la madre - provocatoriamente ho chiesto cosa avrei dovuto fare, se chiuderla in un centro diurno, e loro hanno risposto: 'Potrebbe essere un'idea'. C'è stato un caso identico con un altro ragazzo, credo che il problema sia proprio la commissione".