Il piano per il Sud convince. Ma funzionerà solo se sapremo fare come con la Ddr

by
https://img.huffingtonpost.com/asset/5e469bc82200003200d1ce6b.jpeg?ops=scalefit_630_noupscale
Piano Sud

Il Piano per il Sud presentato oggi dal ministro Provenzano ci convince, molto. Ne condividiamo l’analisi e le premesse, gli obiettivi e la strategia, che passa da condizioni molto precise, a cominciare dalla riqualificazione della pubblica amministrazione, snodo indispensabile per immaginare qualsiasi prospettiva di sviluppo sano e duraturo. Siamo convinti, lo sosteniamo da molto tempo, che la chiave economica, sociale e culturale per riunificare e modernizzare finalmente il Paese sia quella del Green New Deal. E questo è il primo documento che parte da qui, senza considerare l’ambientalismo un’etichetta priva di sostanza.

Ben venga, dunque, la clausola del 34%, che basa gli investimenti sul dato reale della popolazione che vive nelle regioni del Sud e mette in evidenza come, negli ultimi decenni, gli investimenti, soprattutto infrastrutturali, siano stati, al di là del luogo comune, molto inferiori a questa percentuale. Investire nelle opere necessarie per modernizzare un pezzo importante del nostro Paese, dunque, come abbiamo indicato nel dossier di Legambiente “Green new deal italiano. 170 opere prioritarie”, presentato il mese scorso. Partendo da quelle utili, grandi medie o piccole che siano, ma di cui c’è realmente bisogno, con risorse e tempi certi, garantendo qualità, legalità e trasparenza. A cominciare dalle bonifiche dei siti industriali, dalla messa a norma in tema di depurazione delle acque, dalle infrastrutture di mobilità pubblica, dalla messa in sicurezza del territorio in chiave preventiva rispetto al rischio idrogeologico e sismico. Sono tanti i fronti su cui impegnare risorse e competenze.

Il ministro, nelle anticipazioni dell’intervista rilasciata al Mattino, sottolinea un aspetto, che è una leva importante per avviare questa svolta: l’innovazione amica dell’ambiente è un settore il cui il sud non è in ritardo rispetto al centro-nord, anzi, è un campo in cui dimostra spirito d’iniziativa, ingegno e risultati spesso all’avanguardia. Sia dunque questo, il motore per trainare la rinascita delle regioni meridionali, dimostrando che il Green New Deal non è uno slogan, ma una prospettiva concreta per - tutto - il Paese.

Una sfida ardua, ma possibile, per cui sono ormai maturi i tempi. Purché si metta mano seriamente alla profonda riqualificazione della burocrazia, all’apparato della pubblica amministrazione che a Sud ha ostacolato e ostacola cambiamento e sviluppo da troppo tempo, che fino a oggi non ha saputo spendere in modo efficace i finanziamenti pubblici, che ha vissuto in larga parte accomodato sulle poltrone del clientelismo, dell’incompetenza e dell’inerzia.

Già prima di noi, nel processo di riunificazione tedesca, si è partiti dalla riqualificazione della amministrazione pubblica dell’ex DDR, considerata una condizione indispensabile per avviare tutti gli interventi di ammodernamento. Quel modello è un modello di successo a cui ispirarsi. Per riunificare l’Italia serve una pubblica amministrazione all’altezza del compito, capace di gestire con efficienza i soldi. A cominciare dalla capacità in tema di progettazione: troppi enti oggi non sono in grado di presentare progetti finanziabili. Insomma, va bene la giusta dotazione di finanziamenti al sud, ma a condizione che i soldi vengano spesi in modo corretto. Altrimenti, meglio destinarli altrove.

Un ultimo aspetto in cui crediamo molto, è quello del Mediterraneo. Perché crediamo che l’Europa avrà un futuro nella misura in cui saprà aprirsi con curiosità al confronto e allo scambio con le altre sponde. Uno scenario in cui l’Italia in futuro potrà diventare il cuore e non più il margine meridionale del continente.